Disabili aquilani terremotati due volte

di Rosella Gentile

14 Ottobre 2010   23:50  

I disabili aquilani sono terremotati due volte in quanto "dimenticati dalle istituzioni" sia nella fase di emergenza che nella fase di riorganizzazione dei servizi sociali.

Già nel progetto C.A.S.E erano stati previsti circa 100 alloggi attrezzati in meno rispetto al numero degli aventi diritto . Molti disabili hanno dovuto lottare per ottenere un alloggio adeguato perché portati a vivere in un monolocale dove solo spostarsi con una carrozzina o con i tripodi era un'impresa.

Alcuni familiari di disabili per essere ascoltati dalle autorità competenti sono stati costretti a inscenare proteste eclatanti negli uffici della prefettura o nelle sedi della protezione civile , portando con sé i disabili stessi pur sapendo di sottoporli ad un'esperienza traumatizzante.

Persone che già in tempi di normalità devono lottare quotidianamente in una società che nega loro i diritti fondamentali hanno dovuto perdere anche la dignità per scuotere gli animi di chi avrebbe dovuto provvedere alla loro sistemazione.

Questo è semplicemente scandaloso!! Ma non è finità qui. Oltre i problemi dell'alloggio vedono negato anche il diritto all'assistenza. Infatti a tutt'oggi non si è provveduto a ripristinare le strutture riabilitative che li accoglievano prima del sisma e rappresentavano per molti di loro anche l'unico luogo dove poter continuare a vivere una dimensione sociale di vita.

Il centro San Stefar di proprietà del "Signor Angelini", che provvedeva all'assistenza riabilitativa di oltre 200 disabili della città con circa 30 fisioterapisti , per le vicende della sanità abruzzese che tutti conosciamo, è ancora chiuso, ed in aggiunta i locali del servizio ambulatoriale riabilitativio del San Salvatore sono stati ridimensionati .

Attualmente l'unico avamposto rimasto per l'assistenza riabilitativa ambulatoriale è il centro di riabilitazione ex art. 26 , una struttura donata dalla CRI sita nel Presidio di Collemaggio dove però operano a tempo pieno due operatori distaccati dal San Salvatore e 3 volontari per poche ore alla settimana. La Regione e la dirigenza della nostra ASL, nonostante le continue pressioni dei disabili e degli operatori, non prendono decisioni riguardo al problema.

Intanto i disabili sono relegati a casa e gli operatori del Centro di
Collemaggio sono quotidianamente in trincea e vengono bersagliati dai malati che rivendicano giustamente il loro diritto ad essere assistiti. Gli operatori del centro non sono in grado di dare risposte assistenziali ma hanno le idee chiare su come risolvere il problema tanto che, da tempo, hanno presentato un progetto per la realizzazione di una rete territoriale riabilitativa che permetterebbe di risolvere i problemi inerenti l'erogazione delle prestazioni ai disabili, nonché quelli nati per il dislocamento abitativo generato dal sisma.

Il personale del San Stefar che è in cassa-integrazione potrebbe essere inserito, con un integrazione allo stipendio, al servizio della ASL, come è stato fatto per i lavoratori cassintegrati della Flextronics che sono stati utilizzati nel centro prenotazioni della ASL, così da permettere la realizzazione del progetto. In tale modo si supererebbe il problema del blocco delle assunzioni che paralizza la nostra sanità pubblica e si otterrebbe un duplice risultato: offrire un'assistenza riabilitativa adeguata ai disabili e garantire un'occupazione dignitosa ai lavoratori in cassa integrazione del S.Stefar che negli anni hanno acquisito un'alta specializzazione in settori riabilitativi delicati come quello neurologico.
La Regione ed il commissario Baralli avrebbero così l'opportunità di ottimizzare il servizio sanitario pubblico riguardo alle prestazioni ex art. 26, controllare la spesa e ridurre i costi della riabilitazione .

Il ricorso ad un nuovo affidamento a privati , che inizialmente potrebbe apparire anche conveniente, alla lunga riproporrebbe il problema degli sprechi che sono insiti nelle logiche di profitto che guidano la sanità privata e non garantirebbe l'occupazione piena dei lavoratori in cassaintegrazione.

Se si considera che in Italia molti degli scandali riguardanti la sanità sono legati a società che si occupano della riabilitazione si capisce come una scelta coraggiosa a favore della riabilitazione pubblica potrebbe ridare trasparenza alla politica sanitaria regionale.

Rosella Gentile
dal periodico della Cgil IL BOTTONE ROSSO


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