Tutto quello che c’è da sapere sullo sciame sismico

Intervista al professor Marzocchi (Ingv)

23 Giugno 2009   13:21  

di Nicola Facciolini - TOra è il Gran Sasso al centro del mirino nel terremoto d’Abruzzo 2009. Intervista al professor Warner Marzocchi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: “Il pericolo è aumentato. La normalità tra una decina d’anni…L’Abruzzo e le regioni limitrofe sono ora le più pericolose perché i terremoti grandi tendono a clusterizzare nel tempo e nello spazio”. Tutto quello che c’è da sapere sulla sequenza sismica AD 2009 nell'Aquilano. Le verità scientifiche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Lo sciame sismico continua…Perché?

Ora è il Gran Sasso al centro del mirino nel terremoto d’Abruzzo. La Natura, alla luce delle nuove scosse apparentemente senza fine sul Gran Sasso (dunque, più “vicine” a Teramo) in questi giorni ci insegna a convivere mentalmente, psicologicamente, scientificamente e politicamente con il terremoto. L’Abruzzo è al centro del mirino. Ma gli allarmismi sono nocivi. Un fatto è certo: i “decisori” politici ora hanno il sacrosanto dovere di approntare immediati piani di emergenza e di messa in sicurezza totale di scuole, ospedali, centri nevralgici e strategici, edifici pubblici e privati. Perché d’ora in poi non ci sono più scuse e giustificazioni. L’inefficienza e il fallimento, non sono contemplati. La politica si aggiorni, se necessario. Da parte nostra, quale giornalisti scientifici, nel pieno rispetto delle regole, faremo sempre il nostro dovere di divulgatori e comunicatori nel solo ed esclusivo interesse della Comunità dei cittadini. Che devono conoscere la verità scientifica di ciò che accade: il terremoto è un fenomeno naturale. Le moderne tecnologie e conoscenze vanno chiaramente illustrate per creare sul territorio una sinergia di forze, capacità, relazioni interdisciplinari (anche di nuova concezione) tra i vari soggetti deputati alla ricerca scientifica, alla protezione civile, al volontariato, alla legislazione ed al governo delle città, senza sovrapposizioni e interferenze nelle competenze. Questa è la verità scientifica dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) sulla sequenza sismica dal 6 aprile 2009 nell’Aquilano. I nostri ricercatori e scienziati lavorano in Italia e in tutto il mondo sotto la costante e vigile “verifica” della comunità scientifica internazionale che applica il metodo galileiano. A loro volta, i nostri scienziati vengono chiamati in tutto il mondo per “verificare” il lavoro dei loro colleghi. Così lavora la scienza. Tutti sanno che il 6 Aprile 2009 alle ore 03:33 la zona di L’Aquila, città capoluogo della Regione Abruzzo, è stata colpita da un forte terremoto. La magnitudo della scossa principale è stata valutata sia come magnitudo Richter (Ml) 5.8 sia come magnitudo momento (Mw) 6.3. Gli scienziati osservano la continua naturale evoluzione della sequenza sismica con moltissime repliche localizzate dal personale Ingv, in turno H24, con i dati della Rete Sismica Nazionale integrati da ulteriori stazioni sismiche installate nell’area epicentrale subito dopo la scossa principale. Tre eventi di magnitudo superiore a 5, sono avvenuti il 6 aprile (Ml=5.8), il 7 aprile (Ml=5.3) e il 9 aprile (Ml=5.1). L’Ingv ha osservato che i terremoti di magnitudo Richter compresa tra M=3.5 e 5, sono stati in totale 35. Dall’esame dei segnali riconosciuti automaticamente alla stazione INGV-MedNet di L’Aquila, ubicata nei sotterranei del castello cinquecentesco, sono state conteggiate oltre 20mila scosse. Nell'Aquilano significative sono state le due scosse del giorno 14 maggio 2009. La più forte di magnitudo 3.8. Guarda caso della stessa intensità di quelle registrate il 22-23 giugno 2009. Secondo i rilievi dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia gli eventi sismici sono stati registrati alle ore 22:58 del 22 giugno con magnitudo 4.5 (a circa 14 Km di profondità) ed alle 10:35 del 23 giugno con magnitudo 3.5 Richter. Senza contare le numerose repliche fino a 3.8, tutte comunque “sopra” L’Aquila. Nel ringraziare sempre l’Ingv e il professor Warner Marzocchi per la cortese collaborazione, gli abbiamo chiesto di chiarire alcuni elementi di grande interesse per i cittadini.

