Gli operai dei cantieri edili pagheranno di tasca loro la chiusura dei cantieri per l’organizzazione dell’ospitalità in occasione del raduno nazionale degli alpini, nelle scorse giornate dall’11 al 18 maggio 2015.
Ha del clamoroso la decisione dell’INPS di non riconoscere ai cantieri della ricostruzione il regime di cassa integrazione in favore degli operai che in quei giorni sono stati costretti, da un’ordinanza del Sindaco, ad incrociare le braccia.
Con una decisione inedita ed unilaterale si realizza di fatto un danno al solo settore edile che subisce così una discriminazione rispetto ad altre categorie di lavoratori che hanno visto riconoscersi lo stesso diritto.
Nei settori indotti, infatti, la cassa integrazione è stata accordata nelle stesse giornate con la motivazione della mancanza di commesse, dovuta alla chiusura dei cantieri edili.
L’ANCE avvierà nei prossimi giorni un ricorso legale contro tale decisione e chiamerà a raccolta tutte le altre categorie del settore per organizzare una mobilitazione.
Un incontro ufficiale è già stato chiesto al Sindaco Cialente, anche in previsione di altre possibili chiusure che potrebbero rendersi necessarie, visto il prevedibile protrarsi dei cantieri per gli anni a venire: vedi la manifestazione sportiva studentesca di qualche settimana fa o la processione del venerdì santo.
Ricordiamo che la cassa integrazione rappresenta un onere interamente coperto con i versamenti che le imprese effettuano regolarmente all’INPS e che finora la decisione di concessione di tale regime è stata demandata ad una commissione mista presso l’INPS che ha sempre emesso parere positivo in casi di chiusura sottostanti a cause non controllabili dall’impresa o dal lavoratore.
Per la prima volta lo Stato non adempie ad una forma dovuta di tutela del lavoratore.
C’è da chiedersi, allora, per che cosa vengano utilizzate le risorse che le imprese versano all’INPS per tale copertura.