Costantini (Mov139): “Perché il Presidente della Repubblica dovrà sciogliere le Camere”

08 Dicembre 2013   12:45  

«Facciamo finta di essere in un paese normale e proviamo ad immaginare quello che dovrebbe (non “potrebbe”, “dovrebbe”) accadere per effetto della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità del “Porcellum”.

E poiché stiamo facendo finta di essere in un paese normale, liberiamoci in primo luogo dei panni di tifosi e di giocatori e sviluppiamo la nostra analisi legandola unicamente a criteri di valutazione oggettivi.

Per determinare la potenziale incidenza della pronuncia della Corte Costituzionale sul Parlamento attualmente in carica conterebbero, molto più del personale punto di vista del Presidente Napolitano, le previsioni della nostra Costituzione e della giurisprudenza formatasi nel corso degli anni sulle pronunce di incostituzionalità delle leggi.

Partiamo dall’art. 136, 2 comma:

“Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”.

Esattamente quanto affermato nel comunicato diffuso dall’ufficio stampa della Corte Costituzionale, nel quale risulta testualmente ribadito che:

“Le motivazioni saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici”.

Sempre nello stesso comunicato stampa la Corte Costituzionale si premura, altresì, di precisare testualmente che:

“Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali”.

Ebbene, la Corte Costituzionale ha reso questa dichiarazione per anticipare che il Parlamento in carica grazie al “Porcellum” è “legittimo” e potrà, di conseguenza, continuare ad esercitare le proprie prerogative costituzionali sino alla scadenza naturale della legislatura, come ha inteso far comprendere il Presidente Napolitano?

Oppure l’ha resa per inserirsi nel solco della giurisprudenza in materia di “interventi demolitivi di leggi costituzionalmente necessarie” (come quella elettorale), all’esito dei quali deve “necessariamente” residuare una disciplina legislativa idonea a consentire il ritorno al voto, anche di fronte alla perdurante inerzia delle Camere?

Io ritengo molto meno “fantasiosa” e “partigiana” e molto più “oggettiva” ed aderente alla realtà la seconda ipotesi.

Con queste poche parole la Corte Costituzionale ha inteso anticipare al Parlamento ed indirettamente al paese, che:

- trattandosi di “legge costituzionalmente necessaria”, la sentenza consegnerà comunque al paese un sistema elettorale capace di riportarlo al voto, nel rispetto dei principi costituzionali precedentemente violati dal “Porcellum”;

- il vuoto che la sentenza dovrà colmare potrà essere sempre superato da un intervento del legislatore, operato secondo le proprie scelte politiche e nel rispetto dei principi costituzionali.

Altro la Corte Costituzionale non poteva e non doveva precisare, se non esponendosi al rischio di oltrepassare i limiti che le sono imposti dal suo ruolo.

Né, verosimilmente, la sentenza conterrà riferimenti espliciti in ordine alla “legittimazione” del Parlamento in carica ed ancor più in ordine alla opportunità di scioglierlo, allo scopo di ripristinare le condizioni di “legalità costituzionale” violate”, attraverso il ricorso a nuove elezioni.

Al massimo potrà contenere riferimenti più o meno espliciti al principio della retroattività delle pronunce della Corte Costituzionale ed ai limiti che incontra nell’ambito dei c.d. “rapporti giuridici esauriti”, ovvero delle “situazioni consolidate” (sui quali ho una mia personale convinzione, che evito di esplicitare perché ho scelto preliminarmente, in questa sede, di liberarmi dei panni del giocatore o del tifoso)

Ma certamente non potrà incidere negativamente sulle sorti del Parlamento attualmente in carica.

Il potere di scioglimento anticipato delle Camere è, infatti, un potere tipico del Presidente della Repubblica (art. 88 Cost.), che all’atto del suo insediamento, vale la pena ricordarlo, ha prestato giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione (art. 91 Cost.).

Naturalmente, non si tratta di un potere “incondizionato”, ma di un potere da esercitare in presenza di determinate circostanze.

Tra queste, tutti i più autorevoli studiosi della Costituzione ne hanno individuata una che, per completezza della mia riflessione, deve essere ricordata.

Venir meno della corrispondenza tra eletti ed elettori.

“Nell’ipotesi di crisi di rappresentatività dell’organo elettivo, e cioè della corrispondenza tra Parlamento e corpo elettorale, il Capo dello Stato diviene l’interprete diretto del corpo elettorale e procede allo scioglimento delle Camere. Ciò in particolare avviene quando vengano mutate le regole fondamentali incidenti sul rapporto di rappresentanza politica; ad esempio nel caso di mutamento della legge elettorale” (Baldassarre, Mortati, Guarino, Floridia ed altri).

E’, quindi, un errore tipico di un paese in “guerra politica” da anni, come il nostro, quello di ritenere e/o di aspettarsi che dal deposito della sentenza possa discendere direttamente chissà quale effetto sui destini del Parlamento eletto con il “Porcellum”.

L’effetto “costituzionale” si è, infatti, già prodotto, come pure il rimedio.

L’effetto, è stato quello di aver fotografato e certificato, con una forza ed una autorevolezza senza precedenti, la crisi di rappresentatività dell’organo elettivo (il Parlamento) ed il venir meno della corrispondenza tra eletti ed elettori e di avere, in tal modo, determinato le condizioni necessarie perché il Presidente della Repubblica eserciti il potere ex art. 88 Cost. e sciolga le Camere.

Il rimedio, è stato quello di avere anticipato che gli elettori potranno tornare a votare, o con il sistema che risulterà delineato in esito alla pubblicazione della sentenza, o con “… la nuova legge elettorale che il Parlamento può sempre approvare, secondo le proprie scelte politiche e nel rispetto dei principi costituzionali …”.

Dunque, sempre continuando a far finta di trovarci in un paese normale, oggi un Presidente che ha giurato fedeltà alla Repubblica ed osservanza alla Costituzione, avrebbe dovuto:

1) Prendere atto della incontrovertibile crisi di rappresentatività del Parlamento determinatasi alla luce della decisione della Consulta;

2) Invitarlo, nel più breve tempo possibile e comunque nelle more del deposito della sentenza della Consulta, a dotarsi di una nuova legge elettorale, nel rispetto dei principi costituzionali;

3) Sciogliere le Camere e riportare gli italiani al voto, con la nuova legge elettorale, se nel frattempo approvata dalle Camere o, in mancanza, con il sistema che risulterà delineato dopo il deposito della sentenza.

Ma, purtroppo, l’Italia continua ad non essere un paese normale.

Ed in una decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato che il Parlamento non poteva essere eletto senza consentire agli italiani di esprimere la propria preferenza sul singolo candidato e che 148 Parlamentari non potevano essere eletti con il premio di maggioranza, il Presidente della Repubblica (colui il quale ricopre il ruolo di interprete del corpo elettorale) non solo non ha rinvenuto alcuna “crisi di rappresentatività dell’organo elettivo”, ma ha addirittura rinvenuto le condizioni per poter affermare che il Parlamento “è legittimo” e che tutto può andare avanti, come se nulla fosse accaduto.

Per ora, aggiungo io».

Carlo Costantini
Consigliere regionale Mov139


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