Prof. Warner Marzocchi, alla luce delle recenti scosse sismiche del 22-23 giugno 2009 nel distretto del Gran Sasso, chiaramente avvertite a Teramo, cosa possiamo dire con certezza scientifica?

“In primis che non siamo in presenza di nessuna nuova faglia. Occorreranno mesi, forse pochi anni, per tornare alla normalità. Per ora posso dire che la sequenza è "normale", cioè che il terremoto della notte del 22 giugno è avvenuto dove ci si aspettava. Terremoti di tale  portata sono ampiamente possibili. Lunedì mattina, per esempio, abbiamo mandato una mappa di probabilità alla Protezione Civile: per tutta l'area era stimata una probabilità del 26% di avere un terremoto di magnitudo 4 o superiore. Quindi, nessuna nuova faglia. Ripeto: i terremoti grandi tendono a “clusterizzare” nel tempo e nello spazio. Ciò significa che l’Abruzzo (e regioni limitrofe)  sono quelle più pericolose ora. Non si possono dare  certezze se non che il pericolo è aumentato. Tornerà ai livelli “pre-6 aprile 2009” dopo una decina di anni circa. Se comunque avverrà una nuova forte scossa è molto poco probabile che sarà sotto L'Aquila. Il Gran Sasso è una delle zone  dove ci si aspettano aftershock più forti. Quindi, in questa prospettiva nulla di anomalo. Ciò non vuol dire che il pericolo è zero, perché come potete vedere 
dalla nostra pagina web: http://www.bo.ingv.it/~earthquake/ITALY/forecasting/M5.5+/, l’Abruzzo è diventata una delle aree più probabili per futuri terremoti forti (sopra la Ml 5.5). Il problema è che le probabilità non sono mai comunque molto alte, soprattutto se calcolate per la prossima settimana o mese. In sintesi, questi terremoti non dicono nulla di nuovo, perché avvenuti dove ci aspettavamo. Noi comunque monitoriamo con continuità per vedere se la situazione "degenera" o se comunque i  terremoti iniziano ad avvenire in zone inaspettate”.

Professor Marzocchi, qual è la distribuzione delle repliche?

“La distribuzione in pianta delle repliche evidenzia molto bene l’area interessata dalla sequenza sismica che si estende per oltre 30 km in direzione NO-SE, parallelamente all’asse della catena appenninica. La replica più forte, registrata alle 19:47 del 7 aprile, ha interessato il settore più meridionale dell'area, in prossimità dei centri di San Martino d'Ocre, Fossa, San Felice d'Ocre, dove erano state localizzate piccole scosse nella stessa giornata. L'evento del 9 aprile di Ml=5.1 è localizzato invece più a nord, lungo una struttura di più limitata estensione, sempre parallela alla catena appenninica. I terremoti della sequenza sono avvenuti principalmente nella crosta superiore, entro 10-12 km di profondità. Solo l'evento Ml=5.3 del 7 Aprile a SE di L'Aquila ha una profondità di circa 15 km. I dati raccolti finora (sismicità, GPS, SAR, geologia) concordano nell'identificare la struttura responsabile della scossa principale come una faglia con movimento diretto che si estende per circa 15 km in direzione NO-SE ed immersione SO e la cui estensione in superficie si localizza in corrispondenza della faglia di Paganica”.

Professor Marzocchi, cosa ha causato i maggiori danni all’epicentro del sisma?

