CIA, emergenza cinghiali, agricoltura in ginocchio

11 Giugno 2013   09:57  

Il problema cinghiali o per meglio dire i danni da fauna selvatica qui in provincia di Teramo li registriamo, in modo significativo e insopportabile, dal lontano 2003. Anno in cui la situazione è diventata insostenibile per il mondo agricolo dell’area collinare e montana della nostra provincia. Le cause sono diverse: mancati abbattimenti, grande capacità di proliferazione della specie, aree protette estremamente vaste dove l’attività di riduzione della specie non è consentita.

Nel 2006 è iniziata una serie di interlocuzioni con gli enti preposti alla gestione della specie: Ente Parco Gran Sasso e monti della Laga e Ente Provincia; tutti sostenevano le nostre ragioni ma nulla di fatto in termini di azioni concrete per contrastare il fenomeno.

A fine 2006, promossa dalla nostra Confederazione Italiana Agricoltori, abbiamo raccolto 5.000 firme di agricoltori e cittadini indirizzata agli enti preposti in cui si chiedeva:
“Un piano condiviso per una corretta gestione del cinghiale sul territorio che mirasse a ristabilire, in tempi brevi, il giusto rapporto specie – territorio; un sistema degli indennizzi che tenesse conto dei danni reali subiti dagli agricoltori e tempi ragionevoli di erogazione dei risarcimenti; protezione alle colture e agli allevamenti con recinzioni elettrificate e fisse, gratuite per i possessori dei fondi; programmi specifici di finanziamenti per investimenti che mirino a stimolare la realizzazione di filiere del cinghiale, rivolti agli agricoltori/allevatori”.
La petizione non ha sortito nessun effetto positivo pertanto nel settembre 2007, con tutte le altre organizzazioni professionali agricole, si è arrivati ad una grande manifestazione di protesta e di proposta con 100 trattori e 1000 persone a Teramo. Contestualmente si svolgeva, su nostra richiesta e in prefettura di Teramo, una conferenza di servizio. Tale incontro si concludeva con l’ente Parco impegnato ad introdurre i recinti di cattura e la provincia di Teramo a far partire la caccia selettiva fuori dal periodo canonico di caccia e con l’addestramento di circa 450 sele-controllori. Nel 2008 tutto ciò è stato attivato con evidenti risultati. Nel 2009 i recinti di cattura sono stati bloccati dalla magistratura per maltrattamento animali e la caccia selettiva è stata effettuata solo in un piccolo periodo. Nel 2010 non c’è stata caccia selettiva, nonostante le nostre richieste e nemmeno l’attivazione dei recinti di cattura che nel frattempo potevano essere riutilizzati vista l’assoluzione piena dell’Ente Parco da parte della magistratura.
Negli anni successivi, come da noi largamente prefigurato, è riesplosa con violenza il problema dei danni cagionati alle culture per via del mancato controllo della specie e con l’aggravante di una proliferazione di altre specie di selvatici anch’essi responsabili dei danni alle culture agricole e degli allevamenti.
In questi ultimi anni abbiamo incontrato ripetutamente, l’assessore provinciale alla caccia, agricoltura e il presidente della Giunta provinciale ai quali abbiamo chiesto di intervenire immediatamente per la soluzione del problema, inoltre abbiamo esortato gli stessi ad attivarsi per redigere un piano condiviso, con l’ente Parco, per la corretta gestione della specie.
La Provincia, in questi ultimi anni non è stata capace di attivare nessuna azione decisa per il controllo del fenomeno.
L’Ente Parco ha posizionato sul territorio numerosi recinti di cattura, tutti rigorosamente chiusi senza capirne le ragioni!
Oggi il problema è senza controllo!
All’Ente Provincia torniamo a chiedere:
1. Un programma immediato di caccia selettiva che miri a ristabilire, in tempi brevissimi, il giusto rapporto specie – territorio e le relative responsabilità;
2. Un sistema degli indennizzi che tenga conto dei danni reali subiti dagli agricoltori e tempi ragionevoli di erogazione dei risarcimenti;
3. Protezione alle colture e agli allevamenti con recinzioni elettrificate e fisse, gratuite per i possessori dei fondi.
All’Ente Parco torniamo a chiedere:
1. Attivare immediatamente i recinti di cattura presenti già nel territorio provinciale e il posizionamento di altri nei Comuni che ne sono sprovvisti;
2. Attivare altre forme di contenimento della specie come già largamente utilizzate in altre aree protette;
3. Protezione alle colture e agli allevamenti con recinzioni elettrificate e fisse, gratuite per i possessori dei fondi.
Alla Regione Abruzzo chiediamo:
L’adozione di una legge regionale “Gestione animali selvatici” contenente i seguenti punti e principi fondamentali:

