Da Boccaccio e Mussolini ai boss, Abruzzo "Recinto d'Italia "

Storici, terra difficile, bene per confino

18 Gennaio 2023   12:25  

Da Boccaccio a Matteotti, dai campi di concentramento a Mussolini, passando per il 41bis, l'Abruzzo conferma la sua vocazione a 'recinto' d'Italia, luogo sicuro dove chiudere e buttare una chiave è più facile che altrove.

Recinto, che in tedesco si dice 'lager', favorito da condizioni geografiche e storiche: fu Boccaccio infatti che nel suo Decamerone parlò di un luogo lontano "più in là che gli Abruzzi", per dire che una certa idea di mondo terminava senza appello in terra aprutina.

La destinazione carceraria della regione fu sfruttata anche dai Borboni, che la utilizzarono come luogo di confino o di carcere militare, vedi il Bagno Fortezza di Pescara. Ma è nel '900 che il fenomeno esplode: i campi di concentramento per i prigionieri di guerra di Avezzano e Sulmona utilizzati nelle due guerre mondiali, la Chieti 'Città camomilla' del processo Matteotti, i battaglioni di slavi italiani demilitarizzati e utilizzati per lavori del Genio, l'albergo prigione di Mussolini a Campo Imperatore nel 1943, i 16 campi di prigionia e gli oltre 50 luoghi di internamento coatto per gli oppositori durante il Fascismo.

    "Abruzzo 'carcere' d'Italia è una idea forzata, ma se già dal '300 con Boccaccio c'è questo immaginario collettivo che disegna la regione come luogo lontano, ferino, selvatico, appartato e chiuso, ci fa capire che da parte delle classi dirigenti del paese c'è la coscienza della unicità della regione - spiega Enzo Fimiani, docente di Storia Contemporanea all'Università di Chieti - E' un luogo che aiuta la 'segregazione', dove organizzare un recinto è più facile che altrove. Internamento e campi lavori, cella aperta o chiusa, parliamo di uno spazio percepito come 'difficile'".
    Gli intellettuali quindi si interrogano sulla storia della regione, stimolati dalle vicende del boss Messina Denaro rinchiuso alle Costarelle dell'Aquila, cuore del 41bis d'Italia, carcere supersicuro, come era infatti percepita la segregazione concentrazionaria: "E pensare che l'aquilano fu escluso dall'organizzazione dei campi di concentramento fascista - spiega Giuseppe Lorentini, docente Unimol, autore di un fortunato libro sul campo di Casoli 'L'Ozio Coatto' - l'Abruzzo però si è fatto scegliere come prigione privilegiata d'Italia per la sua radice agropastorale, isolata, inaccessibile, vedi Fontamara di Silone, dove muoversi e agire è complicato e controllato. Insomma, la bellezza dei luoghi non esclude quella realtà che chiamo 'arcipelago lager Abruzzo'", chiude Lorentini confermando la fluidità di un secolo lungo come il '900 che rispunta fuori anche dalle finestre della cella di Matteo Messina Denaro.


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