Pascoli d'oro e pastori alla fame

L'allarme dell'Arpo

11 Ottobre 2008   13:57  

LETTERA  APERTA DI NUNZIO MARCELLI, PASTORE E PRESIDENTE ARCO ALLE AUTORITA’ D’ABRUZZO
Era un anno fa: tutti i giornali titolavano sull’avvelenamento dell’orso Bernardo, e dai siti blog a quotidiani nazionali rimbalzava la notizia “un pastore dietro la strage di orsi”. Un pastore, sicuramente, che si voleva “ribellare alle regole del Parco”, un allevatore multato perché non rispettava le regole del pascolo. Non si sapeva nulla, ma già si indicava il colpevole generico: pastore. I pastori che quotidianamente conducono le loro greggi sui monti d’Abruzzo, con la pioggia e con il sole, con la neve e con le regole da rispettare – ma soprattutto con i canoni d’affitto esorbitanti da pagare – aspettano ancora di sapere se è poi stato trovato il colpevole: come sempre, prima si sbatte il mostro (il pastore) in prima pagina, e poi l’inchiesta chissà, sarà conclusa, non si concluderà mai. Intanto la notizia è passata: ad avvelenare gli orsi e i lupi sono i pastori. Quei pastori che ancora, pochi e faticosamente, continuano un mestiere diventato fuori moda, oggi che sulle nostre montagne vanno più i fuoristrada che le pecore. Un ambiente che troppe istituzioni gareggiano a proteggere, attingendo a fondi europei, nazionali e regionali, scordando che quel territorio e quei selvatici sono arrivati fino a noi grazie ad un delicato quanto elementare equilibrio alimentare, basato sulla presenza delle greggi.
Pascoli verdi, nei secoli, pascoli d’oro oggi: rendono come un superattico a Pescara. 4500 Euro per portare le pecore sul demanio per una manciata di mesi, o paghi o ti arrangi: queste le regole da rispettare.  E mentre di nuovo ci si butta sul pezzo “di colore” quando l’orsa Gemma scende a Scanno, non fanno più notizia  lupi ed orsi che per tutto l’anno sbranano le greggi, con i risarcimenti previsti per legge ma che non arrivano mai.
Gli affitti più alti d’Europa per aree prive di servizi (niente acqua, né elettricità, e per poter fare una telefonata anche col cellulare devi scendere a valle), e una disattenzione totale alla difesa dei prodotti territoriali, defraudati da mercanti senza scrupoli che spendono il nome Abruzzo su formaggi e carni che non hanno mai visto queste montagne neanche in cartolina: disposti a continuare un lavoro faticoso ma pieno di dignità, i pochi pastori rimasti in Abruzzo ormai lottano più con la burocrazia che con i lupi e gli orsi.  Con quelli, ci convivono da secoli, tanto che per garantire l’incolumità del gregge si usava lasciare ai selvatici come preda gli avanzi della macellazione: saziando lupi e orsi con quelli, si salvaguardava il gregge. Tempi che furono, perché oggi le regole della Comunità Europea, applicate con pedissequa petulanza dalle autorità nazionali e locali, obbligano a consegnare le interiora (a spese degli allevatori) a ditte specializzate per il trattamento come rifiuti speciali. Nella Regione che ospita contemporaneamente il maggior territorio protetto e la più grande discarica abusiva d’Europa, non stupisce che le regole vengano applicate a danno di chi cerca di mantenere una tradizione che nei secoli scorsi ha arricchito di monumenti città come l’Aquila e Sulmona, mentre nei supermercati un agnello “d’Abruzzo”  con accento dell’Europa dell’Est si svende a prezzi che mettono fuori mercato ogni allevatore onesto.
Tutela dell’ambiente, tutela della salute, tante le istituzioni coinvolte, tanti anche i fondi pubblici destinati ai terreni “riservati” all’orso, dove le pecore hanno il divieto anche di passare: queste le regole dei pascoli d’oro, che rendono come affitto e come fonte di finanziamenti europei, mentre lupi ed orsi continuano a seguire il loro istinto e a cacciare le greggi, e i pastori pagano il prezzo più alto. Famiglie che abbandonano un’attività portata avanti da generazioni, piccole aziende che chiudono e si arrendono davanti all’ennesima regola da rispettare che costerebbe più del guadagno di un anno, formaggi e sapori che svaniscono dal nostro territorio insieme ad antichi saperi, uomini che hanno percorso le montagne da sempre, presidio costante sul territorio.  
In Costa Azzurra i pastori li devi pagare, perché portino le greggi a pascolare vicino agli alberghi: hanno scoperto che in questo modo si riduce drasticamente il rischio incendi. Sulle nostre montagne invece, non solo non viene riconosciuto il contributo alla salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità che il pascolamento e la presenza delle greggi garantiscono, né la funzione di monitoraggio del territorio e la continuità di tradizioni e di presenza umana, in un paesaggio montano che si fa sempre più deserto, ma sono le stesse istituzioni a  gravarli di affitti d’oro per terreni dove poi a pascolare ci trovi cervi e cinghiali.
Adesso anche il sostegno della Comunità Europea è stato tolto: i soldi, per l’orso ci sono, per i pastori le casse sono chiuse. Chiuse, come le tante aziende che ogni anno chiudono i battenti, mentre i paesi si svuotano, la tradizione si fa folklore per  turisti stranieri, e i pastori diventano figuranti per una Disneyland locale. 

Nunzio Marcelli

Presidente ARPO (Associazione Regionale Produttori)
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