Alessandro Cicognini, l'abruzzese che ha fatto il cinema del dopoguerra

17 Luglio 2013   07:11  

Il pescarese Alessandro Cicognini , una delle figure principali nella storia della musica del cinema, ha collaborato con i più importanti registi del secondo dopoguerra e composto più di 100 colonne sonore per i maggiori artefici di quel movimento cinematografico neorealista che negli anni 40-60 fecero grande il cinema italiano in tutto il mondo. Dal carattere schivo questo personaggio , nella sua grandezza, è sempre rimasto modesto, perché fa parte di quella categoria di artisti che considerano l’arte come un lavoro da svolgere con dedizione ed onestà e che non tengono a figurare perché è “l’opera” che parla al loro posto.

Esordì nel cinema nel 1937, scrivendo il commento musicale de Il corsaro nero, raggiunse la notorietà nel dopoguerra con le colonne sonore di alcuni grandi film neo-realistici, come Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica , “Compagno don Camillo”, “Pane, amore e fantasia” di Comencini (1965), “Ulisse” (1954) di Camerini, e altri.

 

La sua collaborazione con questi grandi registi fu intensa e continuativa soprattutto con De Sica, per il quale Cicognini compose la musica di numerosissimi film, riuscendo a trovare per ciascuno di essi accenti musicali perfettamente adeguati al carattere generale dell’opera, conferendole così un tono particolare e personale. Musicista di vena popolare e melodica, i motivi di Cicognini risultano piacevoli e orecchiabili; un esempio di queste caratteristiche ci è offerto dalla canzone "Ci basta una capanna", che compariva nella colonna sonora del film Miracolo a Milano (1951, Vittorio De Sica).

LA VITA

Nasce a Pescara il 25 gennaio del 1906 da famiglia chietina trascorre l'infanzia e la giovinezza a Francavilla al Mare città a cui resterà sempre legato. Dotato di un vivo e precoce talento musicale, a 13 anni era già un abile pianista. Lo ingaggiarono i gestori delle sale cinematografiche che, consapevoli dell’importanza del commento musicale, che avrebbe determinato un maggiore o minore guadagno, erano sempre alla ricerca di pianisti che entrassero in sintonia con il film che all’epoca era privo di sonoro. Questa esperienza giovanile ha segnato la sua preparazione musicale perché, nell’accompagnare le scene mute che scorrevano sullo schermo, era importante trovare il giusto effetto, calcolare bene i tempi di intervento, la coloritura della musica e la bravura del pianista accompagnatore era essenziale per la buona riuscita del film. La famiglia di Alessandro, però, non era contenta di questa scelta e il padre pretese da lui il conseguimento della laurea in giurisprudenza cosa che ottenne, ma solo per potersi dedicare senza distrazioni alla sua vera passione, la musica. Studia al Conservatorio di Milano con i professori Paribeni e Bossi e nel 1927 si diploma in pianoforte . Ma la sua passione è la composizione per cui si dedica a queste fatiche con entusiasmo ed i risultati non si fanno attendere perché, oltre ad una cantata “Saul” del 1932, compone un’opera teatrale in due atti “Donna lombarda”, ispirata ad una nota canzone popolare, di cui scrive anche il libretto. Questa opera gli aprirà le porte della notorietà perché, in un concorso bandito dalla EIAR, la RAI degli anni anteguerra, risultò vincitore e l’opera fu rappresentata nel 1933 a Milano e successivamente a Torino e Roma. Queste opere, insieme ad altre, amate da Cicognini perché libere , composte senza condizionamenti , sono andate perdute in un bombardamento a Francavilla al mare. La vittoria al concorso lo avvicina al cinema che aveva bisogno di compositori che creassero la colonna sonora nel vero senso della parola necessaria, non solo per la sottolineatura delle scene, ma anche per la predisposizione del pubblico alle azioni che, si sarebbero svolte. Cicognini viene contattato da Amleto Palermi che lo introduce nell’industria cinematografica e gli affida il commento musicale de “Il Corsaro nero” e il musicista, appena trentenne, trova la sua strada che percorrerà fino al 1965. La sfida è appassionante per il giovane compositore che si getta a capofitto nel lavoro, memore delle sue esperienze di accompagnatore di film muti. La sua maggiore aspirazione diventa quella di creare effetti sonori importanti derivanti dal connubio perfetto tra immagine e suono. Purtroppo la qualità della registrazione è scarsa per cui spesso ne risulta un effetto sonoro insoddisfacente. Il giovane Cicognini in questo periodo, inoltre, si lamenta delle pretese dei registi e produttori che chiedevano troppo alla musica, a volte anche quello di salvare un film non troppo bello. Questa concezione lo amareggiava, ma non avanzava proposte di modifica, specie rispetto ai “mostri sacri” della regia e della composizione. Un incontro gli farà cambiare opinione: quello con Alessandro Blasetti. Contrariamente ai registi con i quali aveva lavorato fino ad allora, Blasetti era esperto di musica ed aveva una concezione diversa da quella dei suoi colleghi. Questi lasciavano che il compositore lavorasse per conto suo senza intervenire nella sua opera; Blasetti, che aveva anche inventiva musicale, invece voleva che vi fosse perfetta sintonia tra regista e compositore per cui ( come disse in un’intervista ) “telefonava anche di notte perché voleva sentire un tema, entrava nella scelta persino dell’esecuzione, in orchestra controllava ogni squillo” . Nascono così film in costume che avranno grande successo di pubblico: “Ettore Fieramosca”, “Un’avventura di Salvator Rosa” e “La corona di ferro”, ma anche altri quali “Quattro passi tra le nuvole”. Per Blasetti tutto il film è musica: “Il criterio musicale, per me,” dice il regista “è imprescindibile, implicito nella creazione di un film” per cui la collaborazione tra regista e musicista è a doppio senso per cui l’uno deve dare all’altro e viceversa.

