Gli atenei di Marche, Abruzzo e Umbria denunciano gravi difficoltà economiche a causa dei tagli ai finanziamenti e l’aumento dei costi di gestione.
I rettori degli otto principali atenei di Marche, Abruzzo e Umbria hanno lanciato un allarme congiunto riguardo ai gravi rischi che i recenti tagli ai fondi statali stanno comportando per le università. Camerino, Chieti-Pescara, L'Aquila, Macerata, Perugia, Politecnica delle Marche, Teramo e Urbino fanno parte della rete HAMU (l'alleanza interuniversitaria che include gli atenei delle tre regioni) e denunciano una situazione che definiscono insostenibile. I tagli hanno ridotto il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), principale risorsa per il mantenimento delle attività accademiche e di ricerca, di quasi l'8%, causando perdite superiori a 41 milioni di euro complessivi.
Tra i firmatari dell'appello troviamo i rettori Graziano Leoni dell’Università di Camerino, Liborio Stuppia dell’Università di Chieti-Pescara, Edoardo Alesse dell’Università degli Studi dell'Aquila, John McCourt dell’Università di Macerata, Maurizio Oliviero dell’Università di Perugia, Gianluca Gregori della Politecnica delle Marche, Dino Mastrocola, rettore uscente dell’Università di Teramo, e Giorgio Calcagnini dell’Università di Urbino Carlo Bo.
Questi tagli al finanziamento sono ulteriormente aggravati dall’aumento dei costi, soprattutto legati al personale docente. L’incremento del 4,8% per l’adeguamento Istat delle retribuzioni ha aumentato il peso economico sulle università, creando una situazione di forte squilibrio. I rettori sottolineano come questo aumento, unito alla riduzione delle risorse, avvicini pericolosamente molte università al limite dell'80% dei costi del personale rispetto al finanziamento complessivo, soglia oltre la quale è possibile che si verifichino gravi problemi economici per l'intero sistema.
Un altro fattore critico è il modo in cui le risorse destinate agli adeguamenti salariali e ai piani di reclutamento del personale sono state gestite. In passato, queste erano coperte da fondi separati, mentre ora sono state inserite nel FFO, riducendo così indirettamente il budget effettivo disponibile per altri scopi. Il risultato è una contrazione complessiva del finanziamento maggiore di quanto inizialmente previsto, rendendo difficile per le università far fronte alle spese ordinarie.
Il contesto nazionale rende ancora più delicata la situazione. Le università tradizionali, secondo i rettori, sono messe in difficoltà anche dalla concorrenza crescente degli atenei telematici, che stanno ottenendo sempre più studenti. Mentre gli istituti online crescono, le università pubbliche devono essere difese e supportate perché rappresentano non solo un punto di riferimento per la formazione e la ricerca, ma anche un motore economico e sociale per le regioni in cui operano.
Le conseguenze di questi tagli non riguardano solo le singole istituzioni accademiche, ma si estendono anche alle comunità locali. Gli atenei rappresentano, infatti, un'infrastruttura fondamentale per lo sviluppo economico del territorio. Oltre a formare le nuove generazioni, le università sono centri di ricerca e innovazione che contribuiscono in modo significativo alla crescita culturale ed economica.
Le perdite stimate, tra la riduzione del FFO e l’aumento non riconosciuto dei costi, superano i 50 milioni di euro, un valore impressionante se si considera che il budget complessivo delle otto università coinvolte si aggira intorno ai 500 milioni di euro. Con questa riduzione drastica delle risorse, molte attività essenziali rischiano di venire compromesse, e il timore è che si possa arrivare a tagli sui servizi offerti agli studenti o, in casi estremi, alla riduzione del numero di corsi e programmi di laurea.
I rettori chiedono al Governo di intervenire urgentemente per evitare il collasso di un settore cruciale per l'Italia. "Non possiamo permettere che le università pubbliche, che hanno un ruolo centrale nel futuro del Paese, siano lasciate senza risorse," affermano. Essi auspicano che vengano ripristinati i fondi necessari per garantire la continuità dell'istruzione pubblica e la sopravvivenza del sistema universitario.
In sintesi, la richiesta è chiara: un intervento immediato e deciso per evitare che una riduzione così significativa dei finanziamenti comprometta non solo il presente, ma anche il futuro dell’istruzione e della ricerca in Italia, mettendo a rischio intere generazioni di studenti.