'Tytire, tu patulae, recubans sub tegmine fagi'' cantava Virgilio, e c'era una volta un contadino che in una notte di luna piena udì un insolito brusio venire dai due faggi che aveva piantato in onore dei suoi genitori. I due alberi sembravano protendere i rami come per abbracciarsi e sussurravano fra loro. Il contadino non riusciva a capire le parole, ma le voci gli parevano quelle dei suoi genitori. ''Che cosa chiedete, cari genitori?'' chiese il contadino. I genitori gli confidarono che dovevano scontare la pena di non aver usato dell’albero di faggio abbastanza per farne giochi per i loro figli e si scusavano, dicendo che non era stata mancanza d’amore, ma necessità e fatica. Il contadino pianse con i suoi genitori e da quel momento iniziò ad intagliare piccoli animali e carretti e giochi per tutti i bambini del paese e per questo divenne famoso.
Questa leggenda rende merito al faggio, sovrano del regno vegetale del parco nazionale le foreste coprono più del 60% dell'intera superficie dell'area protetta, la cui istituzione fu decisiva per la sua difesa dai tagli indiscriminati a fin industriali.
E tra le antichissime faggete del Parco, habitat per l'orso e altre specie protette, una delle più suggestive ed estese è quella di Gioia dei Marsi.
Punto di partenza per un imperdibile passeggiata è il rifugio del Diavolo, raggiungibile in auto lungo la strada che da Pescasseroli porta a Gioia dei Marsi. Il rifugio è aperto al pubblico con servizio di alberghetto.
Dopo due ore di cammino immersi nel silenzio assorto della foresta si torna a riveder la luce e panorami mozzafiato sull'ultimo tratto più ripido che porta sulla cresta tra il monte Marcolano e la Rocca Genovese. Come premio un panorama che si estende su tutto il Parco nazionale.
Dentro la faggeta, camminando con lentezza si può provare a veder se è vero come vuole la tradizione, che tra le radici dei faggi vivono gnomi giocherelloni e altre misteriose e schive creature.