Dibattito serrato e nervosetto all'interno del centro sinistra, ancora in cerca dell'energia necessaria per reagire al terremoto estivo e per affrontare una campagna elettorale tutta in salita. La sinistra è nel frattempo ancora energicamente incartata sul nodo delle alleanze; ci si divide, trasversalmente, su due ipotesi: andare uniti con un listone oppure in ordine sparso con i singoli simboli di partito. Quindi una lista di Rifondazione, così come una lista per il Pdci, una per Sinistra democratica ed una per i Verdi. E non è solo una questione di tattica ma anche di strategia.
La segreteria regionale di Rifondazione Comunista, riunitasi nei giorni scorsi, è tornata sulla questione morale, rispolverata puntualmente anche dal Pd nazionale dopo la bufera giudiziaria. Dunque liste di candidati "pulite", senza indagati ed un programma condiviso.
In casa Pd la presidente regionale Stefania Pezzopane ha rilanciato l'idea delle primarie, ma ha trovato orecchie attente solo nei decratici pescaresi. I tempi non sembrano favorire la volontà di svolgere primarie per per il candidato presidente e per i candidati consiglieri, mancano infatti una cinquantina di giorni alla presentazioni delle liste.
Ci sono poi da vedere le scelte in merito ai candidati per le primarie, riservate sempre alle dirigenze di partito. E qui torna in mente la ferrea legge delle oligarchie del sociologo Roberto Michels: "tutti i partiti politici si evolvono da una struttura democratica aperta alla base, in una struttura dominata da una oligarchia, ovvero da un numero ristretto di dirigenti. Questo deriva dalla necessità di specializzazione, che fa sì che un partito si strutturi in modo burocratico, creando dei capi sempre più svincolati dal controllo dei militanti di base. Con il tempo, chi occupa cariche dirigenti si "imborghesisce", allontanandosi dalla base e diventando un'élite compatta dotata di spirito di corpo". Il rischio insomma è che la partita delle primarie diventi una semplice formalità giocata a tavolino in cui gli elettori siano chiamati a ratificare a scegliere esponenti già scelti dai vertici in base loro serbatoio notevole di voti.
Voce fuori dal coro, come ai tempi dei Ds, quella di Antonella Bosco, ex-consigliera regionale Pd, che chiede al suo partito di decidere "tra la politica e la clientela".
La sua capacità di dire cose serie serenamente, mettendo sempre un pizzico di saggezza nel torpore politico-istituzionale regionale, l'ha resa voce autorevole all'interno dell'Emiciclo e del suo partito. Ed è stata lapidaria nel definire il rapporto fra politica ed affari: "E’ importante capire se e quanto la politica e la clientela debbano coincidere. A mio avviso per niente".
E parole come quelle espresse nei confronti della scelta dei candidati, che vanno fatte "sulla base delle competenze, della serietà, onestà, di uno spiccato senso istituzionale", dette da lei assumono tutt'altro significato, rispetto alla retorica che c'è in giro. Perchè, abbiamo imparato che la retorica è sorella dell'ipocrisia.
Filippo Tronca
Marco Signori