Nella foto Pierluigi Biondi
Intervista a cura di Annamaria Gravino
Dal Secolo d'Italia di mercoledì 8 aprile 2009
«Stiamo
cercando di andare avanti, di organizzare la gente». Pierluigi Biondi è
il sindaco di Villa Sant’Angelo, un paese di 450 persone a 19
chilometri dall’Aquila. Ha trentaquattro anni e i suoi concittadini li
conosce tutti da sempre. Ma in questi due giorni e due notti di lavoro
fra le macerie alcuni di loro li ha scoperti diversi: «Qui ci sono
persone normali, alcune nella vita le vedi un po’ indolenti,
scansafatiche e invece si stanno mettendo in gioco, le vedi rischiare
la pelle per gli altri. Tutti stanno dimostrando una grande forza, mi
stanno al fianco, mi danno una mano, si prendono delle responsabilità».
■ State ancora lavorando?
Ora
stiamo cercando di montare il campo. Abbiamo organizzato il minimo
indispensabile per garantire un po’ di supporto: una cucina, la
distribuzione di generi di prima necessità, qualche coperta. Intanto la
protezione civile, i volontari, i vigili del fuoco continuavano a
scavare.
■ Come avete passato la notte?
È
stata dura, ha piovuto e la temperatura si è abbassata. È stata molto
fredda. Dobbiamo cercare di attrezzarci. La cittadina è molto piccola,
dobbiamo vedere come fare. Già stanotte abbiamo dovuto pensare agli
allacci: il metano, la corrente, i rifiuti, gli scarichi.
■ Quindi avete continuato a lavorare?
Sì,
bisognava ancora estrarre corpi. C’erano da fare i riconoscimenti. Si
contano diciassette morti. L’ultima l’abbiamo estratta un’oretta fa.
Chi ha dormito lo ha fatto nelle macchine. Anche io. Ma abbiamo dormito
tutti poco. Io dalle cinque alle cinque e un quarto.
■ Ma non siete soli, ci sono i volontari...
Sì, ci sono tutti. Il corpo forestale, la finanza, la polizia, i carabinieri. I carabinieri sono con noi dall’inizio.
■ Come sono state le prime fasi degli interventi?
Subito
dopo il terremoto i cittadini di Villa Sant’Angelo hanno tirato fuori
dalle macerie delle persone vive. C’era qualche piccone, qualche pala,
ma fondamentalmente era un lavoro a mano. Una signora è stata salvata
quando non ci si sperava più, alle 11.30 del mattino. Da un altro
fabbricato è stata salvata un’intera famiglia, una signora ottantenne è
stata calata da un tetto.
■ Com’era la situazione?
Ho
visto delle scene in credibili. Il tetto di una casa era finito al
livello della strada. Le persone si arrampicavano sulle macerie, con le
ringhiere usate come scale. Si muoveva tutto, franavano pezzi di solaio
e poi eravamo al buio, ma loro continuavano ad arrampicarsi. La forza
di volontà e il coraggio di queste persone sono stati straordinari.
Hanno tirato fuori il meglio di sé.
■ Durante le scosse successive stavate scavando?
A
quel punto erano arrivati i vigili del fuoco, loro avevano la
situazione sotto controllo, ma c’erano questi movimenti continui e loro
invece continuavano a lavorare.
■ Nelle prime ore, quando i volontari ancora non erano arrivati, come vi siete organizzati?
Abbiamo
fatto il censimento di chi si era fatto vedere in piazza. C’era una
persona delegata a censire chi arrivava e a raccogliere le
informazioni. Qualcuno ci diceva “io sono riuscito a uscire, ma lui è
rimasto lì”. Siamo andati casa per casa, prima dove c’erano più
speranze di trovare persone in vita. Sapevamo chi mancava, lo
chiamavamo per nome e speravamo in una risposta. Poi siamo andati verso
i casi più difficili...
■ Per quanto siete andati avanti così?
Da
subito dopo la scossa alle prime luci del giorno. Poi sono arrivati i
soccorsi: i carabinieri, i volontari, le forse dell’ordine e anche i
cittadini dei paesi vicini che si sono resi conto che Villa Sant’angelo
era il centro più colpito di quest’area. C’è stata una grande
solidarietà. Da noi sono arrivate quattro squadre di vigili del fuoco
tutte toscane, un elicottero dal Trentino Alto Adige, le macchine della
Protezione civile sono di ogni parte d’Italia: Lazio, Campania... La
colonna che ci ha montato il campo è dell’Emilia Romagna, un’altra è
arrivata dalla Lombardia.
■ Avete ritrovato tutti?
Sì,
abbiamo ritrovato tutti. Diciassette morti, tre persone in ospedale,
vari feriti ma per fortuna nessuno grave. La maggior parte di loro è
stata medicata alla postazione della Croce rossa. Ora cerchiamo di far
dormire tutti al caldo, di farli mangiare, di dargli servizi igienici
efficienti.
■ Avete fatto una stima dei danni?
Il
centro storico è stato raso al suolo, hanno retto le villette nuove,
quelle fuori dal paese. Lì potrebbero viverci, stiamo vedendo di fare
la ricognizione con il genio civile, ma prima c’erano da recuperare le
persone e predisporre il campo. Pensiamo a un 70 per cento dei
fabbricati inagibili o distrutti nell’intero Comune.
■ Hai dormito in macchina, anche casa tua è inagibile?
Casa
mia ha retto abbastanza, ma se penso di rientrarci mi sento come un
galeotto che deve tornare in carcere. La vivo come una specie di
incubo, non mi ci vedo più dentro casa. È un’esperienza devastante.
Quando ho visto la chiesa crollata... Voglio dire, sarebbe stato molto
meglio se fossero crollate più chiese e meno case con le persone
dentro, ma la chiesa è un simbolo, vedi che ti si sgretola una storia
centenaria sotto gli occhi. Ho fatto un giro in elicottero su tutta la
zona, non solo su Villa Sant’Angelo. Sembra di stare a Kabul.
Pierluigi Biondi (L’Aquila, 1974), giornalista, collaboratore dell'ufficio stampa del Consiglio Regionale d'Abruzzo, scrive per le pagine culturali del quotidiano
Secolo d’Italia e la rivista
Senzatitolo, trimestrale di teatro e cultura. Ha collaborato, in qualità di editor, al libro
Tre punti e una linea. La storia attraverso la radio (ed. Teatroimmagine, 2007). Dal 2004 è sindaco di Villa Sant’Angelo (Aq).