Vinitaly: una kermesse che sa un pò d'aceto...

Molti produttori non ci saranno

31 Marzo 2010   14:13  

L'Abruzzo come ogni anno e come ogni regione italiana parteciperà al Vinitaly di Verona. 
Già, ma cos'è il Vinitaly? E' davvero quella straordinaria e ineludibile vetrina dei vini italiani che dice di essere, attraverso i trionfalistici dispacci d'agenzia diramati dagli uffici stampa?

Il dubbio è esercitato da  un numero sempre più alto di addetti ai lavori. Tra loro Maurizio Gily, direttore del mensile MilleVigne che dal sito del periodico dei viticoltori italiani, ha lanciato un sondaggio diretto alle aziende del vino e dal quale risulta che molte di loro quest'anno hanno deciso di non andare a Vinitaly per i seguenti motivi:

''Costa troppo. In questi momenti dobbiamo risparmiare il più possibile''
''E' inutile. Incontro i miei clienti e importatori tutto l'anno.''
''Non vale la pena. Ci sono stato, e ho concluso poco o nulla.''
''E' diventata una fiera caotica e disorganizzata. Impossibile lavorare!''
''Le fiere non servono. Per far conoscere i propri vini sono più utili cene e degustazioni.''

Assenti giustificati, insomma, come spiega poi Maurizio Gily, in questo interessante articolo:

VINITALY 2010: GLI ASSENTI GIUSTIFICATI

I "piccoli"

"Il Vinitaly  - spiega Marco Rabino di Montaldo Scarampi - ha rappresentato per me una conquista, come essere entrato nell'olimpo dei grandi, il fatto di poter dire con orgoglio: io c'ero! Ho iniziato a partecipare al Vinitaly nel 2001, negli spazi della provincia di Asti e nelle edizioni 2003 e 2004 con tre  amici produttori, quest'ultima esperienza ancora più impegnativa in quanto abbiamo realizzato lo stand e provveduto al trasporto e all'allestimento. Avevo riposto nell'evento veronese molte aspettative, ma mi sono reso conto che il Vinitaly va preparato, bisogna cercarsi gli appuntamenti, creare se possibile un evento seppur piccolo, invece io, come buona parte delle piccole aziende, eravamo ad aspettare che qualche importatore ci facesse visita e magari "staccasse" un ordine importante.

L'aspetto positivo è stata la possibilità di confronto con altre realtà vicine, ma anche di altre regioni e allacciare rapporti anche umani che durano tutt'ora. Hanno determinato il mio abbandono i costi veramente troppo alti per un'azienda viticola di cinque ettari, io sono rimasto ad un costo del plateatico di 162 €/mq più tutto il resto riguardante l'allestimento, il soggiorno a Verona e altro; il non essere un gruppo compatto, il Piemonte è un po' dappertutto  e il non essere supportato adeguatamente dalle istituzioni. In ultimo come ho già detto il non essere in grado per carenza di tempo di preparare l'evento e di seguirlo anche dopo il suo termine. E' anche vero che il vignaiolo spesso non dà la giusta attenzione alla comunicazione. Se è normale avere l'agronomo e l'enologo dovrà essere anche altrettanto importante la figura del comunicatore, colui che in buona fine fa "coccodè" come direbbe il buon Oscar Farinetti".

"L'anno scorso abbiamo partecipato - riferisce Silvia Beccaria di Ozzano Monferrato -  però non abbiamo ottenuto i risultati sperati. Non che pensassi di fare chissà cosa, visto che la concorrenza è enorme ed era la prima volta che partecipavamo con un nostro stand. Certo Vinitaly è una vetrina, ma soprattutto per chi già è una realtà consolidata sul mercato. Ho potuto constatare che per un'azienda di piccole e medie dimensioni è difficilissimo rendersi visibile ed essere considerata dagli operatori del settore. Questi ultimi hanno già i loro fornitori e ben difficilmente sono disposti ad accettare nuovi produttori, anche se abbiamo constatato un certo interesse per i vini da vitigni autoctoni "minori", nel nostro caso il Grignolino. E poi gli elevati costi di partecipazione alla fiera incidono notevolmente sul bilancio di un'azienda, e non li ritengo proporzionati all'organizzazione e ai servizi forniti. Per questi motivi non siamo tornati."
 
