Per le Feste leggete Marco Aurelio

L’Altruismo secondo l’imperatore e filosofo romano

26 Dicembre 2009   17:23  

Gli scritti di Marco Aurelio (121-180 d. C.) hanno fatto il giro del mondo. Non soltanto perché filosoficamente rilevanti, ma anche e soprattutto per la profonda sincerità e la scioccante universalità con le quali l’ultimo degli stoici amava conversare, teorizzare, interpretare la realtà.

Non riuscendo nell’intento di pubblicarli perché raggiunto dalla morte, il capace e assennato imperatore lasciò i propri “Pensieri” al mondo, così come li aveva organizzati e trascritti.

Elevate, profonde, ma anche semplici, comuni e quotidiane, le riflessioni di Marco Aurelio viaggiano tra problemi umani e sociali, portando alla luce un’umiltà esistenziale impensabile in un imperatore, e ancor di più nei governanti contemporanei, drammaticamente lontani dalla continua revisione psichica e spirituale alla quale è chiamato chi ha il compito di fare la Storia.

Nel sogno di un 2010 volto alla giustizia e al miglioramento del nostro sistema sociale, proponiamo uno scritto del sovrano e filosofo romano incentrato sull’altruismo. Quella sana e umana inclinazione a considerare l’altrui disagio come parte della nostra stessa vita, e la vita come il gioco che tutti hanno il diritto di giocare.

 

DAI "PENSIERI" DI MARCO AURELIO

“Ogni volta che vieni offeso da un impudente, chiediti subito : “E’ possibile che al mondo gli impudenti non esistano?”. No. Quindi non chiedere l’impossibile; perché anche quel tale è uno degli impudenti che devono esistere al mondo. Fà la stessa considerazione anche a proposito del furfante, del traditore e di qualsiasi altra specie di malfattori, poiché rammentandoti subito che è impossibile che non esista una simile razza di gente, sarai più cortese verso ognuno di loro.

Altra cosa utile è pensare immediatamente alla virtù che la natura ha dato all’uomo contro questo vizio, giacchè essa ha dato quale antidoto, ad esempio, contro l’ingratitudine la mitezza, e contro altri vizi qualche altra particolare qualità. Ti è sempre possibile, insomma, riportare sulla retta via colui che ha errato, perché ogni uomo che commette una colpa sbaglia lo scopo che s’era prefisso, ed erra fuori strada. Quale danno ne hai ricevuto, del resto? Troverai infatti che nessuno di coloro con cui ti adiri ha commesso un’azione tale, che per sua causa il tuo intelletto avrebbe dovuto diventar peggiore: ed è solo in esso la sede vera di ogni tuo male e di ogni tuo danno.

Che c’è di male o di strano se l’ignorante agisce da ignorante? Guarda piuttosto che tu non debba incolpare te stesso per non esserti aspettato da lui la colpa che ha commesso, perché i mezzi sufficienti per capire che con ogni probabilità l’avrebbe commessa, la ragione a te li aveva forniti, eppure te ne sei scordato e ora ti meravigli che l’abbia commessa.

Ma soprattutto prenditela con te stesso ogni volta che rimproveri un traditore o un ingrato, poiché la colpa è chiaramente tua, sia che tu abbia creduto che un uomo con tale carattere avrebbe mantenuto la parola data, sia che tu, facendo un favore, non l’abbia fatto disinteressatamente e in modo tale da aver raccolto subito l’intero frutto della tua azione nel semplice compierla. Che vuoi di più, amico mio, una volta che hai fatto del bene? Non ti basta aver agito secondo la tua natura, ma ne cerchi anche un compenso? È come se gli occhi ti facessero pagare perché vedono, o i piedi perché camminano. Proprio come questi sono stati infatti creati per svolgere ognuno la funzione che gli è propria, così anche l’uomo, nato per far del bene, ogni volta che l’ha compiuto o ha comunque contribuito all’altrui bene nelle cose indifferenti, ha fatto solo ciò per cui è stato costituito, e ha così tutto il suo compenso.”.

 

 

 

 

 

Giovanna Di Carlo

 


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