Sanitopoli abruzzese. L'incidente probatorio si è concluso senza gli attesi spettacoli pirotecnici. In particolare non si è assistito alla scena da telefilm americano di un Vincenzo Angelini sudato e balbettante messo alle corde dalle domande perentorie e velenose degli avvocati difensori. Vengono archiviati anche i frizzi e i lazzi degli imputati, e lo spensierato clima da sagra che in certi istanti si è respirato al Palazzo di giustizia di Pescara. Siparietti senz'altro poco consoni alla gravità della situazione e ai capi di imputazione. Un ulteriore motivo di discredito per una regione che da qualche mese a questa parte si conquista la ribalta delle cronache nazionali solo per storie di corruzione, mala politica, per gli orsi avvelenati, per le discariche di rifiuti tossici e per fattacci di cronaca nera. Vincenzo Angelini, definito da qualcuno “Il grande elemosiniere” della sanità privata abruzzese, è uscito indenne dalle forche caudine dell’incidente probatorio. Agli occhi dei telespettatori a tratti ha giganteggiato addirittura come una povera vittima di politici avidi di mazzette, come un imprenditore pronto a tutto pur di salvare l’ azienda di famiglia, come l'uomo che ha coraggiosamente scoperchiato il pentolone in cui da anni ribolliva una nauseabonda zuppa di intrighi e malaffare.
A ricordarci che le cose non stanno esattamente così è l'opportuna ricostruzione a firma di Giuseppe Caporale e Carlo Bonini sul quotidiano La Repubblica. Vincenzo Angelini, ricordano i due giornalisti, “tra il 2002 e il 2006 ha sistematicamente truffato la Regione Abruzzo. Nelle sue cliniche i pazienti avevano tre vite e i moribondi almeno due. La giunta Del Turco finse di non vedere. Pagò crediti che sapeva non essere dovuti.” Le sue cliniche sono definite "laboratorio del mago Zurlì", dove il numero dei ricoveri e delle prestazioni miracolosamente raddoppiava come i pani e pesci del Vangelo. Qualche esempio: venivano auto-certificati 49 ricoveri in reparti dove i letti a disposizione erano solo 30; per ogni paziente venivano compilate anche quattro cartelle cliniche. E il tutto veniva poi impacchettato e consegnato alla Regione per ottenere rimborsi evidentemente non dovuti e illegittimi. Una pratica truffaldina, insomma, che ha prodotto un danno all’erario di decine e decine di milioni di euro. Il tutto sotto gli occhi della distratta Agenzia regionale sanitaria, che non vedeva, non capiva, non verificava. Con la compiacenza interessata di una classe politica traversale a partiti, ideologie e coalizioni, che con una mano prendeva, con l’altra brandiva la durlindana utile a tagliare sprechi, privilegi e loschi grumi di interesse.
Oggi è stata intanto depositata dal legale di Vito Domenici, ex-assessore alla sanita' nella giunta di centro destra, l'istanza di revoca degli arresti domiciliari firmata dall'avvocato Francesco Carli . Seguiranno le istanze di scarcerazione per gli altri inquisiti, a cominciare da Ottaviano Del Turco, Lamberto Quarta e Camillo Cesarone, essendo venute meno le esigenze, sosteranno i legali, che giustificano gli arresti domiciliari o gli obblighi di dimora. Gli avvocati, concluse le indagini, sceglieranno poi con ogni probabilità il rito alternativo, che consentirà ai loro illustri assisiti di ottenere un consistente sconto di pena. L’alternativa potrebbe essere il patteggiamento che prevede lo sconto di un terzo della pena, ma che presuppone l’ammissione di una colpa o una confessione. Un pò troppo forse, per ex-protagonisti della politica regionale e nazionale, che legittimante faranno di tutto per dimostrare la loro innocenza e l’infondatezza delle accuse di Angelini.
Ai cittadini abruzzesi resta intanto sul groppone un sistema sanitario allo sfascio, con un deficit di 296 milioni e un debito complessivo pari a oltre un miliardo di euro.
Giova a tal proposito ricordare qualche numero: la sanità costa in Abruzzo quasi 2 miliardi e mezzo di euro l’anno, pari all’85% del bilancio. Il disavanzo, ovvero la spesa non coperta dalle entrate e che accumulandosi di anno in anno fa aumentare il debito, è esploso a cominciare dal 2001 e sotto il governo di centrodestra di Giovanni Pace e dell’assessore Dominici è arrivato a sfiorare i 470 milioni di euro. Poi in virtù del piano di rientro sottoscritto con il governo, nel 2007 è sceso a 110 milioni. Fare debiti significa entrare nella spirale dei prestiti e delle cartolarizzazioni. Le tasse ingenti pagate da cittadini e imprese sono in buona parte serviti per pagare gli interessi alle banche che hanno cartolarizzato i debiti, ovvero hanno anticipato i soldi per pagare i fornitori delle Asl, che non avevano al momento liquidità. Soldi che dovremo restituire nei prossimi anni, con salati interessi del 30- 40%. Per di più le cartolarizzazioni, sostiene la procura di Pescara, sarebbero state gonfiate di svarariati milioni di euro utili a placare gli appettiti del sodalizio politico-imprenditoriale finito sotto inchiesta. La famosa "cresta finanziaria" inventata dal conte di Cavour Giancarlo Masciarelli , come lo definisce l'ex-complice Angelini. Causa del disavanzo anche la scelta adottata per anni di utilizzare i soldi della sanità per altri capitoli di spesa, a volte per nobili scopi, per finanziare leggi giuste o atti ammistrativi urgenti e improrogabili ma senza copertura, altre volte per soddisfare le clientele, per elargire prebende a pioggia in campagna elettorale, per foraggiare una gigantesca macchina amministrativa ridondante ed inefficente.
Il ciclone di Sanitopoli si è abbattuto sulla giunta regionale proprio mentre questa era impegnata, tra mille difficoltà, a portare avanti il Piano di rientro del debito pattuito con il Governo e che dovrebbe consentire il pareggio di bilancio entro il 2009. Un piano che la nostra regione, nonostante gli sforzi, non è riuscito a rispettare. Da qui l’arrivo del commissario ad acta Gino Redigolo, 64 anni, ex-democristiano di Treviso, che in materia sanitaria si è fatto le ossa come commissario in una terra di frontiera come la Asl di Reggio Calabria, sciolta per infiltrazioni mafiose. Redigolo avrà pressochè carta bianca per raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio entro i tempi previsti dal Piano di rientro. Il suo mandato, almeno sulla carta, è quello di procedere, incurante delle resistenze delle lobby e delle barricate di dipendenti, utenti e comunità locali, a chiudere reparti, ridimensionare i piccoli ospedali, ad abbattere le spesa farmaceutica, a decurtare rimborsi e convenzioni alle cliniche private, a ridurre il personale e probabilmente il numero delle Asl. Promette altresì di cacciare la politica dalla sanità, e se ci riuscisse passerebbe davvero alla storia. A complicare le cose, la riduzione del gettito fiscale regionale di ben 80 milioni di euro. E il federalismo fiscale, che secondo la ricerca del Centro Studi Sintesi, sarà pagato dalla nostra regione con un taglio di 213 milioni di trasferimenti statali e ciò avrà pesanti ripercussioni anche sulla già indebitatissima sanità. Il commissario promette che l’opera di risanamento non inciderà sul diritto alla salute e sulla qualità delle prestazioni. Ma è davvero difficile credergli.
FT