Congresso nazionale della Fuci a L'Aquila ricordando Aldo Moro

Ricordata pure la figura e opera di Lorenzo Natali

12 Maggio 2008   20:01  
“Solo chi crede nei giovani, riuscirà a educarli; solo chi ha il coraggio di chiedere loro cose grandi e buone, l’impegno di tutta la vita, ne conquista gli animi”.  Con questo pensiero di Aldo Moro l’8 maggio scorso sono stati aperti a L’Aquila i lavori del 59mo Congresso nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci). Incipit non casuale, non solo in ragione della mesta ricorrenza del trentennale dell’assassinio del grande statista, il 9 maggio 1978, ad opera delle Brigate Rosse, ma perché Moro, che della Fuci fu presidente dal 1939 al 1942, continua a essere per i giovani universitari cattolici un vero riferimento di pensiero, di coerenza, d’apertura al dialogo, d’impegno civile e politico, di etica della responsabilità. Tanto che la relazione introduttiva, svolta dai presidenti uscenti Silvia Sanchini e Tiziano Torresi (proprio così vuole lo statuto della Fuci, una doppia presidenza bigenere) ha delineato su molti campi gli argomenti del congresso dal titolo problematico “Domani cercasi”: dal tema “Giovani e società:un Paese vecchio e immobile”, a “Giovani e Università: dove sono i ‘professorini’?”, con riferimento al gruppo di giovani docenti universitari costituito da Moro, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani e altri intellettuali cattolici, che animarono negli anni 40 una forte riflessione culturale nel Paese e nell’Assemblea costituente. Dalla questione “Giovani e politica: un dialogo possibile”  all’impegno “Con il futuro tra le mani”, trasposto in un’assunzione di responsabilità nella società del tempo che viviamo, come richiamato a conclusione della relazione d’apertura: “Siamo certi che sia nostro preciso dovere prenderci cura del tempo presente che ci è stato affidato, così come al tempo stesso, oggi più che mai, è nostro diritto tornare a progettare e sognare, giovani e adulti insieme, il nostro futuro”.  C’è davvero da sperare che l’impegno sempre vivo e generoso della Fuci possa risultare esemplare ed essere emulato dalle generazioni dei giovani della nostra Italia, preoccupati e sfiduciati del loro futuro.  Gran parterre alla cerimonia inaugurale del Congresso, tenutasi al teatro San Filippo. Saluti niente affatto formali o di circostanza, ma già partecipi dei temi in agenda. Sono intervenuti l’arcivescovo dell’Aquila, monsignor Giuseppe Molinari, l’assessore della Regione Abruzzo, Mahmud Srour, d’origine siriana, preoccupato per la pace specie per i rigurgiti di guerra civile in Libano, la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, il rettore dell’Università dell’Aquila, Ferdinando Di Orio, il sindaco della città, Massimo Cialente, il presidente della Fondazione Fuci, Vincenzo Cappelletti, l’ex fucino senatore Giuseppe Lumia, già presidente dell’Antimafia, che ha segnalato la forte testimonianza della Fuci nell’impegno civile per la legalità, il direttore dell’Ufficio pastorale della Cei, don Niccolò Anselmi, il vicepresidente del Meic (Movimento ecclesiale d’impegno culturale), Carlo Cirotto, e l’assistente centrale dell’Azione cattolica ragazzi, don Adriano Caricati.  Sono quindi cominciati i lavori della prima giornata, con la prolusione del senatore Franco Marini, già presidente del Senato, sul tema “Tempi e crisi della politica italiana: quale il prezzo per i giovani?”, un’analisi sullo stato delle Istituzioni e del Paese, con un richiamo alla politica sulla questione della precarietà del lavoro che rende incerto il futuro soprattutto dei giovani. Tre le relazioni del pomeriggio, con un’attenta platea di 300 giovani provenienti da tutta Italia e da numerosi ospiti che ricolmavano la splendida navata-teatro della settecentesca chiesa dei filippini. La prima, tenuta da Ernesto Galli Della Loggia, ordinario di Storia contemporanea all’Università San Raffaele di Milano, sul tema “Quarant’anni dopo il Maggio ’68: illusioni, drammi e speranze d’una stagione”, molto apprezzata, un lucido excursus che dalle speranze d’un mondo nuovo portate dalla “rivoluzione giovanile” del ’68 italiano, assai più complesso e diverso da quello europeo per la carica d’impegno politico e d’utopia, ha tratto un’analisi impietosa sulla metabolizzazione della classe dirigente degli impulsi modernizzatori del ’68 che ne vanificò l’effetto riformatore, quindi sui limiti di quel movimento, visto con l’occhio autocritico d’una generazione che per intero l’ha vissuto, che al culto dei diritti non associò, come avrebbe dovuto, l’etica dei doveri e della responsabilità per rinnovare veramente la società italiana e le sue rappresentanze istituzionali. Sono poi seguite le interessanti relazioni di Ilvo Diamanti, ordinario di Sociologia politica all’Università di Urbino sul tema “La giovinezza senza i giovani: i paradossi d’una società immobile” e di monsignor Domenico Segalini, assistente generale dell’Azione cattolica italiana, sul tema “Domanda di Dio nei giovani e risposta della Chiesa”. Intensa la giornata del 9 maggio, iniziata di buon’ora nella rinascimentale basilica di San Bernardino con una solenne celebrazione religiosa in memoria di Moro e di tutte le vittime del terrorismo, presieduta dal cardinale Ersilio