Piccole scuole abruzzesi a rischio. Il rapporto di Tutto scuola

09 Settembre 2008   17:34  

La riforma della scuola avrà importanti ricadute in Abruzzo e non certo tutte positive. La manovra finanziaria contenuta nella L. 133/2008 impone razionalizzazioni ed economie di spesa per 7.832 milioni di euro entro il 2012.

Questo significa che tanto per cominciare migliaia e migliaia di docenti precari e personale della scuola perderanno il posto di lavoro. I più fortunati e flessibili, promette la ministra Gelmini, saranno riciclati come operatori turistici.Non è stato specificato però se la mansione del  lavapiatti in una nota località di mare rientra nella categoria.

Nella nostra regione inoltre le microscuole con meno di 50 alunni sono il 30% del totale,   nelle intenzioni della ministra Gelmini dovranno essere chiuse ed accorparte.  L'Anci, l'associazione dei comuni italiani ha oggi lanciato l'allarme in una lettera al presidente vicario Enrico Paolini:

"Le annunciate misure governative riguardanti la scuola - scrive il presidente dell'Anci Abruzzo, Antonio Centi - destano vivissime preoccupazioni, in riferimento ai prevedibili conseguenti rischi di ridimensionamento della formazione scolastica di base e media soprattutto nei piccoli comuni. Sull'argomento ti informo che in un incontro tenutosi a luglio tra il presidente dell'ANCI, il sindaco di Firenze Leonardo Dominici, ed il ministro Gelmini, quest'ultimo ebbe a rassicurare la nostra associazione sul suo impegno in favore dei piccoli comuni Italiani teso a non far ricadere su quest'ultimi il peso delle decisioni del Ministro. Lo stesso centi ha anche reso noto che "nei prossimi giorni l'ANCI organizzera' nel Veneto un incontro nazionale dei piccoli comuni che sara' in grandissima parte proiettato nella difesa dei servizi nelle piccole realta' italiane, a cominciare dalla scuola, dagli uffici postali ecc. "Caro presidente - si legge infine della lettera - pur comprendendo le difficolta' in cui ella e' costretta ad operare nella attuale fase istituzionale regionale, la invito, tuttavia, a sviluppare nei confronti del ministro Gelmini le necessarie azioni per la salvaguardia di una realta' che coinvolge moltissimi comuni abruzzesi e assumere nel contempo le giuste iniziative su Poste S.p.A. per scongiurare l'ulteriore ridimensionamento dei servizi postali nel territorio regionale".

C'è poi un altra emergenza infinita che rigarda la scuola e che vine ricordata dall' dei consumatori Codacons: le scuole abruzzesi non sono sicure,  perchè nessuna avrebbe il certificato di agibilità igienico-sanitaria; solo il 9 per cento quello di agibilità statica; il 13 per cento di prevenzione incendi; appena il 53% le scale di sicurezza; il 65% gli impianti elettrici a norma e l'85% le porte antipanico. Ma questo non sembra rietrare nelle priorità del governo, pur così attento al tema della sicurezza.

 

A SEGUIRE UN ESTRATTO DEL  DOSSIER DI TUTTO SCUOLA CHE OFFRE ELEMENTI UTILI A CAPIRE E GIUDICARE LA RIFORMA IN CANTIERE, E SOPRATTUTTO LE SUE CONSEGUENZE

 

      RISPARMI E QUALITA’
                                         La sfida della scuola italiana
                  Dossier di Tuttoscuola sui risparmi possibili salvaguardando la qualità

Si discute in questi giorni di risparmi, tagli e qualità del servizio nella scuola.
La manovra finanziaria contenuta nella L. 133/2008 impone razionalizzazioni ed economie di spesa
per 7.832 milioni di euro entro il 2012. E’ bene che le scelte, quali che siano, vengano effettuate
sulla base di approfondite analisi, sulla conoscenza di dati e situazioni, non condizionata da
pregiudizi ideologici o di schieramento politico.
Il dossier di Tuttoscuola è un contributo alla conoscenza di questa realtà: i dati e i numeri dicono
più di molte dichiarazioni che stanno affollando il dibattito politico sulla scuola.
Giovedì 11 settembre alle ore 10 ne discuteranno il presidente della Commissione Cultura della
Camera Valentina Aprea, il ministro ombra della pubblica istruzione Marapia Garavaglia e il
segretario generale della Cisl Scuola Francesco Scrima. Si parlerà anche di maestro unico e di
tempo pieno.
Ecco un’anticipazione di alcuni punti del dossier.
Un campanile, una scuola: una rete di scuole dal sapore antico
La rete delle scuole sul territorio, più capillare di quella delle caserme dei Carabinieri e degli uffici
delle Poste, è stata concepita dopo l’unità d’Italia e in gran parte sviluppata nel dopoguerra per
assicurare anche nei paesini di provincia, nelle campagne e nei territori montani della penisola la
presenza sicura dell’istruzione pubblica.
Non è stata sufficientemente adeguata rispetto alle dinamiche economiche, migratorie e delle
infrastrutture. Nei piccoli comuni il mantenimento in vita di una scuola è spesso visto come un fatto
di status symbol e di prestigio campanilistico. Tanto i costi del personale sono a carico dello Stato...
Tutto ciò non si coniuga con un efficiente utilizzo delle risorse, e spesso neanche con la qualità del
servizio. Con conseguenze spesso assai onerose. Vediamone alcune.
    1. Le microscuole: 10 mila scuole (un quarto del totale) hanno meno di 50 alunni.
        Costano il doppio delle altre

