Elezioni L'Aquila, Piccone cambia idea: "Un sindaco tecnico alla Mario Monti"

12 Novembre 2011   09:46  

Dopo l'apertura a Giorgio De Matteis, arrivata con l'intervista rilasciata a Il Messaggero poco più di una settimana fa, che seguiva l'intento di raggiungere un accordo senza le primarie, esplicitato nella puntata speciale de L'Irriverente, il coordinatore regionale del Pdl, Filippo Piccone, cambia nuovamente idea, su quello che dovrebbe essere il profilo del prossimo sindaco dell'Aquila.

Nell'intervista pubblicata oggi su Il Centro, che Abruzzo24ore.tv ripropone integralmente, il senatore propone “un sindaco tecnico alla Mario Monti” per la guida del capoluogo nei prossimi cinque anni.

 

Piccone: per L’Aquila un sindaco tecnico alla Mario Monti
Il senatore Pdl: così ricostruiremo la città al di là degli schieramenti
DOMENICO RANIERI

Un sindaco tecnico, alla Mario Monti per intenderci - sempre che il neo senatore a vita riesca a ottenere l’appoggio del Parlamento per formare un nuovo governo - per ricostruire L’Aquila, al di là degli schieramenti di partito.
 La proposta, coraggiosa e scomoda allo stesso tempo, arriva dal senatore Filippo Piccone, coordinatore regionale del Pdl e sindaco di Celano.
 A pochi mesi dal rinnovo del consiglio comunale del capoluogo di regione l’iniziativa è destinata a far discutere, e molto, sia all’interno delle forze politiche, sia nella cosiddetta società civile.
 Senatore, come mai questa proposta?
 
«Viste le condizioni in cui in questo momento vive L’Aquila, che definire emergenziali è dire poco, e con la necessità di tirare fuori dalla strumentalizzazione politica decisioni importanti che determineranno il futuro della città, mi sembra che sia quantomeno opportuno fare un riflessione insieme. Mi spiego meglio: noi, per esempio, abbiamo approvato l’emendamento che pianifica la restituzione delle tasse per un ammontare del 40 per cento in 120 rate. L’esito si conosceva già 48 ore prima, eppure il sindaco Massimo Cialente ha voluto mobilitare inutilmente tutta la città. Senza strumentalizzare il ruolo del sindaco mi sembra che si tratti del classico stereotipato atteggiamento di chi è alle soglie della campagna elettorale. Sono piene le cronache, da una parte e dall’altra, di una contrapposizione che spesso è strumentale. Allora, la domanda è: abbiamo contezza tutti della gravità e della profondità del problema L’Aquila e abbiamo la convinzione che ciò possa essere risolto all’interno di contrapposizioni politiche e ideologiche?».
 E che risposta si è dato? «Io credo che sia un buon esercizio pensare che vogliamo mettere al centro della prossima legislatura le esigenze della città e non quelle della politica».
 In che misura, su questa sua proposta, incide il possibile varo del governo Monti?
 «Incide solo come elemento di spunto e come parallelismo delle situazioni aquilana e nazionale»
 Non si aspetta critiche da parte di chi le dirà che il Pdl ha paura di perdere?
 
«Non ci fa paura né vincere, né perdere. In politica si vince e si perde. Mi preoccupa piuttosto che una delle due coalizioni, pur vincendo, sarebbe assoggettata a logiche di parte che spesso ci penalizzano e quindi non potrebbe portare avanti un programma serio e condiviso da tutti. Tutto ciò che è tollerabile in una situazione normale, diventa patologico nella situazione aquilana. Inoltre, la mutata filiera decisionale rispetto alla ricostruzione ha anche disorientato in parte le forze sociali della città. Anche questa zona grigia nella filiera contribuisce a creare equivoci, intoppi e strumentalizzazioni».
 Affidare a un esterno la gestione della ricostruzione non presupporrebbe un passo indietro anche da parte del commissario Chiodi?
 
