Ricostruzione. La gestione responsabile del Friuli

Il sisma del 76

27 Aprile 2009   17:05  
All' indomani del disastro sismico che ha distrutto l'aquilano, una delle popolazioni italiane che più hanno partecipato alla tragedia abruzzese è stata senz'altro quella friulana. Già dalle prime ore di quel drammatico inizio settimana che avrebbe dovuto condurre alla Pasqua, rivelandosi invece perfetto e macabro emblema del venerdì santo, il Friuli ha risposto all'emergenza con prontezza esemplare. All'alba del 6 aprile, quando ancora mezza Italia dormiva, ignara dello sconvolgimento notturno che poche ore prima aveva accoltellato il cuore accademico e amministrativo della Regione verde, un gruppo della Protezione civile di Udine, munito di generatori, attrezzature e materiali di sopravvivenza stava già raggiungendo le zone colpite dal sisma.

Un enfasi confermata il giorno seguente, quando ulteriori due squadre della Protezione Civile del Friuli e un elicottero altamente sofisticato per la rilevazione dei danni sono partiti verso il capoluogo aquilano, nella speranza di fornire al più presto una relazione dettagliata di quanto realmente fosse accaduto nella sventurata Provincia abruzzese, vittima di un sisma per alcuni superiore ai 5.8 gradi Richter ufficialmente rilevati.

Ma la notevole prontezza che ha caratterizzato la mobilitazione friulana nei confronti dell'Abruzzo, non è dovuta unicamente alla proverbiale solerzia di un'amministrazione regionale da tutti indicata come modello di efficienza e trasparenza gestionale. Impresso indelebilmente nella memoria degli abitanti friulani è il disastroso evento sismico che sconvolse la Regione diversi anni fa, e precisamente il 6 maggio del 1976, quando una scossa pari al decimo grado della scala mercalli(6.4 Richter), lunga 50 interminabili secondi, sconvolse la vita di migliaia di famiglie, ferendo 3000 persone, uccidendone 1000, e generando una platea di disoccupati pari a 5000 unità.
 
Il terremoto, con epicentro localizzato presso Tolmezzo (8 chilometri a nord di Carnia, sul Tagliamento) coinvolse numerose località tra le quali Maiano, Buia, Gemona, Osoppo, Magnano, Artegna, Colloredo, Tarcento, Forgaria, Vito d'Asio e molti altri paesi della pedemontana. La furia devastatrice del sisma interessò 83 mila abitazioni, polverizzandone 18 mila e danneggiandone 75 mila.

TRATTO DA "PAGINE 70"(www.pagine70.com)

"...Lo spettacolo che si è presentato ai primi soccorritori è stato agghiacciante.
Le auto e le ambulanze dei soccorritori che stanno percorrendo la Pontebbana verso i paesi colpiti s'imbattono in una fitta cortina di polvere che fa comprendere da subito la gravità dell'accaduto. Altri, accorsi in aiuto, fuori dell'abitato di Gemona incontrano i primi sopravvissuti che si trascinano a stento, sotto shock, laceri e inebetiti. Qualcuno sta tentando di portare i feriti nei più vicini ospedali. Quelli che sono riusciti a sfuggire ai crolli, sconvolti, si sono raggruppati negli slarghi e nelle campagne circostanti e hanno acceso dei fuochi aspettando che la notte passi. Altri si sono rifugiati nelle auto. Si levano nella notte le grida, i pianti, i lamenti di coloro che sono rimasti seppelliti sotto le macerie. Tanti stanno cercando di spostare i calcinacci per cercare di salvarli. Quello che si presenta agli occhi di tutti al levarsi del sole è un paesaggio di morte e distruzione. Paesi completamente rasi al suolo, moltissime case  inagibili, continuano gl'incendi ed i crolli sotto la spinta delle scosse di assestamento. Ora, cordoni di militari e agenti cercano di tenere lontani gli abitanti. Si scava febbrilmente per cercare di salvare le migliaia di persone sepolte vive. Circa 200 bambini hanno perso i genitori e sono raccolti dalla Croce Rossa. Saltate le linee elettriche e telefoniche, scoppiate le fognature. La notte del 6 maggio è stata la prima di molte notti all'aperto per i friulani. Le scosse dureranno fino al settembre successivo. Nei giorni seguenti mentre arrivano da tutta Italia i soccorsi. Si fa un primo bilancio del catastrofico evento..."

