"Un assalto mortale all'economia aquilana l'incorporazione della Carispaq all Bper"

Non venga tolto alla città un “simbolo del suo pensiero”

09 Aprile 2012   22:20  

<…L’impulso che le Casse (di risparmio) danno alle infime classi della società a versare in esse i loro giornalieri e piccoli risparmi: e con ciò, mentre si accostumavano alla frugalità, alla parsimonia ed alla temperanza, pervenivano ad un tempo ad avere un patrimonio di che giovarsi all’urto degl’infortuni e nei bisogni della vita>.

Queste le parole, pronunciate il 28 febbraio del 1860, dall’arcivescovo dell’Aquila Luigi Filippi, sollecitando appunto l’istituzione in città della Cassa di risparmio, rilevando <l’utile grandissimo che da questa istituzione deriva all’agricoltura,alle arti e al commercio>.

Su queste linee di operatività, a partire dal 23.3.1862, con l’elezione del primo presidente, il barone Francesco Ciampella, la Cassa di Risparmio dell’Aquila, diede inizio al suo instituibile impegno di motore dell’economia cittadina e provinciale, superando tutte le fasi politiche della fine del’Ottocento del Novecento del secolo scorso, compresi il periodo fascista e la ripresa notevolissima nell’era repubblicana /lungamente democristiana) fino ai nostri giorni.

Anzi no, fino al mese di febbraio scorso, quando la consociata Bper (Banca popolare dell’Emilia Romagna, secondo un suo piano industriale, unilateralmente ha annunciato l’incoporazione della Carispaq.

Una vera e propria spoliazione che contrasta con “le linee concordate di rafforzamento di Carispaq quale banca del territorio”.

Infatti, il piano della Bper, che sarò illustrato domani (bontà sua!) dall’amministratore delegato della popolare, Luigi Odorici, azzera il Cda e decentra in Emilia la direazione generale della Carispaq, non tenendo così fede ai patti parasolciali, a suo tempo sottoscritti (circa 10 anni or sono).

Va detto che, nel corso del secondo cinquantennio del secolo scorso, la Carispaq fu costretta a fronteggiare “assalti” non lievi da parte di altri istituti bancari abruzzesi che ne valutarono l’entità e la solidità.

L’affondo di domani, però, è certamente mortale per un ente che è “un simbolo” grandissimo dell’aquilanità “e di esso è organo del pensiero” di uno spicchio della nostra Patria fra i più illuminati, essendo L’Aquila la quinta città monumentale d’Italia.

Ne tenga conto l’amministratore delegato Odorici, poiché la città – oggi ferita profondamente – non potrà sopportare anche il doloroso azzeramento di 150 anni di storia della sua economia.

di Amedeo Esposito


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