Giuseppe Pedrotti titolare con il padre Gino e le sorelle della storica azienda che ha sede a Lago di Cavedine Pietramurata  in provincia di Trento, il cui fiore all'occhiello è il Vino Santo Trentino. La sua azienda a gestione familiare  non partecipa al Vinitaly e gli chiediamo il perché non saranno presenti come espositori al grande evento  enologico.
"La nostra azienda è molto piccola abbiamo una produzione di circa 20 mila bottiglie, la nostra clientela prende il vino in cantina da noi o da qualche nostro distributore. Il nostro mercato è quello della nostra zona, con un buon numero di turisti che vengono in valle del Sarca e nell'Alto Garda. Il  Vinitaly è una fiera molto grande, andare lì significa avere un mercato più ampio del nostro  e per la nostra cantina quella grande mostra internazionale è forse troppo dispersiva. E' un evento importante, andiamo a vedere, ma per ora non esponiamo i nostri prodotti."
 
Giuseppe Pedrotti titolare con il padre Gino e le sorelle della storica azienda che ha sede a Lago di Cavedine Pietramurata  in provincia di Trento, il cui fiore all'occhiello è il Vino Santo Trentino. La sua azienda a gestione familiare  non partecipa al Vinitaly e gli chiediamo il perché non saranno presenti come espositori al grande evento  enologico.

"La nostra azienda è molto piccola, abbiamo una produzione di circa 20 mila bottiglie, la nostra clientela prende il vino in cantina da noi o da qualche nostro distributore. Il nostro mercato è quello della nostra zona, con un buon numero di turisti che vengono in valle del Sarca e nell'Alto Garda. Il  Vinitaly è una fiera molto grande, andare lì significa avere un mercato più ampio del nostro  e per la nostra cantina quella grande mostra internazionale è forse troppo dispersiva. E' un evento importante, andiamo a vedere, ma per ora non esponiamo i nostri prodotti."
Bruno Grigoletti, titolare assieme al figlio Carmelo dell'azienda con sede a Nomi, in valle dell'Adige, una delle figure storiche della vintienologia del Trentino e primo presidente dell'Associazione dei Vignaioli del Trentino, a proposito del Vinitaly al quale non partecipano dice:
"Noi abbiamo una produzione limitata di 50 mila bottiglie, il nostro mercato di vendita  è quello del Trentino. Andare al Vinitaly significa incontrare un mondo internazionale al quale non siamo in grado per le nostre quantità di dare risposta. Preferiamo fare promozione sul nostro territorio aderendo alle manifestazioni locali come la Mostra dei vini del Trentino e  dei Vignaioli quale il Top Wine del Sas Pordoi e poi facciamo la prima domenica di dicembre una festa in cantina, per tutti i nostri clienti e gli appassionati dei nostri vini. In questo modo  tutti coloro che ci vengono a far visita hanno possibilità di vedere il nostro Caveau e la  nostra Basilica del vino ed assaggiare i nostro prodotti".

I "grandi"

Ma anche aziende medie o grandi, che in passato hanno partecipato con stand belli e costosi, hanno scelto in seguito di rinunciare.
 "Abbiamo quantificato il costo della nostra partecipazione a Vinitaly in circa 40.000 euro - commenta il direttore di una cantina italiana che preferisce non essere citata - sono davvero molti soldi. Allo stato attuale delle cose preferiamo investire questa cifra in attività diversificate, puntando a consolidare la nostra presenza sui mercati esistenti piuttosto che cercarne di nuovi".

Gaja di Barbaresco, il più famoso produttore italiano, non espone più a Vinitaly da tempo, anche se vi è tornato l'anno scorso, per una memorabile degustazione con la quale ha celebrato con la sua famiglia i 150 anni del marchio. Come molte scelte di questa cantina anche quella di abbandonare Vinitaly non mancò di suscitare polemiche. Proprio il grande "appeal" del marchio fu alla base della decisione. Angelo Gaja spiegò infatti che a seguito della crescita della cultura del vino in Italia negli anni 90 il suo stand a Verona era oramai preso d'assalto da una folla incredibile, per cui dapprima fu trasformato in una sorta di fortino chiuso verso l'esterno e ad accesso controllato, ed infine, anche a seguito delle critiche ricevute per questo trattamento non troppo amichevole verso i visitatori, a partire dall'edizione del 2002, ritirato del tutto dalla manifestazione. Nella scelta di Gaja e di altre aziende pesa certamente la valutazione che questa fiera, come le altre minori del genere, è qualcosa di ibrido: benché presentata come "business to business" cioè rivolta agli operatori, nei fatti questi sono soverchiati nel numero da migliaia di semplici consumatori e curiosi. Altri marchi famosi hanno scelto di accettare la pacifica invasione considerandola un tributo da pagare al successo: ma questo non è, evidentemente, nello stile di Gaja.
 