“Il danneggiamento nella zona epicentrale è determinato, oltre che dalla grandezza del terremoto (e quindi dalla magnitudo) anche dalla direzione di propagazione della rottura e dalla geologia dei terreni. In particolare, i danni maggiori si osservano nella direzione verso cui si propaga la fagliazione (effetto di direttività della sorgente) e vengono amplificati nelle aree dove in superficie affiorano sedimenti  soffici, quali depositi alluvionali, terreni di riporto, ecc. Nel caso del terremoto di L'Aquila, la rottura associata all'evento del 6 aprile si è propagata dal basso verso l'alto (quindi verso la città di L'Aquila) e da nordovest a sudest, verso la Valle dell'Aterno”.

Professor Marzocchi, qualcuno all’Ingv ha previsto il terremoto del 6 Aprile 2009 in Abruzzo?

“No. Il terremoto dell'Abruzzo non è stato previsto da nessuno, né in Italia né in nessun altro Paese del mondo”.

Professor Marzocchi, cosa sta facendo e cosa ha fatto l'Ingv nel campo della previsione dei terremoti?

“L'Ingv ha fornito e sta fornendo con continuità previsioni probabilistiche di lungo e di breve termine. Con le previsioni probabilistiche di lungo-termine si possono identificare (e già lo si è fatto) le aree dove avverranno i grandi terremoti del futuro. Di particolare rilevanza in quest'ambito è la mappa di pericolosità elaborata dall’Ingv nel 2004 (http://zonesismiche.mi.ingv.it/), che fornisce lo scuotimento del terreno atteso nei prossimi 50 anni. Dalla mappa appare evidente che la zona colpita dal terremoto è quella dove ci si aspettavano alti valori di scuotimento del terreno. In generale, questo tipo di studi permette di definire opportuni criteri di costruzione antisimica (a tal proposito, se oggi tali procedure si seguissero alla lettera, la previsione dei terremoti sarebbe di scarsa utilità, poiché i crolli sarebbero minimi)”.

Professor Marzocchi, la città di L’Aquila era “compresa” tra le aree a rischio sulla base delle previsioni probabilistiche?

“Per quanto riguarda le previsioni probabilistiche di lungo termine dell'occorrenza dei grandi terremoti, dal 2005 esiste una pagina web (http://www.bo.ingv.it/~earthquake/ITALY/forecasting/M5.5+/) dove vengono fornite stime di probabilità di occorrenza di eventi con magnitudo 5.5 o maggiore in un intervallo di tempo di 10 anni. Essendo time-dependent, le mappe vengono aggiornate ogni 1° Gennaio e dopo ogni evento con magnitudo 5.5 o maggiore. Nella sezione RESULTS di tale pagina web si vede che la zona dove è avvenuto il terremoto aveva la sesta più alta probabilità su 61 zone (di cui 34 con probabilità non trascurabili). Se si guarda la densità spaziale di probabilità, la zona interessata aveva la seconda più alta densità di probabilità su una griglia con 51 nodi”.

Professor Marzocchi, cosa può dirci degli altri studi e ricerche sul terremoto di L’Aquila?

“Altri studi compiuti di recente sullo stesso argomento nell'ambito della convenzione 2004-2006 tra l’Ingv e il Dipartimento della Protezione Civile (Progetto “Valutazione del potenziale sismogenetico e probabilità dei forti terremoti in Italia”) hanno mostrato risultati analoghi. Anche questi studi, che hanno utilizzato modelli di occorrenza dei terremoti del tutto diversi da quelli utilizzati per gli studi appena descritti, hanno identificato l'area di L'Aquila come una di quelle a più alta probabilità di occorrenza di un terremoto distruttivo. La previsione a breve-termine permette di identificare le aree dove più probabilmente avverranno gli aftershock più forti, e con che probabilità essi avverranno. L'Ingv sta fornendo ogni giorno stime di questo tipo alla Protezione Civile. E' importante sottolineare che è la prima volta al mondo che ciò viene fatto durante una crisi.

