Oltre 23 mila NO alla petrolizzazione dei nostri mari in pochissimi giorni.
È il numero di firme raccolto finora da TrivAdvisor, la nuova campagna online di Greenpeace che, parodiando un famoso portale di viaggi, immagina il triste destino che attende i mari italiani se dovessero finire nelle mani dei petrolieri: un’invasione di piattaforme e trivelle, con rischi elevatissimi per l’ambiente, il turismo, la pesca sostenibile.
Su TrivAdvisor si possono leggere alcune “recensioni” paradossali (datate a un ipotetico 2020) di alcune tra le località più famose e amate dei nostri litorali: un turismo al contrario, in cui si va al mare per ammirare sversamenti di petrolio, cetacei spiaggiati e trivelle in azione, per godersi paesaggi deturpati o per ascoltare le deflagrazioni degli airgun.
Le finte recensioni sono accompagnate da immagini di queste stesse località in cui, grazie a tecniche digitali, Greenpeace ha simulato come potrebbe cambiare il paesaggio con la presenza di piattaforme petrolifere al largo delle coste.
«L’intento parodistico della nostra campagna è evidente. Ma le ragioni e gli obiettivi per cui l’abbiamo lanciata sono invece serissimi», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace.
«Mai come oggi si assiste a una frettolosa svendita all’ingrosso dei nostri mari. In queste settimane il Ministero dell’Ambiente è infatti impegnato a emettere una raffica di decreti di compatibilità ambientale con cui concede ai petrolieri aree marine pregiatissime, ed eccezionalmente estese, per la ricerca o la produzione di idrocarburi.
Quello del governo Renzi è un vero e proprio assalto alle coste italiane.
Ma si sa che gli apprendisti stregoni finiscono spesso per scatenare reazioni che poi non sono in grado di controllare, e che gli si ritorcono contro».
Greenpeace ricorda che soltanto fra il 3 e il 12 giugno il Ministero dell’Ambiente ha autorizzato ben undici progetti di prospezione di idrocarburi in mare con la tecnica dell'airgun.
Nove di questi riguardano i mari pugliesi, ma l’area concessa ai petrolieri copre tutto l’Adriatico e parte significativa dello Ionio.
Nelle settimane precedenti era stata la volta delle acque abruzzesi: grazie ai decreti già emanati, nei prossimi mesi, a pochissimi chilometri al largo della “Costa dei Trabocchi”, potrebbero essere realizzati un nuovo pozzo di ricerca e fino a dieci nuovi pozzi di estrazione.
E l’attacco al mare prosegue poi nel Canale di Sicilia, dove stanno per sorgere due nuove piattaforme e dove sono state autorizzate altre prospezioni con gli airgun.
La mobilitazione contro la deriva petrolifera del governo Renzi è ogni giorno più forte, sia sui territori, sia sul web, come dimostra la campagna online di Greenpeace.
Anche le istituzioni e i governi locali non stanno a guardare: è notizia di questi giorni la volontà della Regione Puglia di promuovere un ricorso al Tar Lazio contro i decreti ministeriali che autorizzano la ricerca di idrocarburi nei mari antistanti le sue coste, sia sul versante ionico che su quello adriatico.
Sulla stessa strada hanno annunciato di volersi muovere la Regione Calabria e la Regione Basilicata.
«La contrarietà all’indirizzo energetico di questo governo, che per pochissime gocce di pessimo greggio vuol mettere a repentaglio turismo, pesca sostenibile e qualità dei nostri mari, è ampia e diffusissima.
Nei prossimi mesi Renzi sarà costretto a farci i conti, e Greenpeace sarà della partita», conclude Boraschi.