La cooperazione

Dal fronte delle cooperative è giunto un commento della valtellinese Cantina Villa di Tirano e Bianzone: "per questa edizione saremo assenti - spiega il direttore Pietro Poletti -. I motivi sono tanti: i costi troppo elevati, in un momento di crisi  economica: le aziende devono affrontare problemi sempre più gravosi ma Verona Fiere  aumenta o mantiene invariati  i costi per gli espositori, forte del fatto, che, pare, tutti facciano la corsa per essere presenti alla manifestazione. Noi abbiamo deciso di lasciare libero il nostro spazio e di puntare su altri investimenti, invitando i consumatori in cantina e permettendo loro non solo di degustare, ma di essere a contatto con un territorio speciale come è la Valtellina. Forse dovrebbe cambiare qualche cosa, siamo stufi di essere messi in mostra come cavalli dentro i box ad attendere che qualcuno passando da li dica che bello, che buono, quanto costa? Riteniamo che quando il mondo cambia anche noi dobbiamo cambiare  con esso, l'appassionato vuole vivere le emozioni non dentro il bicchiere ma dentro il territorio di produzione, nei vigneti e nelle cantine dove aromi e profumi sono incomparabili, è li che dobbiamo investire, nei nostri territori".

Anche sul fronte degli operatori commerciali c'è chi si è smarcato. "Il nostro importatore svedese - riferisce, dall'Abruzzo, la cooperativa Frentana, che in un palazzo storico di Verona festeggerà il suo cinquantesimo compleanno con un "Ambassador Party" dedicato ai suoi agenti e importatori - ha comunicato che purtroppo non ci sarà.  Verrà in Italia al di fuori della fiera, per visitare i fornitori abituali e cercarne di nuovi al di fuori della piazza veronese, a suo giudizio troppo congestionata". 
Non è l'unico. In alcuni casi l'assenza di questi operatori esteri è in parte compensata dalla presenza di "segnalatori" di fiducia, di solito italiani, per una prima presa di contatto, nel caso che ci sia l'intenzione di rinnovare o ampliare il portfolio dei fornitori. In altre parole, attraverso rapporti fiduciari consolidati, si cerca di far viaggiare le informazioni al posto delle persone. Il tutto operando sia all'interno che al di fuori delle fiere.
 
Gli alternativi

C'è poi anche da considerare la concorrenza degli "alternativi": produttori di vini biologici, biodinamici, "naturali", di solito piccole aziende agricole che hanno scelto una legittima forma di "parassitismo" organizzando esposizioni in contemporanea alla kermesse veronese e a breve distanza: parliamo di "vinovinovino 2010" organizzato dall'associazione "viniveri" presso il Centro Fieristico "AREAEXP" di Cerea (VR) nei giorni 8,9,10 Aprile, e di "Vin Natur" a Villa Favorita di Sarego (VI), nei giorni 11 e 12 aprile. Sebbene la pura logica dei numeri faccia apparire questi eventi al pari di formiche di fronte ad un gigante, sono davvero molti gli appassionati, i giornalisti, gli operatori economici che da Verona vi fanno una puntata. Pochi invece quelli che disertano del tutto Vinitaly in favore di questi altri eventi. C'è chi sostiene che si tratta di mercati diversi e operatori diversi, ma almeno la seconda affermazione non è del tutto vera: anche se il "bio" ha circuiti commerciali propri (vedi articolo di Katrin Walter su Millevigne 1/2010, NdR) sono sempre più numerosi i distributori, gli importatori e gli agenti di commercio autonomi che inseriscono referenze di piccole aziende del comparto "green" all'interno di liste composte per il resto da marchi importanti e consolidati. Anche questo è un segno dei tempi.
I nuovi mezzi di comunicazione che fanno riferimento alla rete (vedi anche articolo di Monica Pisciella sui social network su questo numero di Millevigne, NdR) non sono alternativi rispetto ad una fiera tradizionale come Vinitaly, ma possono offrire una visibilità molto elevata alle aziende che se ne sanno servire a costi decisamente più contenuti. Certamente non si può assaggiare un vino via internet: questo lo si può fare nella piazza materiale e non virtuale di una fiera tradizionale. Ma si può fare anche in cantina se uno sa dove si trova, si può decidere di comprare una bottiglia dopo aver letto il commento di un conoscente (quindi un giudizio indipendente anche se non professionale) su "Facebook" o "Twitter".  Insomma nulla è fermo, tutto è in movimento. Anche Vinitaly: infatti negli ultimi anni Veronafiere ha moltiplicato le sue iniziative su diverse piazze estere per avvicinare i produttori ai grandi mercati di consumo e quindi agli acquirenti finali, dimostrandosi consapevole della necessità di affiancare alla fiera classica strumenti nuovi e diversi per far crescere la competitività delle imprese.

 


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