Analisi del voto nel Paese delle meraviglie elettorali

di Nicola Facciolini

31 Marzo 2010   11:23  

L’Aquila / Analisi del voto regionale AD 2010: il miracolo della Lega Nord che vince e si afferma come il primo partito conservatore d’Italia per le riforme, anche grazie ai cattolici. La lunga marcia dello tsunami-Lega sfonda al Centro per radicarsi sul territorio. Vittoria storica del Carroccio che trionfa e cresce anche nelle Regioni centrali. Il Senatùr rilancia le riforme vere. Ma finisce 7-6 per il Pd che cede 4 regioni a Berlusconi e sparisce al Nord: Formigoni vince in Lombardia, la Lega in Piemonte e Veneto. Il centrodestra conquista quattro province ma perde i comuni di Venezia e Lecco: sconfitti il ministro Renato Brunetta e il viceministro Roberto Castelli. Le Province di L’Aquila, Caserta, Imperia e Viterbo al centrodestra. Il Comune di Venezia alle sinistre di Orsoni: la delusione di Brunetta. La sinistra perde Campania e Calabria e si conferma solo in Emilia, Marche, Umbria, Toscana, Liguria, Basilicata, anche grazie all’Udc. Il Federalismo, l’uovo di Pasqua più atteso dal Risorgimento. Ora la Lega è il primo partito al Nord (35%), il terzo partito nazionale (12,3%) e territoriale. Sconfitte le sinistre. Il Senatùr rilancia le riforme. L’Aquila premia Berlusconi: sconfitta la Pezzopane. Il terremoto del 6 aprile 2009 ha certamente influito sulle votazioni per la Provincia di L’Aquila, rinviate di un anno a causa del sisma di Mw=6.3. Vince Antonio Del Corvo del Pdl: il partito di Berlusconi in Abruzzo si ferma al 22%, il dato più basso rispetto al 26,7% nazionale.  Crolla il Pd abruzzese al 14,81%. Il centrodestra a livello regionale governa 42 milioni di italiani. La coalizione Pdl-Lega amministra le regioni più popolose: Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio e Campania; 18 milioni di italiani restano al centrosinistra. Una rivoluzione cominciata da Silvio Berlusconi nel 1994 e dalla Lega molto prima. Il Comune di Chieti al centrodestra. Astensione record di un terzo degli aventi diritto. La metà di chi è andato a votare, non ha espresso il voto di lista. Non si vota per tre anni a livello nazionale e regionale: due anni senza campagne elettorali (poi ci sarà il “semestre bianco” e l’elezione del Capo dello Stato) sono sufficienti per le vere riforme costituzionali, fiscali, economiche e sociali che tutti attendono dalla classe politica?


Avarar! Benvenuti nel Paese delle meraviglie politico-elettorali. In Italia, Alice come il Pd è sparita da tempo in un buco scavato dal Bianco Coniglio verso il mondo dei sogni. L’amore ha vinto sull’invidia e sull’odio. E’ questa l’America dove la “terza” Repubblica può nascere dal territorio per imporsi, grazie al popolo sovrano, nella realtà dei palazzi. Le Regionali 2010 ribaltano la situazione politico-elettorale locale. La flessione del PdL (26,7%) non preoccupa più di tanto gli strateghi del Premier Berlusconi. Il Pd al 26,1% scopre il suo vero leader, il gubernator “Nik” Vendola, presidente-bis della Puglia. La lunga marcia della Lega Nord (anche grazie ai cattolici), cominciata nella Prima Repubblica, ha consegnato al centrodestra di Berlusconi l’Italia intera.

La Polverini, candidata di Fini, ha vinto nel Lazio con oltre 77 mila voti di differenza sulla Bonino, senza contare le oltre 30 mila schede azzurre annullate. Il centrosinistra governava in 11 Regioni su 13: quattro sono state strappate dal centrodestra (Lazio, Piemonte, Calabria e Campania). In Abruzzo è lapalissiano il dimezzamento del PdL (22% a L’Aquila) rispetto alle Regionali 2008, più che compensato dalla coesione delle forze federaliste sotto altro nome di lista. In Piemonte Cota batte la Bresso.

