Dati Istat, giovani: 45% rimane in casa perchè non può mantenersi

22 Maggio 2012   11:12  

Figli sempre piu' a lungo, sempre piu' istruiti ma ancora fortemente influenzati dalla classe sociale di provenienza dalla quale, nonostante l'elevata mobilita' sociale assoluta, e' ancora difficile uscire per fare il proprio ingresso in una piu' alta. E' la fotografia dei giovani italiani negli anni 2000, scattata dall'Istat nel suo Rapporto annuale. Faticano a uscire di casa, dunque, i ragazzi italiani che in quattro casi su dieci, nella fascia compresa tra i 25 e i 34 anni, vivono ancora con i genitori. Di questi, il 45% dichiara di restare in famiglia perche' non ha un lavoro e/o non puo' mantenersi autonomamente.

Dal 1992 al 2012, si e' dimezzata, inoltre, la quota di giovani che escono dalla famiglia per sposarsi. I matrimoni sono infatti in continua diminuzione, poco piu' di 217mila nel 2010, nel 1992 erano circa 100mila in piu'. Chi si sposa sceglie sempre piu' spesso il rito civile, soprattutto al Nord (48% dei matrimoni) e al Centro (43%). Nel 37,9% dei casi i matrimoni celebrati nel 2005-2009 sono stati preceduti da una convivenza. Ogni 10 matrimoni quasi tre finiscono in separazione, una proporzione raddoppiata in 15 anni; le unioni interrotte da una separazione entro 10 anni di matrimonio sono piu' che triplicate, passando dal 36,2 per mille matrimoni celebrati nel 1972 al 122,5 per mille nel 2000.

Positivi sono invece i dati relativi alla scolarita' che, pre la fascia d'eta' 14-18 anni, e' cresciuto del 24%: nell'anno scolastico 2010/11 poco piu' di 92 ragazzi su 100 risultano iscritti alla scuola secondaria di II grado. Sono 74 su 100 i giovani di 19 anni che ottengono un diploma, contro i 50 su 100 degli inizi degli anni Novanta, grazie soprattutto alla componente femminile. La partecipazione scolastica delle donne, infatti, e' ora superiore a quella degli uomini (rispettivamente 93 e 91,5%) e le prime concludono piu' frequentemente dei secondi il percorso formativo (il 78% delle ragazze ottiene il diploma, contro soltanto il 69% dei ragazzi). Sebbene la mobilita' sociale assoluta delle figlie e dei figli rispetto ai genitori sia alta, in seguito ai cambiamenti strutturali dell'economia degli ultimi decenni, la fluidita' sociale e' bassa e la classe sociale dei genitori continua a condizionare fortemente il destino dei figli.

i giovani delle generazioni entrati nel mondo del lavoro entro i 25 anni, le opportunita' di miglioramento della propria condizione sociale rispetto ai padri sono cresciute fino alle generazioni degli anni '50, per interrompersi per le generazioni successive e rischiare di peggiorare ulteriormente in questi ultimi anni. Cosi', la probabilita' dei figli della borghesia di permanere nella loro classe di origine e' maggiore della probabilita' di accesso da parte dei figli provenienti dalle altre classi. Sono inoltre molto rari gli spostamenti tra classi sociali distanti: solo l'8,5% di chi ha un padre operaio riesce ad accedere a professioni apicali, quali dirigente, imprenditore o libero professionista. La classe sociale dei genitori continua a influenzare anche i percorsi formativi dei figli.


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