Bisogna entrare qui, nella tendopoli di piazza d'Armi, per capire
come sarà la guerra di settembre, la battaglia fra poveri per la
conquista di una casa. "Guardi quella tenda di romeni: da una settimana
ci sono due bambini che prima non c'erano. Saranno andati a prenderli a
casa loro per fare numero e avere più punti". Nella tendopoli più
grande dell'Aquila gli italiani si sentono ormai una minoranza. Parlano
a bassa voce, quando indicano "quelli là". "Iscriveranno i figli a
scuola così ci passeranno davanti in graduatoria. Ma se davvero le case
finiscono in mano ai romeni e ai peruviani, qui scoppierà la rivolta".
C'è un sole che spacca e gli alberi sono merce rara. Si sta male, in
questa città di tela. Ma c'è chi resta anche se potrebbe andare in un
hotel perché "ha sentito dire" che quelli delle tendopoli avranno la
precedenza, quando le C. A. S. E. - le nuove palazzine su piattaforma
antisismica - saranno pronte, prima della fine di settembre. Ci sono
anche anziani lasciati come "segnaposto". Erano in albergo e sono stati
portati qui dai figli, così "sicuramente un appartamento ce lo danno".
Non è vero nulla, ma il tam tam continua a diffondersi. In Comune si
sta discutendo una bozza per i criteri di selezione (da presentare alla
Protezione civile) e la precedenza non viene data ai disperati ma a chi
all'Aquila lavora e a chi iscrive i figli nelle scuole aquilane. Senza
lavoro una città scompare - questa la "filosofia" della bozza comunale
- e senza casa non si può lavorare. Ma sono bastate le prime
anticipazioni ad alzare la tensione e il sindaco Massimo Cialente mette
le mani avanti.
"Dobbiamo avere a disposizione altri appartamenti, requisendo subito
quelli ancora sfitti. Dobbiamo assolutamente trovare un tetto ad altre
migliaia di persone. Se a settembre ci saranno soltanto le C. A. S. E.,
io mi tiro indietro. Ci pensi la Protezione civile, a fare la
selezione. Io non voglio dirigere una guerra fra poveri".
Ancora due mesi di sofferenza, prima di sapere se si avrà la chiave di
una casa o se si finirà in un hotel al mare o sul Gran Sasso. Ma la
paura cresce e si dà retta alle voci più strane. "Dov'erano tutti
questi romeni, peruviani, filippini prima del terremoto? E tutte queste
badanti? In città non si erano mai visti. Il fatto è che con il
terremoto questi hanno trovato l'America. Noi aquilani, quando gli
aiuti arrivavano - da più di un mese nessuno offre più nulla - abbiamo
preso un paio di pantaloni e un maglione a testa. Loro, gli stranieri,
hanno fatto incetta di tutto. Hanno riempito le macchine, hanno portato
vestiti e cibo fino in Romania. E hanno portato qui figli e cognati".
Alla Protezione civile pensano ancora che queste "Case definitive per
sistemazioni provvisorie" - come le definisce il capo del settore,
Vincenzo Spaziante - siano la scommessa vincente. "In altri terremoti
c'era una fase A dell'emergenza, la B con baracche e container e la C
della ricostruzione. Per la prima volta saltiamo la fase B, e il nostro
diventerà un modello per tutto il mondo". Ma 14.000 letti non
basteranno a mettere tutti al riparo. Sia pure in ritardo, qualche
ripensamento c'è stato.
Nei Comuni vicino all'Aquila, e non nel capoluogo, arriveranno 1.500
casette di legno (che qui chiamano Map, Moduli abitativi provvisori)
della dimensione di 40, 50 o 60 metri quadrati. La spesa sarà di
52.267.728 euro".
"Io non capisco - dice Eugenio Carlomagno, direttore dell'Accademia
delle Belle Arti e promotore dell'associazione "Un centro storico da
salvare" - perché queste casette di legno non siano state messe anche
nelle tante frazioni dell'Aquila. Si spendono 6.000 euro al mese per
mantenere in hotel una famiglia di 4 persone e non si spendono soldi
per questi ricoveri provvisori ma decorosi. Il risultato è che la gente
si arrangia: nel capoluogo stanno nascendo centinaia di case e casette,
con negozi, spacci, decine di altre attività. Tutto senza regole".
Sarà una battaglia non solo per i poveri. "Secondo le prime notizie,
non ci sarà differenza fra inquilino e proprietario di casa. Se chi
paga l'affitto ha un figlio più di te che hai comprato l'abitazione con
decenni di risparmi, avrà la precedenza. C'è chi rischia di perdere la
proprietà. Se in un condominio non si trova l'accordo per ricostruire -
ci sono tante seconde case - potrà intervenire la Fintecna, società
dove sono presenti lo Stato e i palazzinari, che potrà acquisire gli
immobili a valori Ute, ufficio tecnico erariale. E' l'ex catasto, che
paga il valore dichiarato nei rogiti, fra un terzo e la metà di quello
reale.
Il governo ha detto che i soldi per la ricostruzione saranno erogati in
tre modi: finanziamento a fondo perduto, credito di imposta, credito
agevolato. Ma perché usare gli ultimi due modi se c'è il finanziamento
a fondo perduto? La nostra previsione è questa: fra qualche mese ci
diranno: signori, i soldi sono finiti. Se volete, restano il credito di
imposta, quello agevolato...".
"Dopo quasi quattro mesi - dice Giovanni Lolli, deputato del Pd - non
si è messa una pietra sull'altra e c'è chi parla di ricostruzione ben
avviata. Il centro è ancora off limits anche per noi residenti. Abbiamo
un ateneo che non sa se e come potrà ospitare i suoi 18.000 fuori sede,
c'è un'economia distrutta, con 15.000 persone in cassa integrazione".
Un cartello, davanti alla storica pasticceria F. Nunzia, annuncia lo
stato d'animo di una città che non sa se davvero "tornerà a volare".
"Chiuso dal 6/4/2009. Si riapre il ...?".