Liguria, Toscana ed Emilia restano al centrosinistra. La Polverini rimonta e stravince alla grande. Il Veneto incorona il ministro Zaia mentre la Lombardia conferma Formigoni, quattro volte “governatore”. In Campania Caldoro travolge De Luca. In Calabria Scopelliti, altro finiano, doppia Loiero. A “Nik” Vendola riesce il bis in Puglia e d’ora in poi detterà legge anche nel Pd a Roma dove la Domus Aurea neroniana crolla rovinosamente al suolo (il 30 marzo) dopo duemila anni. E’ la natura delle cose. Alla sinistra restano, sempre grazie alle alchimie politiche dell’Udc: Umbria, Emilia, Marche e Basilicata. Altrimenti le sarebbe rimasta la sola Toscana. L’Italia si tinge di verde-azzurro, colore padano-veneto. Il ministro della Cultura e coordinatore del Pdl Sandro Bondi, commentando i risultati delle Regionali, confessa di non essere soddisfatto del risultato del PdL. Infatti in molte regioni dimezza i propri voti, salvandosi in calcio d’angolo sempre grazie alla Lega ed alle altre liste territoriali.

I dati delle Comunali lo confermano anche in Abruzzo. Perché il PdL cala? Una conseguenza del ruolo svolto nel governo Berlusconi (a due anni dalla vittoria del 2008 di Berlusconi e Chiodi) paragonabile a quello che un tempo accadeva alla Dc, come spiega Bondi? “Il PdL paga il prezzo nei confronti delle forze minori e paga il prezzo degli attacchi concentrici anche di questi ultimi tempi. Abbiamo avuto una flessione rispetto alle scorse Regionali ed Europee”- ammette Bondi. Ma “questo non toglie che le sinistre hanno perso le elezioni”. Strategico il ruolo dell’Udc che regala vittorie a destra ed a manca. Sarà ascoltato il monito del capo dello Stato, Giorgio Napolitano? “Serve sviluppo del processo riformatore, su basi autonomistiche e solidali, a miglior presidio dell'unità nazionale e degli equilibri costituzionali” – afferma il Presidente della Repubblica italiana. Sì, ma come la mettiamo con il lavoro qualificato che non c’è? Con l’esercito degli pseudo-occupati co.co.co? Che cosa succede in Italia? La rivoluzione federale sul modello tedesco? Se le festività pasquali avessero il loro Babbo Natale, magari vestito verde-oro, consegnerebbe agli Italiani un pacco-dono speciale, magari una chimera tra una colomba, un uovo, un agnellino e un coniglietto dorato. Per ricordare a tutti che (e pluribus unum) l’Italia Federale avrebbe risolto già da 150 anni tutti i suoi secolari problemi, a cominciare dalla criminalità organizzata, se i federalisti avessero vinto la loro partita risorgimentale. Oggi spetta al Ministro Maroni operare con saggezza per sconfiggere, pezzo dopo pezzo, la realtà feudale territoriale della criminalità italiana. L’onda silenziosa, cominciata da Berlusconi nel 1994 ma dalla Lega democratica molti anni prima come un debole tsunami, è andata crescendo negli anni e si abbattuta sulle sinistre la sera del 29 marzo 2010 con la chiusura delle urne. Al popolo non si comanda.

