Trifuoggi: "Del Turco beatificato'' La replica: ''Io vittima di una campagna colpevolizzante''

15 Febbraio 2012   10:47  

"Non ci faremo intimidire dal processo di beatificazione dell'imputato". Lo ha detto, oggi, a Pescara, il procuratore Nicola Trifuoggi, nel corso dell'udienza su presunte tangenti nel mondo della sanita' abruzzese, riferendosi agli articoli di stampa apparsi recentemente su alcuni quotidiani nazionali riguardanti la vicenda giudiziaria di Ottaviano Del Turco. 

"Ben altri processi di beatificazione ci sono stati". E' la replica dell'ex governatore abruzzese Ottaviano Del Turco alle parole del procuratore Nicola Trifuoggi. L'ex presidente della Regione Abruzzo ha detto in aula che "per quattro anni sono stato oggetto di una campagna di stampa tesa ad accertare la mia presunta colpevolezza. Per quattro anni non sono mai stato citato dall'Unita' e tutti conoscono le mie vicende con l'onorevole Violante"

Non si fa attendere la replica dell'exgovernatore della Regione: 

"Ben altri processi di beatificazione ci sono stati - afferma Del Turco - per quattro anni sono stato oggetto di una campagna di stampa tesa ad accertare la mia presunta colpevolezza. Per quattro anni non sono mai stato citato dall'Unita' e tutti conoscono le mie vicende con l'onorevole Violante''

Proponiamo a tal proposito alla lettura l'articolo dell'Unità che prende le difese di Del Turco e getta ombre sull'impianto accusatorio. 

Da L'unità del 30 gennaio 2012

DEL TURCO, L'INCHIESTA FA ACQUA

di Roberto Rossi  

Bisogna seguire il denaro, sosteneva Giovanni Falcone. Il denaro lascia un segno, una scia. Seguire il denaro è una buona norma per qualsiasi investigatore che accerta reati finanziari.

Quelli di mafia, ma anche la corruzione o la concussione. Che poi è il reato di cui è stato accusato l’ex presidente dell’Abruzzo Ottaviano Del Turco, nel luglio di quattro anni fa, dalla procura di Pescara guidata dal procuratore Nicola Trifuoggi. Concussione ai danni dell’imprenditore Vincenzo Maria Angelini, all’epoca il re delle cliniche d’Abruzzo, proprietario del complesso Villa Pini. 

Un reato per il quale Del Turco è stato sottoposto a 28 giorni di carcere e tre mesi di domiciliari. Un’accusa che ha chiuso la sua carriera politica e terremotato una Regione, ma che dopo tre anni di indagini e sette mesi di processo è ancora tutta da dimostrare. Perché ancora del denaro non c’è segno. 

Non ci sono conti correnti, né in Italia né all’estero, non ci sono case, quadri, proprietà che non siano giustificati, non ci sono auto, investimenti, spese fuori posto. Nulla. Di quei sei milioni di mazzette, che secondo l’accusa sono finiti nelle tasche Del Turco, non ci sono tracce. Di quella «valanga di prove schiaccianti che non lasciano spazio a difese», come sostenne il procuratore Trifuoggi in conferenza stampa il 15 luglio del 2008, rimane solo la sbiadita ricostruzione di Angelini, il grande accusatore. 

Quando, all’alba del 14 luglio 2008, il presidente della Regione viene prelevato e portato nel carcere di Sulmona, in isolamento, sono già quattro mesi che Angelini ha iniziato la sua collaborazione. In procura l’imprenditore entra nell’aprile 2008. Nel primo interrogatorio, il 12 aprile, però Angelini non muove accuse al governatore e agli altri indagati (in tutto 18 persone tra questi il suo collaboratore, Lamberto Quarta, e il capogruppo del Pd Camillo Cesarone). 

Lo farà solo il 6 maggio nel primo verbale di accusa «spontanea». Perché? «L’ho fatto perché all’improvviso avevo paura di quello che stavo facendo», racconta nell’incidente probatorio del settembre 2008. Angelini, dunque, si presenta davanti ai magistrati ad aprile ma comincerà ad accusare Del Turco solo un mese dopo raccontando di essere stato concusso, cioè costretto a dover pagare. Con quale arma? Secondo la procura attraverso «un mostro giuridico»: l’iter legislativo che ha portato al riordino del sistema sanitario abruzzese (prima con la legge 20 poi con quella 32). 

Un passo indietro. Quando Del Turco diventa governatore, l’Abruzzo è una delle regioni con i più alti indici di ospedalizzazione. Specie nelle numerose cliniche private, raccolte sotto una associazione di categoria (Aiop), dove ci si ricovera anche per un’epistassi (la rottura in un capillare). 

Fino al 2005 i pochi controlli sono affidati non alle Asl, ma a una commissione nella quale ci sono rappresentanti della stessa Aiop. Il debito della Regione sulla sanità è talmente pesante (toccherà i 4 miliardi) che per non affondare, nel 2004, la giunta di centrodestra guidata da Giovanni Pace avvia un progetto di cartolarizzazione. Per definire l’esposizione con la sanità privata si arriva a un accordo «sui generis». 