Tonini. Sono stati richiamati di Moro, figura autentica di cattolico impegnato in politica, i valori di testimonianza cristiana e la lungimirante visione d’una democrazia compiuta nel nostro Paese, fondata sul dialogo e sulla progressiva collaborazione tra le forze popolari anche per sconfiggere il terrorismo, stroncata con il suo rapimento in via Fani il 16 marzo ’78 e con il suo assassinio il 9 maggio, proprio ad opera dei brigatisti rossi. Ancora qualche ombra di mistero resta, della sua prigionia e della sua morte. Ma la sua personalità, la sua acuta intelligenza, il suo profilo sobrio e rigoroso di politico e docente universitario, la sua capacità di dialogo e di composizione delle differenze, il suo senso delle Istituzioni, fanno di Moro la figura più rilevante dell’Italia repubblicana. Gli impegni dei congressisti sono poi continuati a Palazzo Carli, con due comunicazioni di spessore,  di Nando Dalla Chiesa  in “La relazione educativa nell’Università di oggi: una generazione senza maestri?” , e di Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli, in “Giovani e mondo del lavoro: un futuro da precari?”. Quindi una tavola rotonda sul tema: “Perché l’Italia non è in mano ai quarantenni?” Moderata da Francesco Rigatelli, vi hanno partecipato Francesco Delzio, direttore Giovani Confindustria, Renato Balduzzi, docente all’Università del Piemonte Orientale, Annamaria Furlan, segretario confederale Cisl, Salvatore Vassallo, docente di Scienza politica all’Università di Bologna, ed Enrico Letta, già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una riflessione circolare che ha fatto il punto sull’esigenza di ringiovanimento delle classi dirigenti del Paese. Le altre due giornate del 10 e 11 maggio sono state impegnate per l’Assemblea federale, per il rinnovo delle cariche negli organismi statutari della Fuci. Viva la soddisfazione per il notevole interesse suscitato dal Congresso e per l’ottima accoglienza che la città capoluogo d’Abruzzo ha riservato ai giovani congressisti e agli ospiti. L’Aquila si è offerta con tutta la sua magnificenza architettonica e artistica, con quattro giornate di sole che hanno esaltato il coro delle sue montagne ancora imbiancate, con un cielo azzurro terso e con il verde rigoglioso dei campi e dei boschi circostanti. Profonda gratitudine è stata da tutti espressa al dinamico Gruppo Fuci dell’Aquila, presieduto da Giancarlo Della Pelle, che molto si è impegnato per l’organizzazione e l’accoglienza congressuale nel capoluogo abruzzese. Il Gruppo aquilano, molto attivo e numeroso, fu ricostituito nel 1944 da Lorenzo Natali, su incarico dell’arcivescovo di allora, poi cardinale, Carlo Confalonieri, assai legato d’amicizia a Giovan Battista Montini, poi Papa Paolo VI, che della Fuci fu infaticabile animatore fin dal 1925. Lo ha ricordato in un articolo Amedeo Esposito, celebre penna del giornalismo abruzzese e storico. L’arcivescovo Confalonieri, che durante il fascismo e l’occupazione tedesca della città aveva costruito e incoraggiato una “resistenza bianca” che salvò molti ebrei, operando per la protezione della città dalla violenza nazista la quale comunque fece stragi nel ’43, con i Nove Martiri aquilani, e nel ’44 a Filetto e Onna, s’era anche adoperato per avviare l’edificazione della nuova Italia, chiamando a ricostruire la Fuci un giovane che molta strada avrebbe poi fatto nell’Italia democratica, Lorenzo Natali appunto. Quel giovane, nato nel 1922 a Firenze, figlio del primario chirurgo dell’Ospedale civile cittadino, militò anche nella Resistenza. Nelle prime elezioni democratiche, il 18 aprile ’48, ad appena 26 anni, Natali venne eletto alla Camera dei Deputati, poi sempre rieletto deputato fino al 1979. A 32 anni fu nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Segni, poi sottosegretario alle Finanze e quindi al Tesoro. Dal 1966 al ’68 è ministro della Marina mercantile con il governo Moro, poi ministro dei Lavori pubblici nel secondo governo Leone, quindi ministro del Turismo e Spettacolo, nel primo governo Rumor. Ancora ministro dell’Agricoltura, nei successivi governi Rumor, Colombo e nel primo e secondo governo Andreotti. Nel 1976 inizia a Bruxelles la sua carriera nella Comunità europea, della cui Commissione diventa Vice Presidente dal 1977 al 1988, occupandosi di ambiente, sicurezza nucleare, politiche del Mediterraneo e problemi dell’allargamento, in particolare curando l’ingresso nell’Unione di Spagna, Portogallo e Grecia. Natali si spegne a Roma il 29 agosto 1989. Jacques Delors, presidente dell’Unione europea, il 31 agosto all’Aquila tenne dell’amico l’orazione funebre. Un grande uomo politico, Natali, cui si deve il progetto e l’impostazione dello sviluppo infrastrutturale ed economico che hanno tratto dall’isolamento e dall’arretratezza l’Abruzzo, facendone una regione avanzata e moderna, unitamente all’impegno dell’altro politico di spicco abruzzese, Remo Gaspari. C’è da augurarsi che l’anno prossimo, nel ventennale della scomparsa, l’Abruzzo sappia degnamente ricordare e onorare Natali, un artefice del progresso della regione e del Paese, una personalità significativa nella costruzione dell’Unione Europea. 
Goffredo Palmerini
componente il Cram Regione Abruzzo

Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore