FMI: la recessione sta finendo ma la ripresa sarà lenta

01 Ottobre 2009   10:36  

La recessione sta finendo ma la ripresa sara' lenta. E soprattutto non portera' alla creazione di nuovi posti di lavoro. Al contrario, la disoccupazione e' destinata a salire almeno fino a tutto il 2010. La diagnosi e' del Fondo monetario internazionale che nel suo Rapporto economico d'autunno rivede in "leggero rialzo" le stime di crescita per l'economia mondiale. In particolare, prevedono i tecnici di Washington, il Pil globale calera' quest'anno dell'1,1% per poi salire del 3,1% il prossimo, con un miglioramento rispettivamente pari allo 0,3% e allo 0,6% rispetto a quanto calcolato ad aprile scorso. Per gli Usa il miglioramento sul 2010 e' evidente con una stima di crescita pari all'1,5%, quasi il doppio rispetto allo 0,8% previsto nella primavera scorsa. Nel 2009 il prodotto a stelle e strisce scendera' invece del 2,7%. Per l'Italia rimane invariata la stima di un calo del prodotto pari al 5,1% nel 2009 ma sale dello 0,3%, fino a un dato positivo dello 0,2%, la previsione per il 2010. Il rimbalzo prendera' gradualmente forza nel corso del 2010, con il dato del quarto trimestre stimato positivo dello 0,8%.Un andamento in linea con quella dell'intera zona euro, la cui economia viene prevista in perdita del 4,2% quest'anno e in ripresa dello 0,3% il prossimo. Tra i grandi Paesi del vecchio continente, l'andamento piu' brillante sara' quello della Francia, con un Pil negativo del 2,4% quest'anno e positivo dello 0,9% il prossimo. Analogo al nostro l'andamento dell'economia tedesca: -5,3% nel 2009 e +0,3% nel 2010. In affanno nell'agganciare la ripresa appare invece la Spagna destinata a perdere il 3,8% quest'anno e lo 0,7% il prossimo. Per la Gran Bretagna: -4,4% e +0,9% nei due anni.

A trascinare l'economia mondiale sara' soprattutto l'Asia, con Cina e India gia' pronte a risorgere. Per il Pil di Pechino, il Fondo stima un andamento positivo dell'8,5% nel 2009 e del 9% nel 2010. Per quello indiano la crescita sara' invece pari rispettivamente al 5,4 e al 6,4%. Ne beneficera' anche il Giappone il cui prodotto, dopo un calo del 5,4% quest'anno rimbalzera' dell'1,7% il prossimo. Piu' lenta a rimettersi in moto la Russia: -7,5% e +1,5% nei due anni. Piu' in generale le economie avanzate chiuderanno il 2009 in negativo del 3,4% e il 2010 in positivo dell'1,3%. Quelle emergenti e in via di sviluppo saliranno invece dell'1,7% quest'anno e del 5,1% il prossimo. Il peggio sembra insomma alle spalle. Ma il Fondo invita comunque alla prudenza: "C'e' una ripresa ma sara' debole", avverte. Inoltre, documenta l'analisi, dopo una recessione di origne finanziaria c'e' sempre una perdita permanente di capacita' produttiva e di crescita potenziale. A preoccupare e' soprattutto l'andamento del mercato del lavoro. "Il rimbalzo", affermano i tecnici di Washington, "sara' lento, caratterizzato da scarsita' di credito e, per qualche tempo, incapace di creare occupazione". Il tasso di disoccupazione e' dunque destinato a crescere nelle economie avanzate fino a tutto il 2010. E proprio questa, si legge nel Rapporto, "rappresentera' la sfida maggiore". "L'ipotesi di un'inversione di tendenza nell'utilizzo degli impianti e nei tassi di investimento in grado di gettare le basi per un sostenuto aumento dell'occupazione", afferma il documento, "appare assai lontana". Il suggerimento e' di "limitare l'estensione della distruzione di posti di lavoro" attraverso "una piu' lenta crescita dei salari o anche una loro riduzione". Accompagnata pero' da "crediti d'imposta per i redditi da lavoro piu' bassi o programmi simili" per limitare le ripercussioni sociali dell'aggiustamento salariale".

Ancora tante le incognite che pesano sulla ripresa. Prima fra tutte e' che l'intero processo entri "in stallo". Per esempio a causa di "un'uscita prematura dalle attuali politiche monetarie e fiscali particolarmente accomodanti". Alla exit strategy si deve pensare ma sarebbe sbagliato annunciarla sin d'ora, confondendo un rimbalzo drogato dagli aiuti messi in campo da Governi e banche centrali e principalmente guidato dalla ricostituzione delle scorte, per "i bagliori di una forte ripresa". Con l'avvertenza che "tanto un anticipo quanto un ritardo nell'uscita risulteranno costosi", La posizione del Fondo a favore del "mantenimento di politiche macroeconomiche di sostegno fino a quando la ripresa non avra' preso stabilmente piede" e' chiaro e deciso. Anzi, dall'Fmi arriva anche l'invito "ad amplificarle o estenderle", se la situazione dei conti e del debito lo consentono, "qualora necessario". Anche se cio' non esclude ovviamente la necessita' "di cominciare a prepararsi a un ordinato ritiro dagli straordinari livelli di intervento pubblico" raggiunti per far fronte alla crisi. Per quanto riguarda le politiche monetarie, gli economisti di Washington distinguono tra economie avanzate ed emergenti. Nelle prime, si legge nel Rapporto, "le banche centrali possono, con poche eccezioni, permettersi di mantenere le attuali condizioni accomodanti per une steso periodo di tempo dato che l'inflazione e' destinata restare fredda fino a quando i gap di produzione non saranno colmati". In alcuni Paesi emergenti sarebbe invece opportuno cominciare a restringere la liquidita' in anticipo, sebbene la situazione vari da economia a economia. "Indispensabile" appare poi "completare la riparazione del settore finanziario e la riforma delle regole prudenziali". Cio' richiedera': pulizia dei bilanci delle istituzioni, ricapitalizzazione e nuovi business plan in linea con i nuovi modelli di 'funding' e le nuove regole. Finora, osserva il Fondo, "ci sono stati soltanto progressi limitati" lungo la strada della rimozione degli squilibri degli attivi nei bilanci delle banche. Infine, ci sono i rischi non prevedibili. "Per esempio, un virulento ritorno dell'influenza H1N1 o tensioni geopolitiche" o il cedimento a "tendenze protezionistiche" che "potrebbero avere un impatto destabilizzante considerato lo stato di salute vulnerabile dell'economia globale e del sistema finanziario". Piu' difficile che le cose possano andare meglio, sebbene, conclude il Fondo, "proprio come la crisi di fiducia e' stata sottostimata durante la spirale al ribasso, cosi' anche il ritorno della fiducia potrebbe risultare sottostimato durante il rimbalzo".


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