E’ vero! Sig. Presidente, L’Aquila futura non sarà come prima. Ma stravolgere  di essa la storia e l’anima, con i ripetuti annunci lanciati  dall’ente provincia, è certamente un “delitto” contro tutti i cittadini,  nessuno escluso.
Nel caso poi dell’idea espressa sulla certa  ricostruzione del “palazzo del governo” , che non sarà più  prefettura, ma destinato a biblioteca provinciale e museo della  memoria, si supera ogni limite, cadendo nella distruzione dell’  “anima aquilana” che così subirà un abbattimento più violento e  cieco di quello dovuto al sisma del 6 aprile 2009.
Dunque, il  “palazzo del governo” o della prefettura di piazza della Repubblica  (visto nel desolante crollo dai grandi della terra del G8, a 
partire  da Obama), nato con l’Unità d’Italia 150 anni fa ed oltre (entro il  vasto e grandioso ex monastero agostiniano), sarà riedificato secondo  la bozza di decreto per la ricostruzione del centro storico presentata qualche giorno fa dal presidente Gianni Chiodi.
In esso, però, non  torneranno i prefetti, e cioè coloro che fecero sempre un prezioso  “coordinamento” delle linee politiche-amministrative. “Mestiere”  particolarmente delicato, del quale non potrà farsi a meno in vista  di un’Italia con autonomie più forti.
A questo punto ci vien da dire  che “chi non ha storia è schiavo delle mode”.
Ma non basta,  perché l’idea del presidente del Corvo supera anche la 
“schiavitù  della moda”, poiché ignora che quel palazzo-convento fu e 
rimane  centro dell’alta politica regionale, sia che si pensi all’Ottocento o  al Novecento: compreso il ventennio fascista e ancor più al lungo percorso democristiano e fino a noi.
Suggeriamo di leggere il libro  ”L’ultima provincia” edito da Sellerio, per acquisire il senso  storico-umano-amministrativo di quell’edificio, nel racconto della  figliuola del 32° Prefetto, l’eccellenza (come usava allora)  Cortese.
Entro quell’edificio – ma ciò è ignorato dal presidente Del  Corvo – fu realizzato (con i soldi dei contribuenti, ovviamente)  l’appartamento 
reale (in vari stili, compreso quello napoleonico)  dove furono ospitati 
i re e le regine dei Savoia, compreso Vittorio  Emanuele III che dal balcone centrale (sorretto dalle due alte  colonne, su cui poggiava la 
trabeazione con la scritta: “palazzo del  governo”), alla fine del 1942, 
si affacciò per presentarsi per  l’ultima volta agli italiani, prima della sua ignominiosa fuga a  Brindisi, nel settembre 1943. E dopo la seconda guerra mondiale vi  soggiornarono i presidenti repubblicani, a cominciare da Errico De  Nicola.
Per questa regalità – e perché l’appartamento era nella  disponibilità dei prefetti in carica – divenne la prefettura più  ambita dell’Italia centrale.
Si ignora, forse volutamente, che  l’ente provincia (come sono oggi indicate le province) ebbe  principio entro il salone delle feste dello stesso edificio, poi  abbellito e reso unico nella regione dalle due opere di Teofilo  Patini: “bestie da soma” e “ pulsazioni e battiti” . 
In esso  s’ebbero le grandi scelte economiche e sociali per l’intera provincia,  attuate dai presidenti repubblicani, a cominciare dal marsicano  Pietrangeli, uomo di cultura che diede inizio alla fase democratica  della Provincia dell’Aquila.
Nessuno nega che una parte minima della  città settecentesca abbattuta 
dal terremoto dell’anno scorso non  possa risorgere com’era e dov’era. 
Non è però il caso del “palazzo  del governo”che risorgerà – parola del commissario Chiodi – là dov’  era e forse anche com’era.
E se così sarà (per chi non dubita delle  promesse di Chiosi) non si vede perché il Presidente del Corvo  voglia così gravemente “mortificare” la città che attende di  tornare, fra l’altro, nella Biblioteca “Salvatore Tommasi” , dov’era  e com’era, istituita – fors’Egli non lo sa – oltre 160 anni fa.
Amedeo Esposito
nella foto l'interno della Biblioteca provinciale dopo il terremoto.