L’INCONTRO CON VITTORIO DE SICA

Dopo la guerra si afferma anche nel cinema il neorealismo per cui compone le musiche di “Sciuscià” considerato il capolavoro di questa corrente e qui Cicognini ha l’incontro più importante della sua vita professionale: quello con Vittorio De Sica. Si erano incontrati sul set di tanti film nei quali De Sica era primo attore, e, quando egli decise di passare alla regia, lo volle come compositore riconoscendogli ampi meriti. Nascono così le sue opere più significative: “Ladri di biciclette”,

“Umberto D”, “Il tetto”, nelle quali è prevalente la presenza di composizioni che ricordano Puccini, il musicista amato da De Sica. Tra i due nasce un sodalizio perfetto; ma è critico nei confronti di molti musicisti che non hanno partecipato minimamente alla rivoluzione neorealistica continuando a comporre come nel il passato, cosa che determina un discrimine tra la scena che scorre e la musica. Infatti il film descrive situazioni nuove di povera gente ma la musica rimane fondamentalmente di estrazione borghese e quindi lontana dalle immagini. Ma queste critiche sono probabilmente dovute solo al perfezionismo esasperato di Cicognini che, in tutta la sua vita, ha sempre cercato di raggiungere il giusto connubio tra musica e film. Proprio con la fine degli anni cinquanta inizia per il musicista un periodo difficile per la sua vita. Dopo la progressiva uscita di scena di maestri come Blasetti e De Sica, le richieste di lavoro si diradano, ed il rigore con cui persegue la sua opera lo pone spesso in contrasto con registi e produttori di film mediocri, che vorrebbero da lui cose che non si sente di fare. Finché una sera, colto da una crisi di sconforto, getta nell' Aniene gli spartiti di tutte le sue composizioni, e decide di lasciare Roma ritirandosi per un certo tempo a Francavilla al Mare. Abbandonata la composizione a partire dal 1965 si dedica con passione all’insegnamento diventando Direttore del Conservatorio di Reggio Calabria e poi di quello di Brescia, pur componendo le colonne sonore di alcuni altri film per i quali non aveva potuto dire di no al regista, come per “Il Giudizio Universale” di De Sica o per il “Compagno don Camillo” di Comencini. Purtroppo Cicognini non ha lasciato scritti e neppure composizioni, quasi avesse voluto farsi dimenticare, forse insoddisfatto di non avere raggiunto il suo ideale giovanile di opera totale. E’ morto a Roma nel 1995 molto anziano ed apparentemente sereno anche se, come i tutti i grandi artisti, scontento della sua opera. Questa è la vita di uno sconosciuto, nostro concittadino, al quale è giusto tributare quegli onori che in vita ha sempre disdegnato ma che, da morto si deve ricordare nella sua giusta dimensione di artista che ha perfettamente interpretato il suo tempo e che, avendo compreso di essere ormai un sopravvissuto, decise di ritirarsi in buon ordine. Purtroppo è necessario ricostruire la sua opera ripartendo dai film per estrapolare le sue musiche e restituirgli quella memoria che a tutti i costi egli ha volto cancellare. La riscoperta Dopo un periodo di oblìo la musica del Maestro Cicognini ha suscitato l'attenzione di musicologi e ricercatori di storia del cinema