Gli sfollati delle case popolari distrutte sul piede di guerra

24 Luglio 2009   12:48  

Erano tanti tantissimi, i cittadini sfollati nelle tende e negli alberghi e che prima del sei aprile vivevano nelle case popolari dell'aquilano, che hanno partecipato all'incontro indetto dal presidente dell'associazione Mia Casa Pio Rapagnà e dal direttore del periodico Il Controaliseo Ugo Centi.

Quattromila delle 6.800 appartamenti sono inagibili, e denuncia Rapagnà non si sa ancora chi, come e quando dovrà far fronte a questa immensa emergenza, di cui non si parla ne' nel decreto Abruzzo, né nelle ordinanze della Protezione civile.

Le case popolari, aggiunge Ugo Centi, erano state invece una priorità nel decreto per la ricostruzione post-sismica dell'Umbria.

Gli sfollati aventi diritto ad una casa popolare, e dunque in una condizione di forte difficoltà economica e sociale, non avranno affatto la precedenza  nelle graduatorie per i moduli abitativi che cominceranno ad essere assegnati a settembre, e che basteranno comunque solo per 12-14mila persone, quando il fabbisogno immediato di un tetto, calcola Rapagnà, è almeno triplo. 

Giovedi prossimo, annuncia Rapagnà saremo fuori il consiglio regionale a manifestare e consegneremo al presidente Chiodi miglia di firme che stiamo raccogliendo negli alberghi e nelle tendopoli. Grave comunque, incalza Rapagnà, che ad eccezione del consigliere regionale Maurizio Acerbo non abbia preso parte all'incontro nessun rappresentante delle istituzioni, né gli ex-dirigenti delle Ater e dell'Aret, gli enti regionali che occupano di edilizia residenziale pubblica, da poco commissariati e avviati ad un accorpamento e semplificazione. Qualcuno, conclude Rapagnà tra gli applausi, dovrà poi spiegarci perchè le case popolari non siano state negli anni messe in sicurezza e rinforzate, nonostante la disponibilità di ben 750 milioni di fondi ex-Gescal destinati a questo scopo.

 


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