Deposito Ecoabruzzo: incendio doloso

29 Luglio 2008   12:42  

I tecnici dell’Arta non hanno dubbi: si è trattato di un attentato doloso. A testimoniarlo sarebbe il cumulo di spazzatura sistemato proprio davanti all’ingresso, in cui sarebbero stati accesi diversi focolai. Perplessità e preoccupazione sono state espresse dal direttore dell’Arta Gaetano Basti, che in questi giorni ha seguito le diverse emergenze ambientali che hanno interessato la nostra regione, dal consorzio Civeta al duplice rogo di rifiuti che si è manifestato nel Chietino Ortonese. Il timore è che dietro questi eventi, così vicini e simili tra loro, si possa nascondere la mano di organizzazioni mafiose che tentano di ritagliarsi il proprio spazio nella gestione dei rifiuti in territorio abruzzese.“Ho personalmente espresso i miei timori al capitano dei carabinieri di Ortona Nicolino Petrocco, che sta indagando sul caso della Ecotec di contrada Tamarete”, racconta il direttore dell’Arta, “da lui ho avuto rassicurazioni che, al momento, non risultano segnali inequivocabili di un attentato doloso a Ortona. Io posso soltanto confermare il mio dubbio che due eventi analoghi, accaduti nel breve volgere di 48 ore l’uno dall’altro, difficilmente possono spiegarsi come una mera coincidenza”. In base ai riscontri raccolti fino a oggi dagli investigatori è però prematuro parlare di ecomafia. Nel frattempo si calcolano i danni ambientali. Così, dopo la giornata di allerta che ha colpito il capoluogo teatino, ricoperto per un intero giorno da una nube tossica, il sindaco Francesco Ricci annuncia che, in un eventuale procedimento giudiziario, la sua amministrazione sarà pronta a costituirsi parte civile “perché tutte le responsabilità vengano accertate e tutti i danni risarciti”. L’Arta, intanto, prosegue il suo lavoro, ovvero con il campionamento dei fumi per accertarne la pericolosità e le eventuali conseguenze delle ricadute sul suolo di sostanze inquinanti. Tra questi, a preoccupare è la diossina prodotta dalla combustione di plastiche a basse temperature. “Se la diossina si è depositata sul terreno”, chiarisce Basti, “rimane lì fino a quando non si procede con una rigorosa opera di bonifica”.

(IP)


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