I risultati presentati al recente convegno della European Geosciences Union in una sessione speciale dedicata al terremoto dell'Abruzzo, hanno riscosso un notevole successo. Un'altra iniziativa importante in cui l'Ingv è attualmente coinvolto è il progetto internazionale CSEP (Collaboratory Studies for Earthquake Predictability; pagine web: http://www.cseptesting.org, http://us.cseptesting.org , e http://eu.cseptesting.org). Il progetto nasce con lo scopo di definire un esperimento scientifico per la verifica e il confronto dei diversi modelli di previsione (probabilistica e deterministica) dei terremoti. Tali analisi e confronti sono effettuate in un centro (Testing Center) dove tutti i modelli vengono utilizzati per produrre previsioni indipendentemente dagli autori dei modelli stessi. Le previsioni sono “vere” previsioni, in quanto i dati utilizzati per il confronto sono i terremoti futuri dell’area investigata (il cosiddetto Natural Laboratory). I Natural Laboratories attivi finora sono la California, la Nuova Zelanda, l’Italia, il Giappone, il Pacifico Occidentale e il globo nel suo complesso”.

Professor Marzocchi, i ricercatori INGV hanno già presentato modelli di previsione probabilistica?

“E’ importante sottolineare che il confronto tra i modelli viene fatto NON in tempo reale. Per avere a disposizione i cataloghi ufficiali è necessario aspettare qualche settimana o pochi mesi. Ciò non è un problema per il CSEP poiché lo scopo dell’esperimento rimane scientifico. Alla fine del periodo di test (che di solito è di 5 anni), l’esperimento si concluderà con una “classifica” dei modelli che si sono comportati meglio nella propria classe di previsione. Di particolare interesse sarà anche il confronto tra le classifiche stilate per tutti i Natural Laboratories per vedere se sono sempre gli stessi modelli ad avere le capacità previsionali migliori. L'esperimento nel territorio italiano sarà condotto per diverse classi di previsione: 1) previsione giornaliera per terremoti di magnitudo superiore a 4 (quattro); 2) previsione trimestrale per eventi di magnitudo superiore a 5 (cinque); 3) previsione quinquennale per eventi di magnitudo superiore a 5 (cinque). I ricercatori Ingv hanno già presentato modelli di previsione probabilistica per la California, la Nuova Zelanda, il Pacifico Occidentale e il mondo (esperimenti già iniziati) e ovviamente saranno presenti anche per l'esperimento condotto in Italia che dovrebbe partire quest'estate”.

Prof. Marzocchi, ci sono stati “precursori” prima del terremoto grazie ai quali si poteva prevedere il sisma di L’Aquila?

“La risposta sintetica è NO. Si è discusso molto di due possibili precursori: 1) le emissioni di radon e 2) la sismicità definita da alcuni come "anomala" e quindi come un potenziale precursore. Per quanto riguarda il radon come precursore, un ottimo sunto della situazione è stato recentemente pubblicato dall’autorevole rivista Science in data 17 Aprile 2009 (News of the week; Earthquake prediction. After the quake, in search of Science - or even a good prediction; http://it.wikipedia.org/wiki/Giampaolo_Giuliani#L.27intervento_di_Science). La difficoltà maggiore nel valutare le affermazioni fatte sulle emissioni del radon come precursore al terremoto del 6 Aprile, sta nel fatto che non esiste nessun articolo scientifico in cui viene descritta anche sommariamente la metodologia usata e vengono presentati i dati. Gli unici due documenti disponibili sono il brevetto dello strumento e una cronistoria dell’intera vicenda”.

Professor Marzocchi, esiste correlazione statistica tra il radon e i terremoti?

“La correlazione statistica tra il radon e i terremoti, come riportata nei grafici, non esiste. Non c'è nessuna indicazione su come si stima l'epicentro e la magnitudo del terremoto. Questo punto è molto importante poiché ha poco senso prevedere terremoti piccoli. La cronistoria riporta molte affermazioni "forti", come quella relativa ad un esperimento di previsione dei terremoti giudicato come "riuscito perfettamente". Purtroppo, non c'è nessun dato o grafico che giustifichi questo entusiasmo. Nei documenti non c'è mai nessun grafico che mostri la variabilità dei picchi in un intervallo di tempo significativo (vengono mostrati dati solo per pochi giorni scelti ad hoc). L'impressione che si ricava dai pochi dati disponibili, è che la stragrande maggioranza delle variazioni siano compatibili con quelle tipiche di un processo casuale di Poisson (che caratterizza i decadimenti radioattivi). Dal punto di vista pratico, se si volessero utilizzare i picchi presenti sui grafici come precursori significherebbe essere quasi sempre in "allarme" (nel grafico riportato in calce al brevetto si vedono più di 15 picchi in un arco temporale di 3 giorni). Come corollario dell'ultima affermazione, si può anche dire che, essendo i picchi di radon molto frequenti, molti terremoti saranno anticipati da picchi. Questo però non vuole dire nulla: avviene semplicemente per caso. Sulla base dei documenti presentati non si può certo escludere che il radon possa essere (in futuro) utilizzato come precursore, o che prima del terremoto di L'Aquila ci sia stato effettivamente un picco. Tuttavia si può affermare che, così com'è descritto, il metodo proposto non ha nessun fondamento scientifico”.

