Contadini a Copenaghen

12 Dicembre 2009   09:50  

Discorso di Henry Saragih, coordinatore generale di Via Campesina all'Apertura di Klimaforum, organizzato dalla società civile a Copenaghen in concomitanza col il vertice sul clima

''Noi, il movimento contadino internazionale La Via Campesina, veniamo a Copenhagen da tutti e cinque gli angoli del mondo, lasciando i nostri terreni agricoli, i nostri animali, le nostre foreste, e anche le nostre famiglie nei villaggi. Perché è così importante per noi arrivati a questo punto? Ci sono un certo numero di ragioni per questo. In primo luogo, il cambiamento climatico ci colpisce già gravemente. Porta inondazioni, siccità e epidemie, che sono alla base di cattivi raccolti.

Questi cattivi raccolti non dipendono dagli agricoltori. Al contrario, è chi inquina ad aver causato le emissioni che distruggono i cicli naturali. Così, i piccoli agricoltori sono venuti qui per dire che non pagheranno per gli errori di chi inquina. E agli inquinatori chiediamo di affrontare le proprie responsabilità. 

Dati recenti mostrano chiaramente che l'agricoltura industriale e il sistema alimentare globalizzatosono responsabili per una percentuale tra il 44 e il 57% del totale delle emissioni di gas serra a livello mondiale. 

Ciò significa che il nostro sistema alimentare attuale è un grande agente inquinante. La domanda a cui dobbiamo rispondere ora è: come possiamo risolvere il caos climatico e la fame, e assicurare una vita migliore per gli agricoltori, quando il settore agricolo sta contribuendo a più della metà del totale delle emissioni? Noi crediamo che alla radice del problema ci sia il modello industriale di agricoltura e agroalimentare, dato che le percentuali menzionate in precedenza provengono dalla deforestazione e dalla conversione delle foreste naturali in piantagioni di monocolture, entrambe effettuate da  ; Corporations dell'Agribusiness. E non da parte dei piccoli agricoltori. Le grosse emissioni di metano da parte dell'agricoltura sono anche dovute all'uso di urea, un fertilizzante petrolchimico diffuso con la rivoluzione verde, e molto sostenuto dalla Banca Mondiale.

Allo stesso tempo, la liberalizzazione del commercio agricolo promosso dagli accordi di libero scambio (Fta) e dall'Organizzazione mondiale del commercio (Omc) è quella  che contribuisce alle emissioni di gas e all'effetto serra a causa della trasformazione dei prodotti alimentari e del trasporto del cibo in tutto il mondo.  Se vogliamo veramente affrontare la crisi dei cambiamenti climatici, l'unico modo che abbiamo è quello di fermare l'agricoltura industriale, la quale non solo ha fortemente contribuito alla crisi climatica, ma ha anche massacrato i piccoli agricoltori del mondo. Milioni di contadini, uomini e donne provenienti da tutto il mondo, sono stati cacciati dalle loro terre. Milioni di altri subiscono violenze ogni anno a causa di conflitti per la terra in Africa, Asia e America Latina. Porre fine alla agricoltura industriale è l'unica strada che possiamo percorrere. 

Prendendo l'agricoltura dalla grandi multinazionali agro-alimentare e mettendola nelle mani dei piccoli agricoltori, siamo in grado di ridurre della metà le emissioni globali di gas serra. Questo è ciò che ci proponiamo, e che chiamiamo Sovranità Alimentare.  E per raggiungere questo obbiettivo abbiamo bisogno di movimenti sociali che lavorino e lottino insieme per porre fine alle false soluzioni che sono oggi sul tavolo dei negoziati sul clima.

