Crollo in via D'Annunzio, depositate motivazioni della condanna di Cimino: "Tragedia evitabile"

"Omissioni in occasione dei restauri". Pronto ricorso in appello

19 Maggio 2014   11:49  

Sono state depositate e rese note pochi giorni fa le motivazioni della sentenza con la quale il giudice unico del Tribunale dell'Aquila Giuseppe Nicola Grieco ha condannato a 3 anni e mezzo di reclusione l'ingegnere Fabrizio Cimino per il crollo del palazzo di via D'Annunzio.

L'ingegnere stava seguendo il restauro del palazzo quando questo, pur costruito in cemento armato, crollò in seguito al sisma, causando ben 13 morti ed alcuni feriti. Insieme a lui fu condannato a tre anni Filippo Impicciatore, l'unico superstite tra gli imprenditori edili che edificarono il palazzo negli anni sessanta, mentre andò assolto Feranando Melaragno, il titolare della ditta che eseguì i lavori.

Nelle motivazioni di condanna, il giudice ha aderito in pieno alle prospettazioni del perito Maria Gabriella Mulas, secondo cui il palazzo, essendo stato mal realizzato, sarebbe crollato comunque, ma a tal riguardo nessuna responsabilità può essere addotta alla ditta di Melaragno.

Il discorso muta invece completamente per quanto riguarda Cimino, che dal canto suo sarebbe invece caduto in omissioni nell'esecuzione dei restauri, nello specifico per "avere progettato i lavori senza una idonea valutazione di adeguatezza della struttura, e senza accertare l’effettiva consistenza strutturale dello stesso caratterizzato dalle gravissime carenze progettuali, esecutive e di calcolo".

In sostanza, dunque, secondo il magistrato la tragedia avrebbe potuto essere evitata. Si continua infatti a leggere nelle motivazioni che "la più volte ricordata posizione di garanzia di cui il Cimino era investito pone la necessità di valutarne le condotte che si sono rivelate decisive per il verificarsi della tragedia. Basta osservare che, qualora l'ingegnere avesse posto sufficiente accortezza nell'esaminare la documentazione, avrebbe rilevato le carenze strutturali che presentava a causa degli errori e omissioni compiute da altri professionisti ora deceduti".

Le difese dei condannati, tuttavia, stanno già preparando il ricorso in appello al fine di tentare di giungere ad una diversa valutazione della vicenda ed ottenere l'assoluzione.


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