2.627 scuole primarie, 970 scuole secondarie di I grado e 560 scuole secondarie superiori, oltre a
5735 scuole dell’infanzia hanno meno di 50 alunni. Esistono tante scuole con 10 o 20 alunni, fino a
casi limite di soli 4 alunni. Solo una parte sono il montagna o nelle piccole isole, e vanno
salvaguardate. Moltissime però sono in pianura, a volte in zone industriali. Come a Breme,
provincia di Pavia, in piena Pianura Padana: 11 alunni, seguiti da 4 insegnanti e un bidello. Costo
per alunno 8.000 euro, contro i 3.305 euro di una scuola standard con 100 alunni. Nel dossier sono
documentati molti altri casi in tutto il Paese.
Altre situazioni anacronistiche: in Italia sono funzionanti ben 3.441 pluriclassi, cioè che accolgono
contemporaneamente alunni dei vari anni di corso con età variabile dai 6 agli 11 anni. Non il
massimo dal punto di vista dell’organizzazione didattica e dell’apprendimento. Un numero
giustificabile nell’Italia degli anni cinquanta, molto meno nel ventunesimo secolo.
    2. Le incongruenze del sistema: 16 mila scuole elementari, 7 mila scuole medie:
        uno squilibrio da chiarire

Dovrebbero essere teoricamente di quantità uguali, visto che servono in successione la medesima
popolazione scolastica, pur essendo “contenitori” di dimensioni diverse, perché le scuole primarie
accolgono cinque anni di scolarizzazione.
Eppure le primarie sono più del doppio delle medie (che non è detto che siano costituite con criteri
così restrittivi, se si considera che resistono ancora quasi 1000 scuole medie con meno di 50 alunni).
Se si volesse fare una semplificazione numerica tenendo conto della diversa durata dei corsi,
dovremmo avere in proporzione 11.925 plessi di scuola primaria rispetto agli attuali 16.117, con
una riduzione di 4.192 unità, pari a oltre un quarto di quelle attuali.
    3. 1.700 istituzioni scolastiche fuori parametro dimensionale
1.700 istituzioni scolastiche - che accorpano più sedi o scuole - su un totale di circa 10.800 sono
fuori norma, con un numero di studenti inferiore a quello stabilito. Due terzi di esse sono nelle aree
meridionali. In particolare il 36% delle istituzioni scolastiche della Calabria e della Sardegna sono
fuori parametro; e così il 30% di quelle dell’Abruzzo, della Basilicata e del Molise. Potrebbero
essere chiuse e accorpate con un risparmio, relativo a uffici di presidenza e segreterie
amministrative, di circa mille istituzioni su tutto il territorio nazionale.
    4. Tempo prolungato (nella scuola media): organizzato per 433.000 alunni, ne
        usufruiscono solo 323.000: 6.500 cattedre di troppo

A differenza del tempo pieno nella scuola elementare, quello del tempo prolungato nella media è un
servizio ormai più richiesto dal Ministero che richiesto dalle famiglie. Non solo.
Dai dati ufficiali sugli iscritti risultano 433 mila alunni di scuola media che frequentano classi a
tempo prolungato, mentre dalle rilevazioni integrative del Miur relative alle fasce orarie di
frequenza, risultano soltanto 323 mila alunni in classi che hanno orari da tempo prolungato. I 110
mila alunni mancanti sono evidentemente in classi solo fittiziamente a tempo prolungato. Si può
stimare, quindi, che queste classi a tempo prolungato, sulla base di quei 110 mila alunni in meno,
siano almeno 5.500, corrispondenti a circa 6.500 cattedre in più non giustificate.
Anche il numero di fruitori di mensa fa emergere incongruenze sull’effettiva organizzazione di
tempo prolungato con rientri pomeridiani.
    5. Sei milioni di ore all’anno pagate ma non lavorate
Negli istituti di istruzione secondaria con orario settimanale elevato, gli istituti sono autorizzati da
un circolare del 1979, confermata dal contratto a ridurre l’ora di lezione a 45-50 minuti per “cause
di forza maggiore” (per esempio mancanza di trasporti ecc.), senza però che i docenti delle classi
interessate recuperino le ore non lavorate e regolarmente retribuite.
Si può stimare in 6-7 milioni all’anno il numero delle ore di docenza non prestate e non recuperate
per un importo compreso tra i 200 e i 245 milioni di euro all’anno.
 L’eventuale restituzione delle ore non lavorate potrebbe contribuire a risolvere a costo zero una
parte della delicata questione dei corsi di recupero per i quali i docenti (spesso gli stessi delle ore
non recuperate) percepiscono 50 euro all’ora.
    6. L’orario facoltativo e opzionale: una rinuncia possibile
La riforma Moratti ha distinto l’orario obbligatorio delle lezioni da quello facoltativo opzionale. Il
ministero ha sempre assicurato l’organico per il primo (27 ore settimanali nella primaria e 29 nella
secondaria di I grado), assegnando invece risorse per il secondo (3 ore settimanali per la primaria e
4 per la secondaria di I grado) nei limiti consentiti dalle disponibilità di organico.
Se il ministero continuerà su questa strada, potrebbe immediatamente assicurare solamente le
risorse per l’orario obbligatorio, rimettendo alle scuole la facoltà di individuare in proprio risorse
per insegnamenti e attività opzionali.
Vi sarebbe un risparmio di circa 15 mila posti nella primaria e di 7 mila cattedre nella secondaria di
I grado con un risparmio complessivo di circa 760 milioni di euro (500+260).

 

 

 



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