Sacra corona unita, arrestato latitante fra i 100 più pericolosi

Salvatore Caramuscio era latitante da sei mesi

09 Marzo 2009   07:39  

La polizia ha arrestato all'alba di ieri, in un'operazione congiunta compiuta tra le squadre mobili delle questure di Lecce e di Bari, un pericoloso latitante della Sacra corona unita, Salvatore Caramuscio, di 40 anni, di Surbo (Lecce). L'uomo era ricercato da oltre sei mesi, tra l'altro per omicidio e associazione per delinquere di tipo mafioso. L'operazione che ha portato all'arresto è stata compiuta nel territorio di Canosa di Puglia (Bari).

Figura nella lista dei cento latitanti più pericolosi d'Italia secondo il Ministero degli Interni, Salvatore Caramuscio, 40 anni, di Surbo (Lecce), arrestato nelle scorse ore dalla polizia nel territorio di Canosa di Puglia (Bari). Caramuscio è già stato condannato all'ergastolo per un omicidio compiuto nel 2003 e si ritiene che si sia mantenuto durante la latitanza con estorsioni. Al momento dell'arresto - a quanto viene reso noto - non ha opposto resistenza e si è complimentato con le forze di polizia "per la scientificità dell'azione". Salvatore Caramuscio era latitante da circa sei mesi, perché dopo un periodo di latitanza era tornato in libertà nel settembre scorso per scadenza dei termini con un provvedimento adottato dai giudici dell'Aquila. Infatti, Caramuscio era detenuto in Abruzzo per l'uccisione - compiuta il 6 marzo 2003 - di Antonio Fiorentino, nel bar 'Papaya' che Fiorentino gestiva a Lecce. La rimessione in libertà di Caramuscio provocò polemiche quando fu adottata perché - secondo la procura salentina - sarebbe stata fatta per un errore nel calcolo della scadenza dei termini della custodia cautelare. Al momento della scadenza dei termini sarebbe già stato infatti esecutivo il provvedimento della Corte d'Appello di Lecce che ripristinava, come era stato chiesto dalla Procura, la misura cautelare per l'omicidio Fiorentino. Appena liberato, Caramuscio non si presentò in questura entro le 24 ore, così come era prescritto nel provvedimento dei giudici abruzzesi e si diede alla latitanza. Sulle polemiche seguite alla scarcerazione di Caramuscio il procuratore distrettuale antimafia di Lecce, Cataldo Motta, tenne nel novembre scorso una conferenza stampa nella quale spiegò che, scaduti i termini della carcerazione preventiva per l'omicidio, Caramuscio continuava a restare in carcere, a L'Aquila, dovendo scontare una condanna definitiva per altri reati. "I tempi avrebbero consentito di arrivare alla definitività della sentenza per gli omicidi di mafia - ha detto ancora - ma a creare lo spazio per la scarcerazione è stata la libertà anticipata concessa dal Tribunale di sorveglianza abruzzese, che non ha tenuto conto della segnalazione della Procura di Lecce sulla pericolosità del soggetto". Dalla fine di settembre, poi, divenne esecutivo il provvedimento della Corte d'Appello di Lecce che ripristinava, come richiesto dalla Procura, la misura cautelare per l'omicidio Fiorentino.

LA CATTURA

Sono stati due poliziotti che si sono finti amanti ad incastrare Salvatore Caramuscio, che figura nell'elenco dei 100 latitanti più pericolosi d'Italia. Caramuscio, con una condanna all'ergastolo da scontare, è stato catturato all'alba di ieri in una casa a due livelli nel centro storico di Cassano delle Murge, nel barese. I due poliziotti, Marco e Anna, di 35 e 30 anni, erano in contatto radio con una task force composta da una cinquantina di colleghi. Si sono fermati per dieci minuti nei pressi dell'abitazione occupata dal boss e hanno finto di scambiarsi baci e carezze: appena dall'appartamento hanno visto accendersi una luce, hanno dato il via all'operazione: i poliziotti sono piombati in casa dell'ergastolano e lo hanno ammanettato. Il blitz è durato tre minuti, ma il lavoro delle squadre mobili di Bari e Lecce andava avanti da tempo. Caramuscio, quarantenne di Surbo (Lecce), era latitante da circa sei mesi, perché dopo un periodo di latitanza era tornato in libertà nel settembre scorso per scadenza dei termini con un provvedimento adottato dai giudici dell'Aquila. Infatti, il boss era detenuto in Abruzzo per l'uccisione - compiuta il 6 marzo 2003 - di Antonio Fiorentino, nel bar 'Papaya' che Fiorentino gestiva a Lecce. La sua rimessione in libertà provocò polemiche perché - secondo la procura salentina - sarebbe stata fatta per un errore nel calcolo della scadenza dei termini della custodia cautelare. Al momento della scadenza dei termini sarebbe già stato infatti esecutivo il provvedimento della Corte d'Appello di Lecce che ripristinava, come era stato chiesto dalla Procura, la misura cautelare per l'omicidio Fiorentino, delitto per il quale il pregiudicato era stato condannato all'ergastolo. Appena liberato, Caramuscio non si presentò in questura entro le 24 ore, così come era prescritto nel provvedimento dei giudici abruzzesi e si diede alla latitanza, conclusasi questa mattina. Dopo la cattura del boss il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha telefonato al capo della polizia, Antonio Manganelli, per "congratularsi dell'importante operazione". "Vivo apprezzamento" è stato espresso anche dal sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. "Dietro l'arresto - ha detto il procuratore di Lecce, Cataldo Motta - c'é un grosso lavoro investigativo, di ricerca di elementi, di indagini vere e proprie da parte dei magistrati, della polizia di Stato, di uomini e donne che hanno dedicato la vita perché sono impegni di lavoro così assorbenti, che non resta tempo per altro". "E c'é - ha concluso - accanto a questo impegno, anche molta preoccupazione perché si interviene in un territorio sconosciuto per catturare un latitante che è un soggetto particolarmente pericoloso, condannato all'ergastolo, quindi che non ha nulla da temere".


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