Università L'Aquila, gruppo di docenti critica composizione nuovo Cda

01 Agosto 2012   20:54  

"Il nuovo Senato Accademico ha designato, nella sua prima seduta, i componenti interni ed esterni del Consiglio di Amministrazione. Tale designazione, tuttavia, ha portato a una spaccatura in seno al Senato medesimo, mostrando che nel nostro Ateneo si confrontano visioni diverse e distanti, nel merito e nel metodo, di cosa può essere l’Università dell’Aquila. Questa constatazione è un importante punto di partenza per aprire un dibattito che dovrà coinvolgere l’Ateneo tutto e che non può rimanere al chiuso delle riunioni degli organi. Organi che sono stati rinnovati e che dovranno accompagnare il nuovo mandato rettorale". E' quanto scrive in una lettera un gruppo di docenti dell'Università dell'Aquila, tutti componenti del Senato Accademico. I firmatari sono Antonio Arcadi, Edoardo Alesse, Giuseppe Celenza, Alessandro D’Innocenzo, Norberto Gavioli, Roberto Giacomelli, Simone Gozzano, Paola Inverardi, Michele Maccherini, Antonio Mecozzi e Alfio Signorelli

"Che cosa è successo nella prima riunione del nuovo SA? Partiamo dal merito per poi discutere il metodo, premessa la piena stima nei confronti di coloro che, esterni ed interni all’Ateneo, sono stati nominati membri del CDA, la motivazione principale che è stata addotta dal Rettore e dai membri di Senato favorevoli alla proposta finale è stata quella di costruire un Consiglio di Amministrazione 'tecnico', intendendo con ciò un profilo amministrativo-contabile. Da parte nostra viceversa, abbiamo sottolineato che il ruolo del Consiglio di Amministrazione, nella legge 240 e nel nostro Statuto, è primariamente di indirizzo strategico, quindi programmatico e non meramente tecnico-contabile. Abbiamo anche evidenziato - scrivono ancora nella lettera - che la legge 240, nel dare al Consiglio di Amministrazione il ruolo di indirizzo strategico che prima era appannaggio del SA, ha voluto rendere esplicito ciò che di fatto negli anni si era già determinato con i crescenti tagli finanziari operati dal Ministero della Economia nei confronti dei Fondi di Funzionamento Ordinario, ossia il binomio inscindibile programmazione-risorse.

La capacità di programmazione degli Atenei è andata via via diminuendo per effetto non di riforme strutturali come la 240 che viene ben ultima, ma di un lungo e continuo processo di ridimensionamento finanziario e di spesa degli Atenei. Per questo motivo, ritenevamo che la scelta degli esterni fosse una occasione, appunto, per aprirci all’esterno, rivolgendoci a potenziali stakeholder (portatori di interesse) locali e nazionali nella direzione di creare relazioni e legami che pure mostrando radici locali guardassero al di là dei nostri naturali confini. Solo in parte questa impostazione è stata condivisa ed è questo il motivo del nostro voto contrario sui due esterni.

Analogamente per gli interni abbiamo rilevato che sarebbe stato importante che l’aspetto della ricerca, anche di base, fosse ben rappresentato e che i docenti scelti, nel limite imposto dal numero, potessero riflettere quella pluralità di interessi scientifici che è presente nel nostro Ateneo, a rappresentare aree caratterizzanti la nostra offerta didattica e di ricerca.

Purtroppo - spiegano i docenti - ci siamo trovati di fronte a scelte preconfezionate con nessuna possibilità di discussione e dove le motivazioni della scelta andavano dalla giustificazione tecnica a quella per categorie a quella di genere. Tutti argomenti singolarmente anche condivisibili ma che non possono essere considerati criteri prioritari per la scelta importantissima dei membri del Consiglio di Amministrazione.

Anche per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo non c’è stata alcuna possibilità di discutere le proposte del Rettore. A fronte di una dichiarata equivalenza dei profili non si è lasciato alcuno spazio per valutare elementi diversi da quelli proposti che potevano apportare competenze ed esperienze utili. La motivazione ultima del Rettore è stata che i nomi proposti erano stati 'scelti' dai rappresentanti del personale in SA e quindi non discutibili.