I governatori del centrodestra creato dal patto Bossi-Berlusconi, oggi amministrano la maggioranza assoluta degli italiani: 42 milioni di persone. Quasi 18 milioni restano nel centrosinistra, ma il numero reale è assai inferiore. L’esercito dei senza-lavoro e degli astenuti cresce. È un dato oggettivo che giustamente gli analisti interpretano anche nei voti di lista non espressi alle Regionali 2010. Ma di quale “avvenuta trasformazione profonda del Paese”, parlano i media?
Il latifondo politico-elettorale-feudale è ben lungi dall’essere sconfitto regione per regione, capoluogo per capoluogo, provincia per provincia, comune per comune, dalle Alpi al Gran Sasso, dalla Sardegna all’Etna in Sicilia. I governi di centrodestra, salvo rare eccezioni, non si riconfermano e le mafie non sono né di destra né di sinistra né di centro. Salgono sul treno del vincitore pronte a farlo deragliare! Anche nell’ex “rossa” Emilia Romagna, si canta e si balla un’altra musica, nonostante la vittoria di misura del centrosinistra, sempre grazie all’Udc. È l’Italia nuova che cresce e celebra i suoi 150 anni dell’Unità Nazionale finalmente mandando all’aria stantie tradizioni padronali ed antichi sistemi feudali di potere e sottopotere? Lo speriamo. Un’onda inarrestabile oggi nuovamente spira dal Nord per fare giustizia delle mafie e dei tradimenti politici, economici e storici subiti troppo a lungo dal cosiddetto “Mezzogiorno” d’Italia. L’Unità d’Italia si rafforza, ma non è in pericolo. Perché in pericolo è il feudalesimo della gerontocrazia! Come nel Giappone di fine Ottocento, non tutti sono pronti ad accettarlo. Questo è il vento della Lega.

Il terremoto di un anno fa in Abruzzo ha certamente influito sulle votazioni per la Provincia di L’Aquila, rinviate di un anno proprio a causa del sisma di Mw=6.3 che, complici gli evidenti ed evitabili problemi strutturali delle abitazioni, ha mandato al Creatore 308 persone. Colpa della cattiva politica. Ma oggi ha vinto Antonio del Corvo (PdL) sulla presidente uscente di centrosinistra Stefania Pezzopane (53,42% contro il 45,31%). E il Comune di Chieti ripassa al centrodestra. Le innumerevoli visite del premier Silvio Berlusconi, impegnato in prima persona nella ricostruzione post-sisma che continua, hanno dato i frutti sperati. Il Popolo Aquilano è sovrano a tal punto da decidere di mandare a casa una donna per la quale sembra che a nulla siano servite l’attività svolta per i terremotati, le foto abbracciata al Presidente degli Stati Uniti, Barack H. Obama, in occasione del G8 di L’Aquila del luglio 2009, e il primo posto in una recente graduatoria del Sole 24Ore che indicava la Pezzopane come la presidente di Provincia più amata dagli italiani, con il 70% delle preferenze. Al popolo non si comanda. Un riscontro positivo si è avuto nel comune capoluogo, ma nulla ha potuto su Del Corvo. Il tracollo del Pd abruzzese è evidente: 14,81%. La Pezzopane quando vinse le elezioni nel 2004, con il 59,64 per cento, evitò anche il ballottaggio. Oggi la sua lista si ferma al 4,32%. L’astensionismo non ha influito sulle elezioni aquilane e le votazioni per la Provincia hanno fatto registrare un aumento della partecipazione di oltre 10 punti, contro il 53,54% delle precedenti elezioni regionali del 2008. Un dato particolarmente significativo visto che decine di migliaia di terremotati vivono ancora sulla costa adriatica aprutina, lontani dai luoghi di residenza.

