Pino Di Meo, i possibili motivi che ne hanno decretato l'esonero

Dalle 12 di ieri è ufficialmente avvenuto il passaggio di consegne alla guida del Chieti tra Pino Di Meo e Tiziano De Patre, tornato sulla panchina neroverde dopo sette mesi di pausa.

Il tecnico di Trani ha sicuramente pagato un rendimento della squadra altalenante e decisamente al di sotto delle aspettative di inizio stagione, conseguenza di un gioco forse mai davvero decollato e di un attacco apparso quasi sempre in evidente difficoltà, con ogni probabilità anche perché lo schema utilizzato il più delle volte da Di Meo, il 4-2-3-1, non era particolarmente congeniale alle caratteristiche degli uomini del reparto avanzato.

In particolare Marco Guidone, attaccante generoso e spesso e volentieri relegato a svolgere lavoro sporco lontano dall'area di rigore, appariva ai più penalizzato da tale schema: non sembra un giocatore che ha nelle corde la capacità di "fare reparto da solo", e di conseguenza spesso arrivava sotto rete non particolarmente lucido, sbagliando gol che, almeno in apparenza, sembravano facili.

Al di là dei vari motivi tecnico-tattici, però, nella fase finale dell'avventura di Di Meo in neroverde si è avuta anche l'impressione che la squadra non lo seguisse come avrebbe dovuto. Impressione emersa in maniera ancor più netta nella gara contro la Vigor Lamezia, contro cui il Chieti era chiamato a disputare la gara della vita e, invece, è apparso assai rinunciatario, come fosse una gara di fine stagione, di fatto senza mai creare alcuna autentica occasione da gol, nè tantomeno giocare con la convinzione e la grinta che il tecnico ha sempre preteso dalle sue squadre.

Di fatto un segnale di resa, che sicuramente al tecnico avrà fatto due volte male, sia perché di fatto ne ha determinato l'esonero, sia perché il Chieti di quest'anno era in buona parte formato da giocatori che egli aveva già allenato, cui evidentemente non è riuscito a trasmettere gli stessi stimoli del passato.

Lorenzo Ciccarelli