Ricomincio da L'Aquila. La ricostruzione vista da Panorama

04 Giugno 2010   12:43  

Il reportage di Fabrizio Paladini su Panorama. Un punto di vista ottimista sulla ricostruzione aquilana.
http://blog.panorama.it/italia/2010/06/01/a-un-anno-dal-sisma-ricomincio-dall%E2%80%99aquila/

Ogni aquilano sta cercando di ricostruire se stesso. Dopo la morte, dopo le tende, dopo il freddo e il caldo, dopo le nuove case, dopo l’emergenza, il sogno è la normalità, la ricostruzione, ritrovare vie e piazze, monumenti e bar, cinema e panchine come una volta.

«Le carriole vanno bene, ma se ci dividiamo tra carriole rosse e carriole azzurre, non andiamo da nessuna parte» avverte Giustino Parisse, caporedattore del quotidiano locale Il Centro che ha perso i suoi figli sotto le macerie. Le polemiche che da sempre hanno strumentalizzato il dopo terremoto per fortuna sembrano scivolare come l’olio sull’acqua. Quelli che dicono che va tutto male per attaccare il governo e la Protezione civile, quelli che dicono che va tutto bene per mettersi medaglie, quelli che attaccano il sindaco perché sono di centrodestra, quelli che attaccano il presidente della regione perché sono di centrosinistra. La verità è che gli aquilani sono stanchi di essere ostaggio di guerrieri di altri eserciti che scrivono libri, girano film, riempiono sale sempre con una tesi da vendere.

Alcune cose sono state fatte bene dopo l’emergenza. Le 7 mila abitazioni sono comode e sicure. Molte scuole sono state riaperte. Ma tante cose non vanno bene. Per esempio il ritardo dei lavori di ristrutturazione delle case private classificate B e C che permetterebbero a molti aquilani di tornare nelle loro abitazioni leggermente danneggiate. Oppure i ritardi nei pagamenti ad aziende che hanno sbancato, puntellato, restaurato, ricostruito. Senza soldi, spesso già stanziati, non possono partire nuovi investimenti. La paura è che molti aquilani, dopo una prima fase di iperattivismo, siano preda della depressione e si pongano in una sorta di attesa del messia.

Panorama è tornato all’Aquila e ha cercato persone che comunque si sono rimboccate le maniche e hanno fatto qualcosa con la loro iniziativa, spesso mettendoci risorse personali: per l’economia, per la vita sociale, per la comunicazione, per combattere questa apatia. Ecco le loro storie, fra successi, soddisfazioni, paure e qualche critica. Ma sempre con la voglia di vincere la battaglia.

G I U S T I N O  PA R I S S E ,  G I O R N A L I S TA

Scrivo la speranza. «Ci sono due partite da giocare, una è la mia ricostruzione, l’altra è quella degli aquilani. La mia vita è finita il 6 aprile, ma da quel giorno me ne è stata concessa un’altra che cerco di vivere come posso. Prima fare il giornalista era un mestiere, adesso è un impegno civile. Ho la pretesa di essere utile, di raccontare, di contribuire a risolvere i piccoli problemi e denunciare quelli grandi, di dare voce a chi non ce l’ha». Giustino Parisse ha 50 anni. A Onna ha perduto i due figli adolescenti, Domenico e Maria Paola. Lui e sua moglie Dina si sono salvati.Da quel giorno Giustino ha scritto quasi sempre sul giornale «Il Centro», di cui è caporedattore: racconta, vede, analizza. Va nelle scuole, nelle chiese, nelle sezioni di partito, in tv a spiegare quanto sia importante resistere, ricominciare, credere, combattere. Non per se stesso, perché come si può sperare nella vita dopo che il terremoto ti ha portato via il meglio che avevi? Ma almeno per la sua comunità, per il suo paese. «Le case nuove? Bellissime ma io voglio che Onna venga ricostruita dov’era. Questo villaggio è stato fatto bene perché rispetta la comunità. I miei vicini sono gli stessi che avevo a Onna. Io scrivo, è l’unica cosa che so fare e cerco di combattere questa incertezza che aleggia, questa paura di venire dimenticati. Ma intanto, diamoci da fare, perché L’Aquila siamo noi. Se no, aspettiamo, aspettiamo e rischiamo di morire aspettando».