Ad esempio, tra i debiti riconosciuti vengono calcolati anche quelli chiamati «non perfoming>». Debiti, cioè che non risultano da regolari fatture, ma che sono fissati anche in base alla discrezionalità delle cliniche. Arriva Del Turco, dunque, e mette mano al riordino della sanità modificando i tetti di budget, il sistema ispettivo e creando un’agenzia sanitaria di controllo. Per le cliniche private significa perdite per oltre 500 milioni. 
Per quella di Angelini per circa 50.In questo quadro, secondo la procura, si concretizza la concussione. Per l’accusa, tutti i provvedimenti in materia della giunta di centrosinistra sono finalizzati a spaventare gli imprenditori. Pescara però si concentra solo su Angelini. Che racconta la sua verità.

Bisogna seguire il denaro, si diceva. Angelini dice averne dato tanto a Del Turco: sei milioni di euro in due anni. La prima «dazione», secondo l’accusa, avviene il 20 marzo del 2006: 200mila euro che l’imprenditore avrebbe portato a Collelongo, un paese nell’Appennino abruzzese in provincia dell’Aquila, dove Del Turco ha la sua casa la casa. 
Angelini li consegna di persona. Come riscontro porta la data dei prelievi e il telepass visto che per raggiungere Collelongo si deve prendere l’autostrada (A24) ed uscire a Celano. E così farà per ogni presunta mazzetta. Data e telepass. Però le date dei prelievi non coincidono quasi mai con i viaggi. «Il giorno della dazione - racconta Angelini - non è necessariamente il giorno del prelievo. È capitato che io tenessi i soldi 20 giorni, un mese per poi sentirmi dire da Cesarone: vai adesso». 

Non coincidono, spesso, neanche i tempi di percorrenza certificati dal telepass. Dal casello di Celano a casa di Del Turco sono 31 chilometri. Andata e ritorno sono 62. È possibile fare tutto in soli quaranta minuti?

E poi: come si fa a stabilire che i prelievi siano stati fatti per pagare Del Turco? Angelini non è tipo da tenersi i soldi. Secondo la procura di Chieti, che gli ha contestato il reato di bancarotta (crac da 220 milioni, il processo inizierà a marzo), l’imprenditore riusciva a spendere in un mese anche un milione e mezzo di euro. Tutti in contanti. E nei due anni di presunte mazzette dalle casse di Villa Pini o da altri conti correnti sono stati prelevati circa 40 milioni di euro. 

Ma a carico di Del Turco non ci sono solo i riscontri dei prelievi e i telepass. Ci sono foto. Furono scattate da Angelini, dice lui, il 2 novembre 2007 e messe in rete dopo l’arresto del governatore. Stufo di dover pagare e dopo un consulto con la moglie decide di documentare tutto. Si fa fotografare dal suo autista mentre entra in casa di Del Turco. 
È una sequenza. Nella quale si vede in auto una busta con i soldi, l’imprenditore che entra e che esce da casa di Del Turco, e infine, sempre in auto, una busta piena di mele, castagne e noci. È la prova regina. L’equazione è fin troppo semplice: Del Turco corrotto, Del Turco socialista, Del Turco ladro. Ma quelle immagini sono strane. In primo luogo, non sono nitide. Si vedono ombre. E poi non c’è gente. È il giorno in cui si ricordano i defunti e nel paese non c’è anima viva. Perché? Perché forse quelle foto furono fatte dopo, in un altro momento. Ed è questo che hanno scoperto i periti della difesa analizzando la memoria della macchina fotografica. Cioè che le date memorizzate non coincidono. Per la difesa non era il 2 novembre 2007. Era un momento successivo a quella data. E che giorno era allora? E i soldi dove sono?

A queste domande potrà rispondere Angelini quando deciderà di deporre. Per due volte si è sottratto. Ma c’è un’altra domanda alla quale si deve dare una risposta, cosa che neanche la procura ha saputo fare: dove sono finiti quei sei milioni oggetto della prova del reato? 

La procura li cerca. Nonostante già nel luglio ci sia una «valanga di prove», Pescara chiede due supplementi di indagini. Nel febbraio del 2009 il Nucleo di Polizia tributaria deposita il rapporto con gli accertamenti fiscali su Del Turco, sui suoi familiari, su parenti e amici. Nessuna prova, ma solo «indizi meritevoli di attenzione». E quali sono? Il primo è un bonifico di 269mila euro a favore della sua compagna per l’acquisto di una casa a Roma il 17 marzo 2006. 

Tre giorni prima della presunta mazzetta da 200mila euro. Il bonifico provoca uno scoperto in banca che Del Turco ripiana con i suoi risparmi: la dismissione di titoli Efibanca e di una polizza assicurativa Montepaschi (267 mila euro in totale). Il secondo indizio è l’acquisto di una casa, sempre intestata alla compagna, a Tresnuraghes in provincia di Oristano nell’ottobre dello stesso anno. Il costo? 180mila euro più altri 41, successivi, per la ristrutturazione. Inoltre nel novembre del 2006 acquista due quadri a Parigi per un totale di 27mila euro circa. Poi niente di più. 

Come li paga? Bonifici e assegni circolari, tutti rintracciabili. Del Turco ha dichiarato un imponibile, nel periodo 2003-2007, di 490mila euro netti. E questo senza calcolare come ammette la stessa Guardia di Finanza, «gli emolumenti derivanti dalla carica di parlamentare europeo per il 2004-2005». Questi sono gli indizi meritevoli di attenzione. Ma allora dove sono finiti i soldi? Le tangenti, le mazzette, che fine hanno fatto? Bisogna seguire il denaro, sosteneva Falcone. Ma quale?''


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore