Scusate se esistiamo, i pastori d'Abruzzo, chiedono giustizia e verità

15 Aprile 2014   13:45  

“Scusate se esistiamo anche noi”: scherzano sul titolo del film (“Scusate se esisto”, regia di Riccardo Milani) che ha appena concluso le riprese tra le loro greggi, i pastori abruzzesi. Hanno “incassato” anche l’adozione in diretta di tre delle loro pecore nientemeno che da Raoul Bova, Paola Cortellesi e Marco Bocci, ma c’è poco da scherzare, dicono. Perché se l’ambiente rurale e le sue tradizioni fanno talmente tendenza da diventare attrazione cinematografica, c’è chi invece vuole farli letteralmente scomparire.

Business is business, si dice: e oggi  il business più importante è quello del  consenso, specie nel mondo politico. E i pastori, impotenti davanti ad imponenti campagne mediatiche come quelle messe in piedi per contrastare la cosiddetta "strage degli agnelli", si chiedono come finirà. Fin troppo facile scorrere le pagine web dedicate alle attività dell'onnipresente onorevole Michela Brambilla, che da titolare di un'azienda che importa e commercializza salmoni e gamberetti si scaglia contro il consumo di carne. Evidentemente nel mondo della comunicazione e dei buoni sentimenti, il pesce non è carne.

Ma i pastori e allevatori non ci stanno: perché non bisogna dimenticare che dietro a tutto questo ci sono storie, aziende, economie, conservazione della biodiversità; e turismo, enogastronomia, prodotti d’eccellenza. Che vengono a cercare da tutto il mondo, da Obama a De Niro, che i prodotti pastorali d’Abruzzo li ha voluti nel suo ristorante di New York. Chi vuole fare scomparire tutto questo abbia il coraggio di dire come stanno le cose: senza allevamenti, senza agnelli, non ci sarebbero più nemmeno questi pascoli, questa fauna selvatica per la cui protezione siamo tutti mobilitati, dal lupo all’orso, simboli di un ambiente incontaminato, quello d’Abruzzo, che è stato preservato fino a qui proprio grazie alla presenza delle greggi, al pascolamento.

 Ora che le luci del cinema si sono spente sul candido manto delle loro pecore, che attendono a giorni la tosatura come da tradizione, i pastori chiedono: che ne sarà di noi? Abbiamo diritto di esistere? E chiedono giustizia, e verità. Perché chi con una mano commercializza salmoni e con l’altra attacca la “strage” degli agnelli, deve dire come vengono condotte queste aziende, con gli animali sempre liberi e al pascolo, in conduzione tradizionale e biologica, greggi che ancora fanno la transumanza, che producono formaggi unici al mondo. E deve dire che, senza allevamento, senza agnelli, tutto questo – comprese le greggi - scomparirà. Chiedono giustizia e verità e lo chiedono, per primo, a chi da sempre difende la migliore tradizione italiana e il suo legame con il territorio, come Slowfood, ma anche a tutti quelli che hanno davvero a cuore la sorte di queste  pecore, selezionate da millenni come animale da allevamento, e della fauna selvatica che da sempre le accompagna. Non solo lupi, orsi, volpi, ma anche gli uccelli che dal concime delle greggi traggono il loro nutrimento e le specie erbacee che solo grazie al pascolamento conservano la loro diversità e ricchezza. Un mondo intero: economico, ambientale, culturale. Che viene dipinto, grazie ad un'intensa campagna stampa, tutto al negativo, e non ci sta.

 


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