Processo Ciclone, Zupo parla per oltre un'ora: "Ho fatto solo il mio dovere"

22 Febbraio 2012   17:35  

"Da sei anni pago un prezzo molto alto per aver fatto solo il mio dovere". Sono le parole dell'ex capo della squadra mobile di Pescara, Nicola Zupo, testimone, oggi, al processo all'ex sindaco di Montesilvano (Pescara) Enzo Cantagallo, riguardante presunte tangenti negli appalti pubblici.

Zupo, che si e' occupato delle indagini, ha parlato per oltre un'ora, partendo dalla posizione dell'ex capo di gabinetto, l'avvocato Lamberto Di Pentima.

"Dalle indagini - ha detto - e' emerso che in realta' Di Pentima era l'uomo di fiducia di Cantagallo. Si e' occupato, ad esempio, di contattare i vertici della Carichieti per avere notizie relative agli accertamenti bancari disposti dal pm Varone. Sempre tramite Di Pentima cercavano di reperire notizie anche sulle intercettazioni in atto".

Tra i rapporti che l'ex capo di gabinetto intratteneva anche quelli con alcuni poliziotti "tutti - ha sottolineato Zupo - sottoposti poi a procedimento disciplinare".

Tra questi poliziotti anche l'ispettore Salvatore Colangelo, imputato nel processo. A tal proposito Zupo ha detto che Colangelo non fece parte del gruppo di persone che indagava su Montesilvano in quanto, per una serie di motivi, era venuto meno il rapporto di fiducia ed inoltre la figlia dell'ispettore lavorava nella segreteria particolare del sindaco Cantagallo.

Zupo ha poi sostenuto che e' stato Di Pentima a pianificare la strategia per cercare di estrometterlo dalle indagini, senza pero' riuscirci. In aula si e' parlato anche delle numerose lettere anonime circolate durante le indagini "nel corso degli anni - ha detto Zupo- sono stato tempestato di lettere anonime. Ne ho ricevuta una anche a Ravenna, dove sono stato trasferito nel 2010. Pensavo che almeno li' sarei stato tranquillo, ma invece non e' stato cosi'". Tra le lettere ricevute Zupo ne ha citata una del 2005: "nella lettera c'era scritto che mia moglie era l'amante di Cantagallo. In questi casi una persona puo' reagire in tanti modi, io sono andato a casa e l'ho mostrata a mia moglie, dicendole: se e' vero dimmelo e io me ne vado. Lei nego' assolutamente tutto".

L'ex dirigente della mobile ha anche parlato della vicenda relativa all'assunzione della moglie come comandante della polizia municipale di Montesilvano, sostenendo di non aver mai fatto sollecitazioni in tal senso: "non sono abituato a chiedere favori e non l'avrei mai chiesto a Cantagallo. E poi sapevo che era intercettato dalla mobile, quindi, sarei stato non solo stupido ma anche un pazzo a chiedergli qualcosa. Mia moglie - ha proseguito- non era disoccupata, era dirigente a tempo indeterminato al Comune di Vigevano con incarico di comandante. Non mi hanno fatto nessun favore. Montesilvano aveva bisogno di un comandante dei vigili. Inoltre esiste la normativa che prevede il diritto al ricongiungimento familiare e l'articolo introdotto nella legge finanziaria di quel periodo sul sostegno della paternita' e della maternita'".

Infine Zupo ha fatto notare che "tutte le volte che si e' trattato di eseguire misure cautelari, quella piu' delicata l'ho sempre eseguita personalmente. Tranne in questa indagine affinche' nessuno potesse mai dire che mi ero voluto togliere qualche soddisfazione".


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