Boschi, Bertolaso, l'allarme negato e 307 morti

Inchiesta dell'Espresso

22 Dicembre 2009   18:32  

Pubblichiamo parte dell'inchiesta a firma di Primo De Nicola, uscita sull'Espresso, destinata ad incendiare le polemiche, e forse a riscrivere gli eventi precedenti la catastrofe annunciata del 6 aprile 2009 a L'Aquila.

- L'allarme negato, volano le accuse -

di Primo Di Nicola

L'accusa è terribile: noi ve lo avevamo detto. La risposta sdegnata: non è vero e sono pronto a rivolgermi alla magistratura. È polemica tra il capo della Protezione civile Guido Bertolaso e il professore Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). Tra i due da tempo non corre buon sangue. E non a caso Bertolaso ha cercato di smembrare l'Ingv togliendogli l'attività di monitoraggio dei terremoti per trasferirla al suo dipartimento: proposito rientrato per la mobilitazione che c'è stata contro il progetto. A scatenare lo scontro stavolta non è però la sorte dell'Ingv, ma il terremoto dell'Aquila e quello che si poteva fare e non si è fatto per salvare vite umane. Problemi su cui sta indagando la magistratura. Alla base della querelle, un duro scambio di lettere tra Boschi e Bertolaso.

Nella prima (LEGGI), del 16 settembre scorso, Boschi scrive a Bertolaso e ad altri che è ora di fare chiarezza: il 6 aprile, subito dopo il terremoto, Bertolaso ha dichiarato che «in una conferenza stampa Boschi ha stabilito che non era prevedibile alcuna situazione di terremoto più violenta di quelle che si erano registrate». Non è vero, giura Boschi: «Il fatto che io possa avere escluso forti scosse in Abruzzo è assurdo». Dunque, «qualcuno ha mentito». Già nel 2004, aggiunge Boschi, l'Ingv ha prodotto una mappa sui rischi sismici e l'Abruzzo vi appare come una delle regioni a maggiore pericolosità, mentre nel 2007 ha consegnato alla Protezione civile il rapporto sui "terremoti probabili" in cui si spiega che la «probabilità massima di accadimento di un forte terremoto è in un segmento appenninico contenente l'Aquila». Il 17 febbraio 2009, infine, l'Ingv ha inviato «all'Ufficio sismico della Protezione civile un comunicato sulla sequenza in atto che non può essere certo considerato tranquillizzante».
Cosa ha fatto la Protezione civile? Niente, lamenta Boschi.
Fatto grave poi secondo Boschi è quanto accaduto intorno alla riunione della Commissione grandi rischi svoltasi a L'Aquila il 31 marzo dopo una scossa di magnitudo 4, riunione «del tutto irrituale» conclusa senza stilare un verbale. In quella circostanza, ricorda Boschi, «non si è discusso minimamente sulle azioni da intraprendere» nonostante «l'altissima pericolosità sismica» dell'Abruzzo. Il 6 aprile, dopo la grande scossa, ecco invece il "giallo" del verbale della riunione. La Commissione viene riconvocata a l'Aquila, ricorda il presidente dell'Ingv, e Mauro Dolce, capo dell'Ufficio sismico del dipartimento, «mi mostra un testo che riporta in maniera confusa cose dette nella riunione del 31 marzo». Qualcuno «corregge il testo alla meno peggio e Dolce ce lo fa firmare per "ragioni interne"», salvo poi vederlo pubblicato sui giornali. Soprattutto dopo avere scoperto che il 30 marzo e il 1° aprile «dalla Protezione civile sono stati diramati due comunicati (recanti anche il mio nome) "tranquillizzanti" di cui non sapevo niente».

Al vetriolo la risposta di Bertolaso (LEGGI), che ricorda il comunicato dell'Ingv del 17 febbraio nel quale si affermava che negli ultimi anni la zona non è stata interessata da forti scosse. Ciononostante, accusa il capo della Protezione civile, Boschi «sembra solo oggi affermare che tale comunicazione doveva spingere all'adozione di immediate contromisure. Si guarda bene dal definire i provvedimenti che sarebbero stati auspicabili». Quanto alla riunione, è stata fatta una verbalizzazione poi sottoposta alla firma di tutti, compreso Boschi che, «fino ad oggi, non ha mai sollevato obiezioni». Solo 6 mesi dopo ripropone la vicenda della firma «quasi che gli sia stata estorta». Questo «suona come un tentativo tardivo di esonero dalla propria responsabilità», conclude Bertolaso. Che, quanto alle accuse «sulla confusione e la mendicità delle notizie diffuse dal dipartimento prima, durante e dopo il sisma», minaccia di ricorrere in tribunale.



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