Un futuro da ricostruire

di Stefano Torelli

01 Ottobre 2009   12:29  

Leggiamo sul  blog di Miss Kappa e pubblichiamo i commenti di un Aquilano, Stefano Torelli, giornalista indipendente.

“L’Abruzzo si risveglia incredulo”… “c’è un Presidente sempre presente”… In rete gira ultimamente un video realizzato dal Comitato “Silvio per il Nobel” e recita queste parole. Il Nobel in questione è quello per la Pace e Silvio è il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi. La motivazione è esplicitata dal testo della canzone e dalle immagini di sottofondo: Berlusconi che passeggia per le rovine dell’Aquila con Barack Obama e Angela Merkel; Berlusconi che stringe le mani dei Vigili del Fuoco e degli uomini della Protezione Civile all’Aquila; Berlusconi che consegna le prime case di legno agli abitanti del paese di Onna. Ed in effetti un certo Abruzzo si è davvero risvegliato incredulo di fronte al video di cui stiamo parlando. Così come non si può negare che il Presidente sia sempre presente, come dimostrato anche ieri durante una nuova visita alla città dell’Aquila, in cui il capo del governo ha consegnato i primi 400 appartamenti del piano C.A.S.E. ad altrettante famiglie.
Invito ancora una volta a riflettere su cosa si sta consumando all’Aquila e su quali siano i toni che vengono usati e le immagini a cui si ricorre. L’idea, certo bizzarra e sicuramente non partita direttamente dal Presidente del Consiglio, di un Premio Nobel per la Pace per i “meriti” avuti nella ricostruzione post-terremoto, lascia quantomeno interdetti. Come se all’Aquila si fosse consumata una sanguinosa guerra e qualcuno fosse venuto a riportare la pace e la tranquillità. Come se la passerella degli otto“grandi” della Terra tenutasi a luglio nel capoluogo abruzzese fosse stata l’occasione della firma di un armistizio. L’Aquila come Sarajevo. L’Aquila come Versailles nel 1919. L’Aquila simbolo di pace e futuro roseo. La realtà dei fatti continuamente travisata, anzi di più, volutamente distorta per produrre, a lungo andare, un’immagine di una città ormai adottata dal Presidente del Consiglio. Un Presidente del Consiglio che, pian piano, ricuce tutte le ferite e riporta la situaizone alla normalità. A tal punto da convincere anche alcuni aquilani del fatto che “tutto va bene” o, perlomeno, che “di più non si poteva fare”. Ed ecco che in un tale clima ogni critica, ogni smorfia di disappunto, qualsiasi segno di opposizione ad una politica di disgregazione del territorio ed estremamente accentratrice diventa quasi una bestemmia. Di fronte alla pace non si può fare critica alcuna.
La storia del video che propone il Nobel per il Presidente del Consiglio e le considerazioni appena fatte sono emblematiche di quanto sta accadendo nella L’Aquila del post 6 aprile. E di nuovo dobbiamo interrogarci non tanto sulle scelte singole di questo o quel governo, ma sul modo di fare politica che si sta imponendo in questo Paese. Un’Italia ormai divisa in due, in cui non pare esservi spazio per nulla di condiviso, che si tratti di una ricorrenza nazionale, della carta istitutiva dello Stato stesso, fino alla questione di Cassano in nazionale. Tutto è “politica”. Tutto ha un colore. Tutto sta o a destra o a sinistra e non c’è tempo da perdere in dichiarazioni, azioni o semplicemente pensieri che siano trasversali. Pena l’accusa di tradimento (proveniente da una parte o dall’altra, a seconda di chi si allinea con chi).
Ieri, mentre si celebrava la consegna degli appartamenti (che, è bene sottolinearlo, non saranno subito abitati da tutti i destinatari, ma ci vorrà ancora del tempo perché ciò avvenga), un’altra parte della città dell’Aquila manifestava contro alcune scelte prese sul proprio territorio. La manifestazione si concludeva, significativamente, nell’ormai famosa (ex) tendopoli di Piazza d’Armi, quella smantellata dalla Protezione Civile il 4 settembre, ma dove in realtà ancora vivono una trentina di sfollati. La manifestazione terminava lì perché quello è il simbolo della verità non raccontata. Cumuli di spazzatura, servizi non più garantiti (cibo, acqua calda, pulizia dei servizi igienici…) e trenta persone abbandonate. Abbandonate dalla Protezione Civile che, dopo aver smantellato il campo, dichiara di non averne più la responsabilità; abbandonate dagli enti locali (in una città governata dal Pd, sia ben chiaro) che ancora non si sono fatti vedere. Abbandonate dallo Stato, i cui rappresentanti preferiscono andare a consegnare le case già costruite a famiglie contente di poter riavere un tetto, piuttosto che andare a vedere la miseria ed il degrado che ancora sono presenti in alcune parti della città. In questo clima, raccontare queste cose, che pur esistono e chi scrive ha visto con i propri occhi, può diventare un pericoloso atto sovversivo. I media domani parleranno della case consegnate e degli applausi ricevuti dal Presidente del Consiglio. Noi preferiamo parlare di altre realtà e ragionare su quali dinamiche siano in corso.
Benvenuti all’Aquila. Dove un terremoto è stato assurto ad una guerra. Per permettere a chi “ricostruisce” di vantarsi di aver portato la pace. Per permettere di far sì che solo alcuni giornalisti, quelli “embedded”, possano raccontare l’unica verità che deve essere raccontata. Per permettere di poter additare i cittadini che criticano alcune scelte compiute sulla loro pelle come “disfattisti” e “anti-italiani”. L’abbiamo già detto e lo ribadiamo: c’è un Paese intero ed un futuro da ricostruire, non soltanto una città.

Stefano Torelli

 

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