Biagio Antonacci, guai col fisco: processo a Milano per un'evasione di 3 milioni di euro

27 Gennaio 2016   05:34  

L'inchiesta è nata da una verifica fiscale nel giugno del 2008 a seguito della quale l'artista, nel 2012, ha regolarizzato la sua posizione con l'Agenzia delle Entrate. A rinviarlo a giudizio con citazione diretta è stato tempo fa il pm Carlo Nocerino, ora procuratore aggiunto a Brescia. Oggi il dibattimento è entrato nel vivo con la testimonianza di un sottufficiale della Gdf che ha ricostruito il meccanismo utilizzato per la presunta evasione: il cantante si sarebbe servito dell'interposizione di tre società, due italiane e una estera, per pagare meno tasse al fisco italiano. In aula è stato sentito anche come teste della difesa il fiscalista del cantautore, il quale ha spiegato al Tribunale che quattro anni fa Antonacci ha raggiunto un accordo con l'Erario grazie a un accertamento con adesione. Biagio Antonacci, secondo il capo di imputazione, avrebbe indicato, dal 2004 al 2008, «nelle proprie dichiarazioni fiscali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo», interponendo nella gestione dei suoi diritti, «le società 'Iris', 'Basta edizioni musicalì e 'Forum Vision' (quest'ultima con base a Londra), strumentali alla trasformazione dei redditi da lavoro autonomo, soggetti ad aliquota progressiva più elevata, in redditi d'impresa, soggetti ad aliquota proporzionale più conveniente». Iris era amministrata dal fratello del cantante Graziano e tra i soci vi era anche il padre Paolo. A capo della società inglese c'era invece un fiduciario di Lugano. In particolare, come ha affermato il sottufficiale delle Fiamme Gialle, le società Iris e Forum Vision erano nate principalmente per gestire i diritti legati ai suoi brani musicali (la Forum a livello internazionale), oltre a quelli per i suoi concerti e per lo sfruttamento della sua immagine. In base ad accordi siglati nel 2000, ha proseguito il teste, le due società si sarebbero impegnate a cedere i diritti alla casa discografica Universal - con cui i contratti sono stati sottoscritti fino al 2007, dopodichè il cantautore si è legato artisticamente alla Sony - per tre album che sarebbero stati poi composti nel tempo. Per questi tre album, dagli accertamenti delle Fiamme Gialle, è risultato che le società di Antonacci avrebbero incassato, a titolo di anticipi minimi garantiti, complessivamente circa 15 miliardi di vecchie lire, su cui, questo è il cuore della contestazione, avrebbero versato tasse per un importo inferiore a quello che avrebbe dovuto pagare il cantautore come 'persona fisicà. Sempre secondo la ricostruzione del finanziere, che all'epoca della verifica fiscale aveva svolto indagini anche presso la Universal e la Sony, «questa interposizione tra l'artista e le case discografiche era in frode alle leggi fiscali» ed era stata qualificata come un «caso di abuso del diritto» perchè non c'erano ragioni economiche concrete per far 'passare le royalty attraverso le società prima di rivenderle alle case discografiche. Questa mattina, davanti al giudice monocratico Luigi Varanelli, ha deposto anche il fiscalista del cantante di 'Liberatemi" e "Convivendo". Il professionista ha ricordato che nel 2010 l'Agenzia delle Entrate aveva inviato al cantante l'avviso di accertamento e che nel 2012 'Iris', 'Basta edizioni musicalì e 'Forum Vision' avevano distribuito ai soci i dividendi. Dividendi sui quali l'artista aveva pagato regolarmente le tasse chiudendo così la partita con l'Erario per le quattro annualità contestate, ovvero quelle comprese tra il 2004 e il 2008. In aula si ritorna il prossimo 23 febbraio per la discussione del pm.


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