Il 17 Aprile Vai a Votare. Le Ragioni del SI e del NO

15 Aprile 2016   12:28  

Il 17 di aprile ci recheremo alle urne per il tanto pubblicizzato referendum abrogativo circa le trivellazioni in mare. Intorno al esso infuria oramai da mesi una lotta tra i due fronti, dove ognuno cerca di propugnare le proprie ragioni, a vario titolo, in vario modo, su vari palcoscenici.

Proverò a fare ordine, incominciando con una precisazione: il referendum non riguarda anche altre concessione estrattive, è ristretto esclusivamente alle operazione marine ed entro le 12 miglia nautiche (corrispondenti a poco più di 22 km).

Una vittoria del Sì; quindi, non porrà termine alle trivellazioni, ma semplicemente impedirà il rinnovo delle concessioni alla loro scadenza naturale.
Appaiono già evidenti alcune ragioni del No.

In sostanza si afferma che non solo non cambierebbe nulla nell’immediato, ma che nel medio periodo genererebbe gravi ripercussioni di carattere economico. Tali ripercussioni si concretizzerebbero, nello specifico, nella perdita di posti di lavoro e di introiti statali, visto che le compagnie sono tenute a versare una percentuale sull’estratto, nonché nel mancato sfruttamento di risorse naturali interne.

Il Sì ribatte che la perdita di posti di lavoro avverrebbe in misura maggiore nel settore turistico, a causa dell’inquinamento delle spiagge, che le risorse estratte vengono portate per la maggior parte nel mercato estero e solo una minima parte è destinata al fabbisogno interno. Affermano inoltre che i proventi sono una voce infinitesimale rispetto alla perdita delle imposte causata dai mancati guadagni del commercio.

I dati, valore che dovrebbe essere oggettivo, non aiutano: ogni comitato fornisce indici a suo favore, citando sempre fonti istituzionali, ma scegliendo con perizia cosa presentare all’opinione pubblica.

L’interpretazione circa il referendum vive, quindi, di opinioni personali e fare un’analisi oggettiva utopia. Con onestà intellettuale espongo quella che è una mia impressione.

La vittoria del Sì non solo non cambierebbe la situazione del breve e medio periodo, ma non impedirebbe neanche proroghe alle concessioni (da cui l’inutilità del Sì); d’altra parte una vittoria del Sì lascerebbe comunque la libertà di scelta, visto che la vigente normativa afferma che il termine delle attività avviene solo e soltanto all’esaurimento del giacimento, non imponendo controlli o revisioni, se non di carattere economico e amministrativo sulle concessioni stesse.

Il Sì vorrebbe salvaguardare una piccola libertà, in fondo, ma pure sempre una libertà.

E poi c’è tutto il resto.

Tutto il resto è il contorno politico, quello politico mascherato da apolitico, quello a favore del Sì mosso da interessi politici, quello a favore del No mosso da interessi politici.

Si parla continuamente del referendum, ma ben pochi ne illustrano i termini, focalizzando la “battaglia” esclusivamente su singole tematiche, alcune delle quali molto marginali rispetto al referendum stesso. Il referendum si è trasformato, per molti, solo nell’ennesimo terreno di scontro, finalizzato alla solita “verifica dei poteri”.

Eppure, nonostante tutto, il 17 aprile saremo chiamati alle urne.

Al di là delle scelte individuali esiste una scelta di educazione civica: andare a votare, esprimere il proprio parere, uscendo fuori dal costume che spesso impone leggi o modifiche non sulla base della loro utilità, ma per mero scontro politico, attraverso decreti legge o, peggio ancora, voti di fiducia.

Il quorum è la dimensione di quanto una nazione sia partecipe della propria vita.
Andare a votare: questa sarà un vittoria indiscutibile.

Massimiliano Laurenzi
Twitter: @max_laurenzi


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