Alessandro Chiappanuvoli: "Di quanti teatri ha bisogno L'Aquila? E noi solo spettatori"

15 Settembre 2011   18:31  

Riceviamo e pubblichiamo

«Pochi minuti, è quello che chiedo, pochi minuti di riflessione a fronte dei 30 mesi che sono passati dal 6 aprile 2009. 30 mesi in cui abbiamo avuto modo di pensare più e più volte al progetto dell’Aquila del futuro, L’Aquila che stiamo ricostruendo. Di pochi giorni fa, il 12 settembre, è la notizia della firma del protocollo d’intesa per la costruzione del nuovo Teatro stabile. Le autorità (il nostro caro sindaco Massimo Cialente, l’ambasciatore Giovanni Castellaneta, l’ambasciatore d’Australia in Italia, David Ritchie e il sottosegretario Gianni Letta) si sono incontrate a Roma (neanche all’Aquila…) per depositare le firme ed esprimere tutta la loro soddisfazione davanti ai fotografi.

A tal fine sono stati donati all’incirca 3 milioni di euro grazie all’impegno del Governo Australiano e della comunità degli Italiani d’Australia. Il progetto è stato ideato da Mario Cucinella, rinomato architetto e designer italiano, e verrà realizzato nel nuovo parco urbano di Piazza D’Armi. Qui  potete trovare un’illuminante intervista allo stesso Cucinella nella quale si spiegano le motivazioni del progetto. Tiro un sospiro e la prima cosa che mi viene in mente è: «Grazie, grazie signore e signori per il vostro impegno e per il sostegno alla causa aquilana. » Al secondo sospiro, l’aria mi s’inceppa nel collo, quasi mi strozzo. Ragioniamo insieme sulle strutture esistenti nella nostra città.

Attualmente c’è l’Auditorium nella Caserma della Guardia di Finanza, c’è il chiostro di San Domenico (però magari va bene solo d’estate), c’è il Ridotto Comunale, c’è l’Auditorium donato dal Giappone di Shigeru Ban, consegnato, inaugurato e già chiuso per problemi tecnico-burocratici.

Poi ci sono le numerose strutture di legno e plastica delle piccole compagnie, quelle che sopravvivono di passione e aria fritta. Certo, poi ci sarebbero anche il Teatro Sant’Agostino, il Teatro San Filippo, e c’è pure il Teatro Comunale, sede del Teatro Stabile d’Abruzzo, quelli che sono in centro insomma. Quanti altri ne sto dimenticando? Ma quanti teatri servono all’Aquila?

Si è capito dove voglio arrivare? 3 milioni di euro non potevano essere utilizzati per la ricostruzione di questi stabili? A che serve costruirne uno nuovo? Non sarà l’ennesima cattedrale nel deserto? Chi è che ci mangia? Appalti, bustarelle, affaristi e speculatori non li nominiamo per niente?

Perché costruirlo a Piazza D’Armi tra il MacDonald’s, la Caserma Campomizzi, la pista d’atletica, le macerie abbandonate, la Guardia di Finanza e la piazza che accoglierà le bancarelle del mercato? Ma non deva essere un parco urbano, un’area verde alle porte della città? In questo modo non si tolgono pezzi importanti al centro storico? Montano i dubbi.

Qual è l’unica lettura possibile? Che il centro non verrà mai ricostruito? Che la logica del profitto e della costruzione anche una volta prevalgono sulle promesse dei politici e la RI-costruzione? Che, e qui sta la nota più dolente, i cittadini aquilani ancora una volta fanno da spettatori davanti all’ennesima scelta imposta dall’alto? Un attimo. Respiriamo con calma. Servono appena pochi minuti. Il tempo di uno spot pubblicitario o di uno slogan politico. Pochi minuti e avremo tutti ben chiara l’utilità di questo nuovo teatro a forma di liuto, in cui sarà possibile “abitare lo spazio in maniera democratica”.

La democrazia dello spettatore! Ci sono. Il respiro riprende a cavalcare nella gola. 70.000 spettatori, solo questo siamo! 70.000 spettatori in cerca del proprio posto numerato! 70.000 ignavi spettatori, davanti alla “messa in scena” della ricostruzione! Altra finalità non c’è. Non è per becera speculazione edilizia. Non è per viscido arrivismo politico. Non è per dare un’illusione di lustro all’architettura aquilana. Non è neanche per abbindolarci con l’ennesimo progetto ipocrita di riaggregazione sociale. Non è per nulla di tutto ciò che si sta costruendo un nuovo Teatro stabile all’Aquila. Trattengo l’aria… È per accomodare il culo di 70.000 pecore!»

Alessandro Chiappanuvoli


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