Professor Marzocchi, esistono modelli che utilizzano tale sismicità pre-evento per delle previsioni "deterministiche"?

“Per quanto riguarda la sismicità, esistono modelli che utilizzano tale sismicità pre-evento per delle previsioni "deterministiche". Ad esempio, alcuni modelli interpretano un’accelerazione lineare – ovvero un aumento - della sismicità (o meglio del momento sismico rilasciato) come un precursore di un grande terremoto. A tutt'oggi, comunque, tali modelli non sono in grado di localizzare in anticipo l’epicentro, non forniscono percentuali di “falsi positivi” (o falsi allarmi) e, cosa ancora più importante, non c’è nessuna prova scientifica che confermi la loro capacità di previsione. Per ora, tali modelli possono essere visti solo come in fase molto sperimentale. Per quanto riguarda una previsione probabilistica, si può affermare in generale che l'occorrenza di un terremoto o di uno sciame sismico aumenta la probabilità di avere un terremoto di grande magnitudo. I modelli più utilizzati in ambito scientifico per calcolare la variazione di probabilità indotta da uno sciame sismico sono chiamati ETAS (Epidemic-Type Afteshock Sequence)”.

Professor Marzocchi, come funziona il modello ETAS per la previsione probabilistica dei terremoti in tempo reale?

“Il modello si basa sul fatto che ogni terremoto può generare altri terremoti seguendo regole predeterminate. Tale capacità è funzione della magnitudo e decade nello spazio e nel tempo con leggi di potenza (simili al decadimento spaziale co-sismico e la legge temporale di Omori); il modello stima delle probabilità e non fa delle previsioni "deterministiche"; il modello è usato proficuamente per descrivere le sequenze sismiche di aftershock  (come dice il nome stesso), perché, come mostrato in seguito, attribuisce raramente delle probabilità alte di occorrenza ai mainshock; il modello ETAS è uno dei pochissimi modelli che può essere usato in tempo reale per la previsione probabilistica dei terremoti e la sua affidabilità è stata verificata in diverse sequenze sismiche come quella di Landers (California) del 1992 e di Colfiorito (Umbria-Marche) del 1997. E’ utilizzato con successo anche nell’esperimento RELM in California (http://relm.cseptesting.org/); per ora, vengono generate previsioni probabilistica degli aftershock in tempo reale solo in Italia, California e Nuova Zelanda (tra i paesi ad alta sismicità).
La sua applicazione ci ha permesso di ottenere tutti i giorni la previsione probabilistica degli aftershock, quelle che vengono comunemente chiamate scosse di assestamento”.

Professor Marzocchi, avete calcolato l’aumento di probabilità sismica per L’Aquilano?

“Per quantificare l'aumento di probabilità dovuto allo sciame sismico iniziato a Gennaio 2009, è stata calcolata usando il modello ETAS la probabilità di un terremoto di magnitudo Ml 5.5 o maggiore nell'area epicentrale il giorno prima dell'evento (forecast del 5 Aprile 2009 ore 8:00 AM). Tale stima è riportata con la posizione del mainshock. In particolare, la probabilità per un terremoto di Ml 5.5 o maggiore per il 6 Aprile in tutta l’area considerata è 10-4 (0.01% se espresso in percentuale). Si può osservare che la probabilità è certamente aumentata rispetto a quanto si poteva stimare in Dicembre prima che lo sciame sismico del 2009 iniziasse, perché ogni terremoto aumenta la probabilità di eventi successivi (sia grandi che piccoli), ma il valore di probabilità per un evento di grande magnitudo rimane molto basso. Questa caratteristica è piuttosto comune per i modelli ETAS ed è la ragione per la quale non sono usati per "prevedere" i terremoti di grande energia, ma piuttosto per descrivere le sequenze di aftershock”.