In Lombardia il governatore Roberto Formigoni trionfa con oltre il 56,1%. Il candidato del centrosinistra, Filippo Penati, si ferma al 33,27%. In Piemonte vittoria al fotofinish per il candidato del centrodestra, l’on. Roberto Cota, che ottiene il 47,32%. Mercedes Bresso, la sfidante del centrosinistra, si attesta al 46,9%. In Veneto la Lega vola al 35%. Con questi risultati non c’è più partita: questo è il terrore dei centristi. Con una vittoria schiacciante del 60,15% Luca Zaia conferma il Veneto al centrodestra. Il candidato del centrosinistra Giuseppe Bortolussi si ferma al 28,7%. “La vera partita del Veneto è quella federalista - commenta Zaia - i Veneti meritano disegni di legge che in due o tre o quattro mesi diventano legge e non che vengono persi dopo cinque anni”. In Liguria il centrosinistra si riconferma con il governatore uscente Claudio Burlando che ottiene il 52,14% delle preferenze. A Sandro Mario Biasotti va il 47,85%. In Toscana vince il candidato del centrosinistra: Rossi ottiene il 59,73% battendo la Faenzi che si è fermata al 34,44%. Si conferma in Emilia Romagna il governatore uscente Vasco Errani, candidato del centrosinistra, che vince con il 52,06% delle preferenze contro il 36,72% di Anna Maria Bernini, candidata del centrodestra. In Umbria, Catiuscia Marini, la candidata del centrosinistra vince con il 57,24% % contro il 37,70% di Fiammetta Modena, candidata del centrodestra. Nelle Marche, Gian Mario Spacca, candidato del centrosinistra e dell’Udc, vince le elezioni con il 53,17% contro il 39,71% ottenuto da Erminio Marinelli, candidato del centrodestra.

“Nelle Marche è stato fatto un esperimento per mettere insieme tutte le forze che sono all’opposizione in Parlamento e creare le condizioni per l’alternativa” – fa notare Spacca, spiegando che “i cittadini delle Marche hanno confermato il buon governo della nostra regione”. Dopo un lungo testa a testa il Lazio incorona Renata Polverini, candidata per il centrodestra, a nuova governatrice della Regione. La Polverini s’impone sull’avversaria Emma Bonino (48,32%), candidata per il centrosinistra, ottenendo oltre il 51,14% delle preferenze per il centrodestra. Dov’è la Rivoluzione Liberale? Nel 2008 il centrodestra aveva sconfitto Riccardo Illy ed espugnato il Friuli-Venezia Giulia. Poi l’Abruzzo dopo l’arresto del precedente governatore Ottaviano Del Turco. Nello stesso anno, la Sicilia, granaio storico del centrodestra, aveva incoronato Raffaele Lombardo. Nel 2009 era cambiata anche la geografia politica della Sardegna con Ugo Cappellacci vincitore su Renato Soru.

I “governatori” azzurri riusciranno nell’impresa federale? Il cambiamento alfa-numerico dà spessore a un’Italia che non è più quella di prima. Chi governa a Roma comanda dappertutto: non ci sono più scuse! L’esodo politico c’è stato: il trasloco di massa elettorale, pure. Un’emigrazione senza precedenti, nella storia della “prima” e della “seconda” Repubblica. Quasi 42 milioni di italiani si consegnano a livello locale a Presidenti di Regione alleati con il Governo di Berlusconi. Ma le chiavi dell’economia non stanno in Abruzzo che non ha certo bisogno di centrali nucleari (il “silenzio cosmico” del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso dell’Infn, deve essere tutelato come Patrimonio dell’Umanità). Comanda l’asse Torino-Milano-Venezia con la sua “cassaforte” del 40% del Pil nazionale. È qui la maggioranza assoluta, il “reattore” a fusione termonucleare della Nazione. La Lega e Berlusconi hanno vinto una partita sorprendente e storicamente ineccepibile, ma non c’è tempo da perdere in chiacchiere di un passato che non esiste più. Il futuro: questo interessa agli Italiani. Il futuro del presente. L’avanzata dell’Italia che lavora da Nord a Sud, arriva dopo un interminabile e sfibrante anno di “passione” per il Premier Silvio Berlusconi. Chi (di)sperava nella sua grave sconfitta per implosione interna, che neppure il battaglione di esperti di sinistra è riuscito a vaticinare, ora raccoglie i cocci del proprio tramonto. Il sipario si chiude sull’epoca d’oro delle male-lingue e di chi ha voluto sfruttare i voti di Berlusconi per andare al potere. Ma non è andata così.