per le sue peculiari qualità. Particolarmente meritoria risulta l'opera di studiosi quali Giorgio Spacca, Paolo Di Cesare e Marialuisa Grilli che hanno intrapreso la trascrizione in partitura delle sue musiche più famose essendo andati perduti tutti gli originali, e del direttore d'orchestra Nicola Samale, che ha diretto la registrazione di alcune sue composizioni. Alla memoria del compositore nel 2011, in coincidenza del 105° anniversario della nascita, è stato dedicato il "Premio Alessandro Cicognini", istituito dal Comune di Francavilla al Mare e riservato alle migliori colonne sonore dei film italiani dell'anno precedente. Un grande impulso alla divulgazione delle composizioni del Maestro Alessandro Cicognini è stato dato dal concertista e autore Davide Cavuti, che ha ideato e diretto “ l'Alessandro Cicognini Festival” dedicato alla memoria del maestro abruzzese, vissuto a lungo nella amata Francavilla al Mare. La prima edizione dell’ “Alessandro Cicognini Festival” si è svolta a Chieti sabato 8 gennaio 2011 presso il Teatro Auditorium Supercinema. Hanno contribuito a ricordare la figura del compositore l’attore Giorgio Albertazzi, Federico Savina, docente di tecnica del suono presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, il compositore Umberto Scipioni e lo studioso Paolo Di Cesare esperto della storia di Alessandro Cicognini. Era presente anche Anna Racinaro, compagna del compositore negli ultimi sette anni della sua vita, che lo ha ricordato come un uomo molto serio, triste, difficile, segnato da grandi tragedie familiari». Impenetrabile anche per lei la ragione del rinnegamento delle sua opera. «Era un uomo aspro che traspirava tenerezza. Nascondeva un'anima dolce che dava molto”. Dei tre nipoti del musicista era presente solo Malì Cicognini, che così ha ricordato, attraverso il suo lavoro, colui che desiderava non passare alla storia: “ «piccolo angelo» dal talento precocissimo costretto al compromesso per assecondare la volontà paterna e la sua vocazione musicale, con la laurea in giurisprudenza e il diploma in pianoforte al conservatorio di Milano”

Anche quest’anno , per la seconda edizione dell’Alessandro Cicognini festival, giovedì 1° marzo 2012, presso il Teatro Marrucino di Chieti, è stata ricordata la figura del musicista e compositore con un concerto di Antonella Ruggero che ha riletto alcune delle pagine da lui composte accompagnata dal Paolo Di Sabatino trio. Diverse inoltre le testimonianze di chi ha conosciuto e amato Cicognini tra questi il compositore Umberto Scipioni , autore della colonna sonora di “Benvenuti al Nord” , il compositore e produttore discografico Roberto Colombo, il bassista romano Marco Siniscalco , il sassofonista argentino Javier Girotto, Flavio Pistilli, direttore della scuola Faremusika, il chitarrista Franco Finucci, e il fotografo e editore romano Pietro Nissi.

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli

I documenti sono tratti dall’Archivio di Stato , da “Musicisti per lo schermo” di Ermanno Comuzio; “Alessandro Cicognini” di Riccardo F. Esposito.

Le immagini sono tratte dal patrimonio fotografico di Tonino Tucci


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