Questo per quanto riguarda il merito, veniamo infine al metodo.

Come era già accaduto in fase di prima approvazione dello Statuto, il Rettore ha ritenuto di dover interpretare il ruolo che lo Statuto gli attribuisce, consentendogli una estensione del mandato rettorale per fare transitare l’Ateneo nella nuova organizzazione imposta dalla Legge 240, in modo eccentrico rispetto alla interpretazione naturale delle cose.

Così facendo - continua la lettera - ha condotto l’Ateneo ad esprimere il parere sui membri esterni con 11 voti contrari, 3 astenuti e 13 favorevoli ed il parere sui membri interni con 11 voti contrari e 16 a favore, con il risultato di costituire un CdA rispetto al quale 4 Direttori di Dipartimento su 7 e 7 rappresentanti d’area e di categoria su 13 hanno espresso un voto contrario.

Il Rettore, infine, ha interpretato la norma dello statuto, che prevede di ripetere la votazione per tre volte se non si raggiunge un consenso di 3/5 sulla cinquina proposta dal Rettore, come un esercizio ginnico da somministrare in rapida successione ai membri del SA e non come un esercizio di democrazia che doveva essere condotto dal Rettore per garantire il più ampio consenso possibile al nuovo CdA.

Solo dopo varie richieste a valle della prima votazione il Rettore ha concesso 4 ore di pausa, precisando che avrebbe accettato di discutere altre cinquine solo se qualche senatore che aveva espresso parere favorevole avesse cambiato idea, cosa che ovviamente non era possibile.

E’ evidente che se una norma prevede tre votazioni con maggioranza qualificata e le successive con maggioranza semplice, lo spirito della norma è sempre quello di cercare un ampio consenso. In questi casi, le votazioni successive dovrebbero sempre svolgersi almeno in giorni diversi per dare il tempo perché si costituisca un consenso su soluzioni alternative. Altrimenti, la norma in questione è del tutto equivalente ad una che preveda una maggioranza semplice alla prima votazione. D’altro canto questo è quello che accade quando si elegge il Presidente della Repubblica per la cui elezione la Costituzione (art. 83) prevede che abbia luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Nessun presidente della assemblea, avendo un candidato ricevuto la maggioranza assoluta ma non qualificata al primo scrutinio, si sognerebbe di fare tre votazioni consecutive lo stesso giorno perché il candidato passi alla quarta.

Noi sottoscritti 11 professori e ricercatori riteniamo che sia possibile lavorare per costruire il futuro di questo Ateneo in modo unitario e democratico. L’Ateneo che immaginiamo è un Ateneo che abbia il coraggio di analizzare le proprie condizioni e sia di conseguenza in grado di costruire strategie di crescita e sviluppo ricercando e valorizzando le relazioni nazionali ed internazionali.

L’Ateneo che immaginiamo e’ un luogo di lavoro rispettoso della dignità personale e delle professionalità, dove tutti i lavoratori si sentano adeguatamente rappresentati e valorizzati. L’Ateneo che immaginiamo è un Ateneo che sappia offrire ai nostri studenti una didattica di qualità distintiva sul piano nazionale e una dimensione internazionale che permetta loro di competere sul mercato del lavoro globale.

Un Ateneo che sappia attrarre gli interessi dei nostri studenti e stimolare le loro curiosità, con gruppi di ricerca e progetti di ricerca innovativi e competitivi. L’Ateneo che vogliamo concorrere a costruire è un luogo di cultura aperto, dove si deve poter esercitare una dialettica anche aspra ma sempre tesa a ricercare una sintesi che permetta a tutti di spostare in avanti il confine delle proprie conoscenze, ambizioni e aspettative. Noi - concludono i docenti - ci impegniamo in questo mandato a lavorare in questa direzione apertamente e lealmente, ricercando il più ampio consenso all’interno ed all’esterno del SA".


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