A L'Aquila le banche volano alto e gli aquilani volano via

E glia quial

29 Settembre 2009   13:09  

All’indomani del sisma aquilano, le prime attività economiche che hanno riaperto i battenti sono stati i porchettari ambulanti e i bar in chioschi di fortuna lungo le uniche vie percorribili della città devastata.  A stretto giro sono ricomparse le banche, dentro container, camper e baite di legno sovrastate da grandi scritte che incitavano L’Aquila a tornare a volare e gli aquilani a rimboccarsi le maniche.

Trascorso qualche mese il decreto legge 39, poi convertito nella legge 77, stabiliva come prime misure a beneficio di cittadini e imprese del cratere sismico, la sospensione del pagamento delle rate dei mutui e di ogni altro titolo di credito fino al 31 luglio. Un’ordinanza della Protezione civile ha poi prorogato la sospensione al 31 dicembre 2009. Ebbene, le banche si sono rimboccate le maniche, ma per mettere le mani nei conti correnti dei clienti terremotati e per ritirare le rate del mutuo a prescindere dalla sospensione.
 
Alcune, in seguito alle proteste dei loro clienti, hanno fatto marcia indietro. Altre hanno invece convocato i terremotati correntisti per spiegare loro che la sospensione presupponeva la sottoscrizione di apposita scrittura privata. Eppure la legge 77 non sembra almeno in questo punto giustificare interpretazioni di lana caprina, il cliente semmai è tenuto a comunicare la volontà di continuare a pagare le rate, non la volontà di sospendere il pagamento.

Altro caso emblematico è quello di commercianti che nel centro storico avevano un negozio andato distrutto con tutta la merce dentro, che ancora dovevano pagare ai fornitori. Il decreto a loro tutela bloccherebbe questi pagamenti, ma le banche hanno continuato a negoziare assegni e i commercianti, ritrovatisi a loro insaputa con il conto prosciugato, hanno dovuto fare i salti mortali per rimpinguarli ed evitare l’iscrizione alla Centrale rischi, un marchio di infamia che per negozianti senza più casa né bottega rappresenterebbe la mazzata finale.

Altri piccoli imprenditori invece, nonostante le enormi difficoltà, non hanno mai chiuso bottega, ma per poter pagare gli stipendi hanno sforato il massimo scoperto. Le banche hanno immediatamente, e senza avvertirli, moltiplicato i tassi di interesse ricalcolandoli però non solo sull’incremento, ma su tutto l’importo del passivo.

Torniamo comunque alla vicenda dei mutui: il pagamento delle rate come detto è sospeso fino al 31 dicembre, ma poi si dovranno a pagare anche gli interessi maturati dalle rate arretrate? Il decreto non lo dice, e per alcune banche locali, tra cui la Carispaq, l’interpretazione è scontata: certo che si dovranno pagare.

È così, un esempio tra i tanti, che il signor Davide Pompili, già messo in ginocchio dal tracollo del turismo, a gennaio dovrà pagare circa 2.400 euro di interessi aggiuntivi. La signora Pina Lauria in seguito alla sospensione della restituzione di un prestito dovrà pagare invece 473 euro di interessi. E amareggiata si chiede: “In quale ordinanza è scritto che si trattava di una rinegoziazione del prestito e non di una semplice sospensione che non produceva alcun effetto?”.
 
Nel silenzio assordante delle autorità cittadine, ha preso posizione il presidente dell’Unione giovani dottori commercialisti dell’Aquila, Ettore Perrotti, che invoca la convocazione di un tavolo istituzionale per affrontare un problema non secondario, in vista della ricostruzione anche economica della città. “Quella  degli interessi sulle rate non è una questione da poco, per un’economia in ginocchio e famiglie che hanno perso il lavoro e hanno un mutuo acceso su una casa diventata un cumulo di macerie”, dice.

La banca Carispaq è finita comunque sotto accusa e il capo settore crediti Enrico Coppa si è difeso affermando che “grandi istituti potrebbero decidere di non far pagare gli interessi, ma non dimentichiamo che anche noi siamo terremotati”. Un’argomentazione che non fa una piega.

Andrebbe però anche detto che, superate le difficoltà iniziali, le banche torneranno a volare alto perché hanno tutto da guadagnare dal terremoto. Un antipasto, proprio per la Carispaq, è stata per esempio la locazione in affitto alla Regione Abruzzo, a 8,5 euro a metro quadro, di un enorme palazzo risparmiato dal sisma, o anche il progetto di un campus universitario presentato come un regalo alla città, su cui però l’università dovrà pagare un affitto e che dovrebbe essere realizzato anche con 40 milioni di euro di finanziamenti pubblici del Cipe. Ma che al momento è sospeso perché il terreno individuato non è idoneo.

Per molti, in ogni caso, il piatto forte sarà poi l’acquisto all’ingrosso e a prezzi di saldo degli immobili del centro storico, che i proprietari non possono ristrutturare perché sono seconde case, alle quali il decreto non destina un euro, o perché sono immobili gravati da mutui non più sostenibili. E a questa gigantesca speculazione è funzionale il fatto che molti aquilani si stanno rimboccando le maniche per fare le valigie ed emigrare.

Filippo Tronca

L'articolo è parte di un inchiesta publbicata  dal settimanale il Salvagente


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