Il video che segue riproduce un inquietante documento audio del terremoto friulano, occasionalmente registrato da un ragazzo che al momento della tragedia stava riversando su nastro la mitica Shine on you crazy diamond dei Pink Floyd. Inizialmente la musica del giradischi stona leggermente per poi fare spazio all'agghiacciante rumore di fondo che invade l'abitazione una volta iniziate le scosse.





RICOSTRUZIONE. IL MODELLO "COM'ERA E DOV'ERA" DEL FRIULI

Il giorno che seguì quello del disastro, e precisamente il 7 maggio del 76, nacque Donatella, figlia di una coppia di Maiano, uno dei centri più colpiti. I Friulani si alzarono in piedi, si rimboccarono le maniche e decisero che il tremore della terra non li avrebbe più colti impreparati. Uno dei motivi per cui vale la pena di ricordare il dramma sismico del Friuli Venezia Giulia, risiede infatti nell'atteggiamento responsabile che i sindaci locali seppero incarnare nella ricostruzione delle località distrutte. Fu l'allora governatore della Regione, Antonio Comelli, ad intuire che per rispettare identità, fisionomia e funzioni abitative delle aree terremotate occorreva ricostruire "com'era e dov'era", accogliendo la storia edilizia di ogni centro toccato dal disastro, e migliorandone la struttura.

Per farlo era però necessaria la completa collaborazione dei sindaci, che grazie all'impostazione del governatore, e al contributo del Commissario straordinario Giuseppe Zamberrletti (nominato dal governo Moro), si videro assegnare i fondi per la ricostruzione, partecipando così attivamente e coscienziosamente ad ogni progetto di edificazione deciso sul territorio.

RIEDIFICAZIONE, RIPARAZIONE E ADEGUAMENTO ANTISISMICO

Ma oltre a razionalità e trasparenza, per ricostruire efficientemente sono necessari i fondi dello Stato. Nel caso del Friuli, erano tre le principali operazioni che la Regione gestiva grazie alle risorse erogate dal governo: riedificazione delle abitazioni distrutte dal terremoto, riparazione e adeguamento antisismico delle stesse. Misure che  non vennero intraprese contemporaneamente. In prima analisi vennero offerte ricostruzione e riparazione della prima casa: la Regione provvedeva a tutte le spese, decidendo le somme da versare sulla base di due parametri stabiliti per legge: l'alloggio non doveva essere di lusso, ma rispondere ai criteri dell'edilizia agevolata. La partecipazione finanziaria, poi, teneva conto del numero di componenti della famiglia: 45 mq per ogni membro e altri 10 mq di non residenzialità.

Differente il trattamento per la riparazione. In seguito al sisma del 6 maggio 1976 la legge 17 stabilì un contributo fino a 6 milioni di vecchie lire. Mentre nessuna specifica integrazione era stata pensata per l'adeguamento antisismico. Dopo le violente scosse sismiche che seguirono a metà settembre  però la normativa venne modificata. La legge 30 del 77 stabiliva infatti che fosse la Regione a farsi carico delle spese di adeguamento antisismico e che la progettazione fosse elaborata da gruppi tecnici di nomina regionale, i cosiddetti "Gruppi B".
Nella sostanza il governo regionale finanziava le opere principali di adeguamento(opere A) mentre erogava contributi parziali per quelle secondarie(opere B).  Il risultato, è bene ricordarlo, rimase nelle storia. Dopo soli 15 anni gran parte delle aree terremotate riacquistarono la fisionomia originaria vantando strutture abitative ed edifici antisismici costruiti a norma e secondo coscienza. Nessun caso di corruzione o malversazione venne a contaminare l'operato dei Comuni friulani, ancora oggi portati come esempio di amministrazione efficiente, trasparente e soprattutto responsabile della cosa pubblica italiana . (Foto sisma friulano del 76 di Bepino Moznich)


Gli approfondimenti precedenti sul Belice, l'Irpinia e il Molise

Giovanna Di Carlo

 

 


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