V I N C E N Z O  A N G E L O N E , A R T I G I A N O

Briscola e cineforum, così faccio sorridere gli anziani. «La fortuna di vivere nel paesello è quella che siamo più raccolti, più uniti. E quindi anche dopo la tragedia del sisma non c’è stata la dispersione dell’Aquila. Qui a Onna abbiamo le casette, abbiamo l’asilo e abbiamo il centro polifunzionale. Uno spazio dove ci riuniamo due, tre volte la settimana. Nel villaggio siamo 230 persone e lì non siamo mai meno di 50, spesso di più. Ho deciso di dedicare il mio tempo libero a questa gente, organizziamo tornei di briscola, proiettiamo film nuovi e vecchi (quelli di Totò sono i più richiesti), presentiamo libri e facciamo dibattiti». Vincenzo Angelone, 34 anni, si definisce artigiano moderno. Fa software per un’azienda della Ciociaria e fa pronto soccorso per chiunque abbia un problema al computer. Lo chiamano: «Vince’, non riesco a collegarmi» e lui va e risolve problemi. Poi è anche l’animatore delle serate onnesi, soprattutto per gli anziani: «A Onna non ci sono disoccupati ma i giovani, quasi tutti artigiani, vanno a lavorare fuori, lontano, e la sera sono tutti stanchi. I vecchietti invece sono una forza della natura ed è bello occuparsi di loro lì, in via della Ricostruzione».

L U I G I  C A L V I S I , P E N S I O N AT O

Sono la colonna sonora di Fossa. «Nessuno abita più a Fossa.Una volta per restituire il paese ai suoi abitanti ho organizzato gli aperitivi in piazza, ma era tutta zona rossa, sono venuti i carabinieri e ci hanno mandato via. Qui c’è il Teatro della Fragolina dove in una sala l’orchestra Città aperta registra colonne sonore di film importanti. Dopo il terremoto li ho chiamati tutti, sono venuti artisti dalla Norvegia, dai Paesi Bassi, è venuto Nicola Piovani per il film di Sergio Rubini. Mi piace che la musica possa aiutare il mio paese e quindi organizzo concerti con l’orchestra non tanto per raccogliere fondi, quanto per fare vedere che bella realtà c’è a Fossa. Lo sa che qui 30 case sono state comprate dagli inglesi? Era un borgo che loro amavano in maniera smisurata. E lo sa che 20 appartamenti hanno avuto la licenza per fare bed and breakfast? Io tengo i fili di tutto questo mondo internazionale, mi scrivono dall’Australia, dall’America». Luigi Calvisi ha 61 anni e un passato in Banca d’Italia. Ora guida la pro loco di Fossa ed è convinto che la «sua» orchestra specializzata in colonne sonore accompagnerà la rinascita di Fossa.

D I N O  D I  P O M P E O , R I S T O R AT O R E

Bucatini e risate per tornare alla vita. «La sera del 5 aprile ho chiuso il mio ristorante in via dell’Arcivescovado a mezzanotte e mezzo. Tre ore dopo non c’era più niente: distrutto totalmente. Ho fatto una riunione l’8 aprile con mia moglie Anna Maria e le due figlie e abbiamo deciso di riaprire altrove. Ho presentato un progetto su un terreno di mia proprietà accanto a casa. Ma dopo mesi di attesa ho capito che la burocrazia avrebbe fatto danni peggiori di quelli del terremoto. E allora mi sono messo a cercare un locale in affitto. Ho trovato persone perbene, non come tanti aquilani che affittano locali e case a chi ha bisogno a prezzi da strozzini. Ho preso i nostri risparmi, 100 mila euro, niente prestiti, e ho fatto i lavori. Quella che era una pellicceria è diventata un ristorante e l’11 febbraio abbiamo riaperto La Matriciana». Dino Di Pompeo, 61 anni, è uno tosto, un vero abruzzese. Il suo vecchio ristorante, La Matriciana, è un locale storico. Storico nel senso che nel 1973, durante i tumulti di piazza, quando Pescara voleva scippare il capoluogo all’Aquila, era la base della protesta, barricate, molotov, sassaiole. Dopo il terremoto che ha distrutto il vecchio locale, Dino ha ricominciato in via Tosti, chiamando tutti i suoi dipendenti, fra cui Domenico, con cui divide pranzo e cena da 37 anni. «I primi giorni i miei clienti tornavano e non riuscivano nemmeno a parlare. Poi, piano piano, siamo tornati a essere un punto di ritrovo, la sera stanno tornando i ragazzi che fanno sempre un po’ di casino, ma è un casino benedetto, è la vita, le voci, le risate, una bottiglia di troppo. Si mangia con 20-25 euro e i menù sono gli stessi che c’erano sui tavoli del vecchio ristorante. Stessi prezzi, stessi bucatini, stesso spirito».

 


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