Professor Marzocchi, come si spiega?

“Tornando al caso del terremoto del 6 Aprile in Abruzzo, se calcoliamo la probabilità settimanale si ha 7x10-4, o 0.07% se espresso in percentuale. A scopo di verifica è stato calcolata la stessa probabilità settimanale in altri modi; ad esempio, si sono prima contati gli eventi avvenuti la settimana prima (con Ml 1.5 o più grandi), e poi, da tale tasso di terremoti, si è calcolata la probabilità settimanale di avere un terremoto di magnitudo uguale o maggiore di 5.5 utilizzando la legge di Gutenberg-Richter. In tutti i casi, la probabilità settimanale non supera mai lo 0.4% (era 0.01% prima della crisi di inizio anno). Si rimarca inoltre che tali percentuali sono in linea con quanto ottenuto da altri ricercatori analizzando casi analoghi (sia in Italia che in Giappone, California e Nuova Zelanda). In pratica, anche se ogni terremoto aumenta la probabilità di avere terremoti di grande energia, la probabilità raggiunta prima del terremoto de L’Aquila era comunque bassa”.  

Professor Marzocchi, che cosa significa? Cosa possiamo sperare di “prevedere” in futuro?

“Che, se si interpreta un incremento di sismicità (e conseguentemente di probabilità) paragonabile a quello precedente l’evento principale del 6 Aprile come un segnale “precursore” di un terremoto, possiamo sperare di “prevedere” alcuni eventi di grande energia (non tutti i grandi terremoti sono anticipati da sciami sismici), ma ci si deve anche aspettare di osservare CENTINAIA di falsi allarmi. Infatti, se le probabilità settimanali sono dell'ordine di 0.1%, significa che ogni mille sciami sismici in media solo uno anticipa di una settimana o meno un grande terremoto”.

Professor Marzocchi, vi sono state previsioni sismiche “sincrone” al terremoto di L’Aquila ?

“Come esempio di falso allarme può essere ricordato lo sciame sismico di Bombay Beach in California meridionale (quindi vicino ad aree con alto potenziale sismogenetico), avvenuto in concomitanza con lo sciame dell'Abruzzo. La crisi di Bombay Beach (http://www.scsn.org/2009bombaybeach.html) è iniziata in Gennaio per concludersi con un aumento deciso di sismicità che ha portato ad un evento sismico di magnitudo 4.8. Successivamente la sismicità è tornata ai livelli pre-crisi. Ovviamente, i falsi allarmi sono davvero tanti, sia in Italia sia nel mondo. Quello di Bombay Beach ha la prerogativa di essere "sincrono" a quello dell'Abruzzo. Un recente esempio italiano che mostra caratteristiche simili allo sciame aquilano – almeno limitatamente a quello che è successo prima del 6 aprile - è quello del Mugello del Marzo 2008. Dopo circa un centinaio di scosse di magnitudo minori di 3.1, durate circa un mese e mezzo, è avvenuto un terremoto di magnitudo 4.4 (1° Marzo 2008) senza che poi sia seguita una scossa a magnitudo maggiore. Le stime riportate anche in questa nostra intervista, si basano sul modello ETAS. La scelta è obbligata in quanto non esistono, a tutt'oggi, altri modelli verificati sperimentalmente che stimano quantitativamente l'aumento di probabilità indotto da uno sciame sismico. Si ribadisce ulteriormente che il modello ETAS non fornisce prestazioni soddisfacenti  nella previsione probabilistica dei mainshock e il suo utilizzo principale rimane nella stima delle probabilità di occorrenza degli aftershock. Ciononostante, essendo uno dei pochi modelli che forniscono stime quantitative, queste possono servire da riferimento per future auspicabili quantificazioni più precise”.


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