L’Aquila registra un +18% di arrivi e un +5% di presenze turistiche nel 2024 rispetto all’anno precedente. A darne notizia, con toni entusiastici, sono stati il sindaco Pierluigi Biondi e l’assessore al Turismo Ersilia Lancia, durante una conferenza stampa a Palazzo Margherita. L’amministrazione sottolinea la crescente attrattività della città, frutto – spiegano – degli investimenti culturali effettuati negli ultimi anni, per un totale di circa 50 milioni di euro dal 2017. Tra gli eventi più significativi, i Cantieri dell’Immaginario e la Perdonanza Celestiniana, fino alla designazione de L’Aquila come Capitale Italiana della Cultura 2026.
Tuttavia, dietro ai dati apparentemente incoraggianti, si impone una riflessione più articolata. Le percentuali, se decontestualizzate, rischiano di restituire un’immagine parziale della realtà. L’incremento degli arrivi e delle presenze, infatti, non è di per sé indicativo di un effettivo ritorno economico per il tessuto imprenditoriale locale. Manca, al momento, un’analisi approfondita sulla tipologia di turismo registrato: quanti giorni si fermano i visitatori? Che spesa media lasciano sul territorio? Qual è il reale impatto sulle attività ricettive, sui negozi, sugli artigiani e sulla ristorazione?
In altre parole, l’aumento dei flussi turistici, per quanto positivo, necessita di essere misurato anche in termini di ricchezza prodotta e distribuita sul territorio. Il rischio è che si celebri una crescita che rimane sulla carta, senza tradursi in un vero impulso per l’economia aquilana. Sarebbe quindi auspicabile affiancare ai numeri assoluti un bilancio economico dettagliato, che metta in rapporto l’investimento pubblico con il ritorno reale in termini di sviluppo, occupazione e vitalità commerciale.
Senza questi elementi, il dato numerico rischia di essere un indice vuoto, più utile alla narrazione politica che alla comprensione della reale efficacia delle politiche di attrazione turistica.