Gli affitti alle stelle e gli aquilani che volano basso

Note a margine del cratere

04 Maggio 2011   13:59  

Commenta un'aquilana su Facebook: ''Ora chiedono 600 euro per un mini-appartamento ad Assergi. I miei ex vicini di pianerottolo, in un palazzo vincolato, in una delle strade più belle del centro storico, per 70mq più terrazza , pagavano 500 euro al mese. E ci sembrava pure tantissimo.''

E' tanto o è poco il prezzo a cui si fa riferimento?

E' un prezzo di mercato, risponderebbe algido un agente immobiliare: cala l'offerta, aumenta la domanda, e il valore di un bene ergo va su. E' accaduto anche alle case risparmiate dal sisma del 6 aprile Punto.

Ineccepibile dal loro punto di vista mercantile. Ed è vero il fatto che con 600 euro a Milano non ci si affitta una camera in un appartamento di studenti in zona centrale.

E' altrettanto vero però che un punto di forza e la vivibilità dell'Aquila prima del sisma era il costo relativamente contenuto degli affitti, che ha rappresentato un volano per la crescita dell'università, attraendo molti studenti che un affitto a Roma, Perugia o Bologna, non potevano permetterselo.

Il caro affitti post-sismico rappresenta dunque un duro colpo alla possibilità stessa di ricostruzione della città e della sua trama socio-economica.

Molti studenti di fatto sono solo iscritti a L'Aquila, e solo perché non pagano le tasse. Ma vivono altrove e viaggiano, perchè in città le case affittate sono poche e troppo costose.

Certo, il rettore si entusiasma per il fatto che le iscrizioni nonostante tutto tengono, ma sa benissimo che il tracollo sarà imminente, se nulla cambia.

Di fatto chi davvero fa esami e frequenta le lezioni è un numero di studenti molto inferiore agli iscritti. Cioè molti universitari aquilani esistono solo sulla carta. Basterebbe poco a dimostrarlo in maniera scientifica e tetragona, ma nessuno, chissà perché, lo fa.

E poi va anche detto che molti professionisti e imprenditori aquilani si sono trasferiti altrove, perché a L'Aquila i locali commerciali sono affittati a prezzi talora vergognosamente alti. Aquilani lo sono solo formalmente, perché quasi nessuno ancora cambia residenza, ma di fatto non vivono più in città.

Per ricostruire una città non bastano i fondi del governo, non basta il piano di ricostruzione, non basta rifarsi solo casa propria, magari ridipinta con uno sgargiante verde pisello, in segno di ottimismo. Non basta partecipare ad una fiaccolata, o appiccicare sull'automobile l'adesivo di ''L'Aquila tornerà a volare'' o ''Terremotosto''.

No: a volare alto non dev'essere astrattamente L'Aquila, ma gli aquilani. Anche quelli che hanno a disposizione un appartamento libero o un locale commerciale. E significa segnatamente per loro affittarli fregandosene nobilmente dei valori di mercato, ad un costo che sia almeno pari a quello di prima il terremoto.

Il caro affitti oggi a L'Aquila significa contribuire come Bruto a pugnalare alle spalle la propria città, significa credersi più furbo degli altri, mentre in realtà sta segando il ramo su cui si è appollaiati.

FT


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