Riconoscere e sancire lo “stato di emergenza”: dato dagli innumerevoli danni alle culture e dallo stato di insicurezza dei cittadini, precondizione fondamentale per affrontare e disciplinare la problematica;
Stabilire la densità ottimale e quindi il giusto rapporto specie-ambiente-terrotorio degli animali selvatici;
Individuare gli strumenti idonei per il controllo della densità ottimale: attraverso censimenti biennali, la valutazione dei danni arrecati alle culture e quindi l’intervento con squadre di cacciatori. Introdurre la responsabilità diretta di ogni squadra di cacciatori sul distretto assegnato a rotazione, in relazione ai danni cagionati alle culture;
Metodi di difesa e prevenzione: recinzioni fisse, recinzioni mobili, piani di miglioramenti ambientali per circoscrivere il fenomeno in aree ben prestabilite;
Indennizzi: individuare apposito capitolo di bilancio in cui prevedere le somme necessarie, redigere il Regolamento regionale unico degli indennizzi che preveda tempi certi e procedure chiare e codificate.

Al Prefetto di Teramo chiediamo:
Di vigilare sulle competenze e responsabilità degli enti preposti circa gli adempimenti previsti dalla normativa vigente;
Di istituire un tavolo tecnico permanente per la gestione dell’”Emergenza danni da fauna selvatica”, con il compito di monitorare e indicare possibili soluzioni efficaci da attuare anche attraverso la convocazione di specifiche conferenze di servizi.
Gli agricoltori della provincia di Teramo non sono più disposti a sopportare l’inerzia, l’incapacità e la non volontà della Provincia di Teramo ed Ente Parco nazionale Gran Sasso Laga di affrontare adeguatamente il fenomeno, come oramai si fa benissimo in tante realtà italiane.
Dopo decenni di tentativi nel cercare soluzioni oggi costatiamo, nostro malgrado, che non esiste volontà di risolvere il problema, pertanto il mondo agricolo metterà in atto una forte e decisa mobilitazione, a far si che vi sia la giusta attenzione ed azione da parte della Provincia di Teramo ed Ente Parco rispetto alla corretta gestione del controllo della specie.
Invitiamo i cittadini, i mas-media, le istituzioni a partire dai Comuni, a cui chiediamo un deliberato di intervento, di essere a fianco del mondo agricolo in questa battaglia di civiltà, di riconoscimento del diritto di continuare a produrre beni necessari alla vita dell’essere umano, di continuare a svolgere il ruolo di salvaguardia e custodia dell’ambiente.
Il mondo agricolo è determinato a portare avanti questa battaglia di cui ne è in gioco la propria esistenza.
Non permetteremo più alle Istituzioni preposte al controllo della specie di non svolgere le funzioni assegnate e previste dalla normativa. Il lavoro prezioso degli agricoltori sul territorio è prioritario rispetto alle pratiche sportive e alla salvaguardia degli animali selvatici.
Utilizzeremo ogni strumento e/o azione di lotta utile a garantire la sopravvivenza di un’agricoltura di qualità nella nostra provincia!

Segreteria organizzativa: CIA Teramo, via P. Gammelli, 8 – tel. 3334716745 - 3388390036


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