E' alle ultimissime battute il processo a carico di Roberto Di Santo, il cosiddetto "bombarolo di Chieti" arrestato dai carabinieri il 18 gennaio 2013 dopo aver incendiato un auto di fronte alla casa dei vicini della sorella a Cepagatti ed un altra dinanzi al Tribunale di Chieti, oltre ad aver inviato dvd a vari organi d'informazione.
Potrebbe infatti giungere da un momento all'altro la sentenza di condanna per il 58enne residente a Roccamontepiano, resosi protagonista di una personale crociata contro le ingiustizie, che non ha tuttavia mancato di suscitare l'attenzione su di sé anche nell'udienza di ieri.
Di Santo, infatti, si è presentato accompagnato da un nuovo difensore, l'avvocato Alessandro Dioguardi, il quarto dall'inizio del processo. "Ho rimesso un solo avvocato" - ha affermato l'imputato in una dichiarazione spontanea per motivare la decisione - "mentre gli altri sono andati via perché nessuno vuole portare avanti le mie motivazioni, dal momento che in parte dell'avvocatura vi è un potere occulto".
Nel corso di tale dichiarazione, l'uomo ha inoltre voluto illustrare una volta di più i motivi della sua personale battaglia e descrivere le proprie invenzioni: "Sono 20 anni che subisco ingiustizie, e lo Stato mi è debitore di migliaia di euro. Ho persino inventato un motore a forza totalmente energetico di cui ho tutte le certificazioni: sono quindi arrivato dove Albert Einstein non è riuscito".
Nell'udienza è stata ascoltata anche Marilisa Amorosi, il perito che si è occupata della perizia psichiatrica su Di Santo, ed ha ribadito come le conclusioni cui è giunta dopo l'esame parlino di "un uomo affetto da disturbo paranoide o delirio cronico sistemizzato che al momento del fatto aveva, per malattia psichiatrica, capacità di intendere e di volere grandemente scemata, da ritenersi dunque persona socialmente pericolosa, in senso psichiatrico".