Processo Grandi Rischi: la dignità di una parente delle vittime, e l'indifferenza di troppi aquilani

27 Settembre 2012   12:35  

Il processo alla Commissione grandi rischi riprenderà  lunedì prossimo e sarà la volta dell’avvocato Giulia Bongiorno, che difende gli interessi della famiglia Cora, ma sono previsti pure gli interventi dell’avvocato Attilio Cecchini e dei legali Wania Della Vigna e Angelo Colagrande.

Fa intanto discutere la richiesta dei Pm Fabio Picuti e Roberta d'Avolio a quattro anni di reclusione con l'accusa di omicidio colposo, disastro colposo, e lesioni colpose, per ciascuno dei sette imputati.

Un processo che non è alla scienza, hanno sottolineato con forza, ma a 7 scienziati pubblici funzionari con le loro superficiali, frettolose e ingannevoli rassicurazioni avrebbero causato la morte di 29 persone.

Persone che quella notte non avrebbero dormito in casa, avrebbero preso cautele, dopo la prima forte scossa del 5 aprile 2006 che ha preceduto quella fatale, se qualcuno con l'autorevolezza dello Stato e della scienza – questa la tesi fondamentale dell'accusa – non avesse detto che non c'era pericolo, che le scosse continue e crescenti erano un normale rilascio di energia, ignorando però modelli di previsione e studi che dicevano esattamente l'opposto, e che si sono rivelati drammaticamente esatti.

All'indomani delle richieste dei pm abbiamo incontrato uno dei parenti delle vittime, la signora Renza Bucci, che il 6 aprile 2009 ha perso la figlia Giovanna Berardini (31 anni), il genero Luigi Giugno (35), il nipotino Francesco che portava il nome del nonno e non aveva ancora due anni.

E poi Giorgia, che doveva ancora nascere.

Tutti morti in via Fortebraccio. Non voglio vendetta, spiega, voglio solo che sia ripristinata la verità di quello che è accaduto. Ma c'è un altra cosa che rende triste Renza, lo scarso interesse che si percepisce in città intorno a questo processo.

Filippo Tronca

 


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