«No, perché credo che il commissario Chiodi, proprio nel momento in cui dovesse avere come interlocutore una figura di alto profilo e un consiglio comunale che lavori in un’unica direzione, potrebbe vedere facilitato il suo compito. Sgombreremmo il campo da contrapposizioni di parte che non dovrebbero esserci e invece ci sono. Vedi l’atteggiamento di Cialente».
 Nel suo partito una decisione del genere potrebbe provocare dei mal di pancia da parte di chi ambisce a diventare sindaco?
 
«Sicuramente sì, ma credo che mai come in questo caso, l’interesse particolare dovrebbe essere superato da quello generale. E comunque la mia rimane una proposta, in attesa di segnali».
 Che ruolo avrebbero esattamente i partiti durante il mandato nei prossimi 5 anni?
 
«Dovrebbero condividere un programma elettorale e quindi di legislatura incentrato sulla ricostruzione non solo immobiliare, ma anche sociale ed economica e magari, se ci fossero in campo le capacità di portarle a termine prima, sarebbe ancora meglio».
 Si spiega un po’ meglio?
 
«In pratica Pd e Pdl dovrebbero sedersi intorno a un tavolo e pianificare le priorità. Non voglio tirare fuori la politica, ma voglio che essa sostenga un programma univoco per la città».
 Ha già in mente la persona giusta per guidare la giunta?
 
«Assolutamente no».
 Al di là del nome, quale sarebbe il profilo ideale per gestire una fase così complicata?
 
«Dovrebbe essere un profilo di livello tecnico altissimo, che possa garantire la capacità di incidere non solo nei processi della ricostruzione, ma anche in quelli del tessuto socio-economico. Se fosse aquilano, come auspico, sarebbe l’optimum»
 Secondo lei i comitati e i movimenti cittadini sarebbero d’accordo su una soluzione del genere?
 
«Se sono di matrice civica e rappresentativi di un interesse generale perché non dovrebbero essere d’accordo? Se hanno invece una matrice politica allora non lo so. Se non hanno secondi fini e non fanno dietrologia dovrebbero sostenere la proposta».
 La litigiosità nel panorama politico aquilano è uno degli aspetti più sconfortanti degli ultimi due anni. Pensa che abbia prodotto danni irrecuperabili nel cammino verso la ricostruzione della città?
 
«Secondo me no, ma l’ha sicuramente rallentata di molto, se non bloccata».
 Quali forze dovrebbero scendere in campo per sostenerlo e a chi dovrebbe rapportarsi un sindaco tecnico?
 
«Le forze politiche devono essere di supporto e di controllo rispetto al programma elettorale e amministrativo. Immagino una giunta di grandi tecnici, e non di certo un grande inciucio. Un passo di lato della politica rispetto a un gruppo di tecnici significa che i partiti manterrebbero un ruolo nel consiglio comunale. Se le maggiori forze politiche decidono di candidare insieme il sindaco, poi è chiaro che ogni partito si presenterà con una o più liste per entrare in consiglio».
 Non crede che il ruolo della Chiesa, alla luce delle ultime vicende con un vescovo indagato, possa subire un ridimensionamento con conseguenze negative anche per la prossima amministrazione?
 
«No, assolutamente no. Con l’era Berlusconi abbiamo traslato in politica tutti i valori della Chiesa e dei cattolici. Non credo che la Chiesa abbia bisogno di una presenza fisica nell’amministrazione comunale. La sua cultura e i suoi valori sono un patrimonio trasversale dei partiti. Basta far riferimento alle dichiarazioni di Bagnasco».
 Ha già parlato con qualcuno di questa idea, oppure no?
 
«È una proposta del coordinatore regionale del Pdl che in questo momento pensa a questa opportunità per il bene della città».
 Tra lei e la città dell’Aquila, in passato, si è registrata qualche incomprensione. Come se la spiega?
 
«Qualche volta, con questa città non mi sono capito fino in fondo, colpa anche di alcuni arruffoni che hanno sparso veleno. Ma credo che L’Aquila meriti qualcosa di più di quello che siamo riusciti a darle finora e credo anche che le sorti di tutta la regione dipendano dal futuro del capoluogo di regione»

Piccone: per L’Aquila un sindaco tecnico alla Mario Monti
 
 
 
Il senatore Pdl: così ricostruiremo la città al di là degli schieramenti
 
DOMENICO RANIERI

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