Henry Saragih - Coordinatore generale di Via Campesina

L'industria agroalimentare responsabile del 50% delle emissioni inquinanti. Ecco come abbatterle

“Perché abbiamo lasciato le nostre terre e siamo venuti a Copenhagen”, comincia così il discorso di Henry Saragih, coordinatore generale di Via Campesina all'Apertura di Klimaforum , il controvertice della società civile a  Copenaghen. Nel suo intervento, il segretario di Via Campesina, di cui Aiab è membro italiano, ha fornito dei dati inequivocabili sul reale impatto dell'agricoltura industriale sui cambiamenti climatici. Dati recenti – dichiara Saragih - mostrano chiaramente che l'agricoltura industriale e il sistema alimentare globalizzato sono responsabili per una percentuale tra il 44 e il 57% del totale delle emissioni di gas serra a livello mondiale. Questa cifra può essere ripartita come segue: 1. Le attività agricole sono responsabili per l'11-15%. 2. Il disboscamento e la deforestazione causano un ulteriore 15-18%. 3. La trasformazione alimentare, l'imballaggio e il trasporto causano il 15- 20% . 4. La decomposizione dei rifiuti organici provoca un altro 3 al 4%. Alla radice del problema c'è il modello industriale agroalimentare, dato che le percentuali menzionate in precedenza provengono dalla deforestazione e dalla conversione delle foreste naturali in piantagioni di monocolture, entrambe effettuate da  Corporations dell'Agribusiness. E non dall'attività dei piccoli agricoltori. Se vogliamo veramente affrontare la crisi dei cambiamenti climatici, l'unico modo che abbiamo è quello di fermare l'agricoltura industriale, la quale non solo ha fortemente contribuito alla crisi climatica, ma ha anche massacrato i piccoli agricoltori del mondo. Alla conferenza sul clima di Bali nel 2007, La Via Campesina ha proposto la soluzione dei piccoli agricoltori e dei contadini senza terra al cambiamento climatico: "L'agricoltura sostenibile e  locale raffredda la terra". E qui, in occasione della Conferenza di Copenaghen, ancora una volta portiamo la stessa proposta, con il sostegno delle cifre che dimostrano che si potrebbero ridurre più della metà delle emissioni globali di gas a effetto serra: (I) Recuperare la materia organica nel suolo potrebbe ridurre le emissioni dal 20 al 35%. (II) Invertire la concentrazione della produzione di carne negli allevamenti intensivi e reintegrare la produzione comune zootecnica  e vegetale, dovrebbe ridurle dal 5 al 9% (III) Rimettere i mercati locali di alimenti freschi  al centro del sistema alimentare ridurrebbe le emissioni dal 10 al 12%. (IV) Arrestare la deforestazione fermerebbe il 15-18% delle emissioni. In breve, prendendo l'agricoltura dalla grandi multinazionali agro-alimentare e mettendola nelle mani dei piccoli agricoltori, siamo in grado di ridurre della metà le emissioni globali di gas serra. Questo è ciò che ci proponiamo, e che chiamiamo Sovranità Alimentare. Porre fine alla agricoltura industriale è l'unica strada che possiamo percorrere. Saranno i negoziati sul clima in corso, che fanno affidamento sui meccanismi di scambio del carbonio, a portare la soluzione ai cambiamenti climatici? Noi sosteniamo che i meccanismi di scambio del carbonio serviranno solo ai paesi inquinanti e alle compagnie, e porteranno disastri per i piccoli agricoltori e le popolazioni indigene nei paesi in via di sviluppo. Sempre più terra agricola viene convertita in piantagioni di alberi al fine di attrarre i crediti di carbonio. Il cambiamento climatico colpisce già gravemente: Porta inondazioni, siccità e epidemie, che sono alla base di cattivi raccolti. Questi cattivi raccolti non dipendono dagli agricoltori. Al contrario, è chi inquina ad aver causato le emissioni che distruggono i cicli naturali. Così, i piccoli agricoltori sono venuti a Copenaghen per dire che non pagheranno per gli errori di chi inquina. E agli inquinatori chiediamo di affrontare le proprie responsabilità.

 


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