Pratola Peligna, cenni storici e turistici

05 Luglio 2012   13:14  

Pratola Peligna È situata nel cuore della valle Peligna, sopra una ridente collina a 290 m. s.l.m., centro agricolo noto per la produzione di vini ricco di acque. Notizie certe circa l’esistenza di “pratulae” risalgono al 998. d.C. È appartenuta alla Badia Morronese, cui fu data in feudo da Carlo II nel 1294. Nel 1848 fu teatro di una rivolta contadina contro Ferdinando II di Borbone e nel 1934 contro il regime fascista.
Alle pendici del monte Morrone, che si eleva di fronte a Pratola, è possibile vedere i ruderi dell’antico “castello d’Orsa“ detto anche degli impiccati.
Salendo ancora più in alto troviamo una pineta con attiguo rifugio detto “casa delle vacche” raggiungibile per mezzo di una strada panoramica .
Il centro cittadino è la piazza Garibaldi, luogo di ritrovo con al centro un’artistica fontana.
Percorrendo il corso troviamo il Santuario della Madonna della Libera, al quale la prima domenica di maggio accorrono migliaia di pellegrini. Il santuario come si presenta attualmente è opera dell’architetto Eusebio Tedeschi, che lo costruì su una preesistente cappella cinquecentesca. La costruzione iniziò nel 1851 e terminò nel 1860. La facciata, realizzata con blocchi di pietra della Maiella, è costituita da un corpo centrale avanzato rispetto a due laterali sui quali s’impostano i rispettivi campanili. L’interno è a tre navate secondo lo schema a croce latina con i bracci del transetto absidati. Anche il presbiterio rialzato è absidato sia nella parte centrale che in quella laterale corrispondenti alle due cappelle della Madonna della Libera e del SS. Sacramento. La navata centrale è coperta con volte a botte, mentre quelle laterali presentano delle pseudo cupole. L’intera chiesa è riccamente decorata con stucchi, affreschi del pittore Amedeo Tedeschi (allievo del Patini) e del Patini stesso, del quale nella cappella di S. Antonio sono due quadri: S. Antonio con il Bambino e S. Girolamo; nella stessa cappella troviamo pure due sculture in legno dell’ebanista Lucci di Pratola. Altri capolavori sono il tempietto della Vergine posto al centro dell’altare maggiore e le nicchie di Gesù risorto e della Madonna della resurrezione lavorato dal Di Rienzo. Di notevole pregio un crocifisso in gesso molto antico ed un organo simile a quello della cattedrale di Loreto.
Da vedere ancora la chiesa di S. Pietro Celestino, la più antica di Pratola, esistente sin dal XV secolo, la chiesa della SS. Trinità e la Madonna della Neve. La Madonna della Pietà e delle Sette Marie, considerate monumento nazionale, sono due vani gemelli di un unica cappellina di notevole importanza artistica. Custodiscono un gruppo scultoreo in terracotta (sec. XVI) dello stesso autore di quello dell’eremo di S. Venanzio e alcuni affreschi di buona fattura.
Da vedere ancora i palazzi De Petris, vecchio municipio e Colella, le vecchie fontane ottocentesche di piazza Garibaldi e il vecchio mulino dei celestini.


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