L’olocausto politico del Pd è incredibile: volevano abbattere il Cavaliere a colpi di sentenza e di trasmissioni tv-web streaming, ma per l’ennesima volta hanno fallito. Si realizza il desiderio che Berlusconi: “Ogni regione in più sarà un successo, ma la vera vittoria sarebbe che la maggioranza dei cittadini fosse amministrata da noi”. Le elezioni regionali AD 2010, tuttavia, hanno segnato la battuta d’arresto per il “movimento” del PdL che arretra rispetto alle europee e scende sotto la soglia del 30 per cento: la Lega, la fedelissima del Governo Berlusconi, avanza e raddoppia sul dato delle regionali del 2005. Anche conteggiando i voti usciti dal perimetro del PdL e confluiti nelle molte liste targate con il nome di questo o quel candidato presidente, la situazione non cambia. La politica si fa in mezzo alla gente e non in tv. La Lega docet. L’Italia è stanca dei referendum pro o contro il Cavaliere. Si è divisa e si è insultata su tutto in manifestazioni di piazza seguite da contromanifestazioni e code di polemiche sulle misure di superficie nelle piazze. Gli Italiani sono stanchi dei “giuramenti” dal sapore maoista.

E’ sufficiente il Giuramento di fedeltà alla Repubblica ed alla Costituzione del 1948. Per cui il Senato della Repubblica non si tocca! La Camera delle Regioni, è preferibile. Alla fine il Cavaliere è stato confermato: innumerevoli bandierine azzurre sventolano sulle rosse. L’opposizione cattolica centrista è relegata a minoranza anche nel circuito locale di sinistra. La geografia politica dell’Italia è cambiata perché la Lega è stata premiata come il partito delle riforme, del cambiamento, delle cose concrete. La gente vuole queste cose e sa chi rispetta le promesse e chi le tradisce. Se le sinistre sono sparite dal Nord che lavora, vuol dire che hanno perso il contatto con la gente che ha voluto votare chi fa le riforme. Questa è la pietra tombale su chi predica solo negatività. Il responso delle urne si tinge di azzurro anche nella consultazione elettorale delle province: a Imperia, l’Aquila, Caserta e Viterbo, l’esito delle amministrative consegna lo scranno di presidente rispettivamente a Luigi Sappa, che si impone con il 59%, ad Antonio Del Corvo (53,4%), a Domenico Zinzi (circa il 65%) e a Marcello Meroi (54,6%).

La vittoria di Orsoni a sindaco di Venezia sul candidato del Pdl, Renato Brunetta, conferma sia la volontà e la fiducia personale del popolo sovrano nelle Amministrative sia il ruolo alchemico dell’Udc. Brunetta accetta a stento la sconfitta:“Devo esprimere il rammarico per il crollo della Lega a Venezia – spiega Brunetta ai giornalisti - che ha perso 8 punti su 19. Se io avessi avuto i voti che ha avuto Zaia avrei vinto al primo turno”. Per il ministro i conti sono presto fatti:“Il 48% più l’8% della Lega avrebbe superato il 50%”. Sono andate davvero così le cose? L’ex sindaco Massimo Cacciari ha sottolineato l'importanza dell'accordo tra la sinistra e l'Udc:“L’unità strategica tra centrosinistra e Udc è necessaria per il Paese, e a Venezia lo abbiamo dimostrato”. Il candidato del centrodestra Umberto Di Primio è il nuovo sindaco di Chieti, avendo ottenuto il 61,4% dei consensi. Il candidato del centrosinistra Francesco Ricci ha ottenuto il 33,8%. Anche a Termoli, in Molise, vince il centrodestra. Michele Antonio Di Brino Basso è stato eletto sindaco con il 45,2% dei voti, contro il 26,8% dello sfidante di centrosinistra Filippo Monaco. Non si vota per tre anni a livello nazionale e regionale: due anni senza campagne elettorali (poi ci sarà il “semestre bianco” e l’elezione del Capo dello Stato) sono sufficienti per le vere riforme costituzionali, fiscali, economiche e sociali che tutti attendono dalla classe politica?

Nicola Facciolini


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