Grandi Rischi, la parente di una vittima: "Sindaco lei, parte civile, giustifica la Commissione?"

La delusione dopo la testimonianza di Cialente

08 Dicembre 2011   15:20  

Claudia Carosi doveva compiere 30 anni quando la sua vita fu spezzata per sempre dal sisma del 6 aprile 2009.

Claudia, giovane avvocato, morì nel crollo della palazzina di Via XX Settembre 123. Sua sorella, Ilaria, è tra i tanti parenti delle vittime del sisma che si è costituita parte civile nel processo contro la commissione Grandi Rischi, nel quale ieri ( 7 dicembre) ha testimoniato Massimo Cialente. La sua deposizione ha lasciato a bocca aperta gli astanti, ha destato dubbi, generato critiche e forte delusioni.

Ilaria Carosi ha voluto esprimere la sua delusione in questa lettera che pubblichiamo integralmente.

"Non ero in aula lo scorso mercoledì (7 dicembre ndr), poiché bloccata in ospedale da un ricovero improvviso quanto necessario. Poiché la nostra vita di terremotati, nonché parenti delle vittime, è andata avanti e ai giorni in tribunale si alternano il nostro lavoro, la nostra famiglia, i nostri acciacchi di salute, i nostri dolori privati che tali continuano a restare, benché solo apparentemente appaiano sempre più condivisi nei servizi di un tiggì o su una bacheca di facebook.

In privato il nostro dolore, e gli altri che ad esso seguono poiché la vita non ci risparmia, ha un altro peso, un altro odore, un altro sapore.

E ci offende la superficialità con cui si parla di noi, delle nostre cause in tribunale o degli eventi passati in quei lontani e troppo vicini giorni di una drammatica primavera restata a metà. Giorni che noi ricordiamo perfettamente, con la minuzia di dettagli che potrebbero sembrare anche patetici.

Non la conosco signor Sindaco, benché io stessa l’abbia votata. Non ho visto i suoi vestiti sporchi di polvere quel sei di aprile, non ho visto le sue lacrime per dei concittadini che avrebbero potuto essere figli suoi.

Non ricordo -e, sia ben chiaro, potrebbe anche essermi sfuggito- il suo volto tra quelli incrociati in obitorio. Ricordo invece di aver parlato con un afflitto Presidente della Repubblica, come fosse un amico di vecchia data, volle sapere di mia sorella, che lavoro facesse, se fosse o meno sposata, se vivesse da sola.

Ricordo che l’unica attestazione di cordoglio arrivata alla mia famiglia fu da parte dell’allora Presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane. Null’altro abbiamo avuto e null’altro abbiamo chiesto mai.

Ieri, appena dimessa, mi sono aggiornata sul processo, perché questa è una delle mie priorità.

Non condivido molto di quanto da Lei sostenuto in tribunale ma di questo dovrà eventualmente rendere conto ad un’autorità superiore, per chi ci crede.

Vorrei semplicemente soffermarmi sull’incoerenza della sua posizione: da un lato, come Comune, si costituisce parte civile; dall’altro sembra non aver nulla da recriminare sull’operato della Commissione Grandi Rischi. Vorrei banalmente farle notare che se un reato venisse riscontrato, il Comune potrebbe percepire anche un indennizzo economico e a questo punto mi chiedo perché dovrebbe, se lei stesso non ravvisa nessuna mancanza e nessuna colpevolezza da parte loro.

Non vorrà farmi credere che Le interessino solo i risarcimenti?

Un altro punto mi colpisce.
Non sa o non vuole, dire se la popolazione fu rassicurata? (e, se la memoria non mi tradisce, persino da Lei in persona). Se non sa, mi chiedo dove sia vissuto nella settimana tra il 30 marzo e il 6 aprile 2009, forse sulla luna o magari davvero a Roma, come nelle leggende metropolitane si continua a vociferare. Se non vuole sapere, credo sia poiché questo Le fa comodo e Le serve a giustificare la Sua richiesta di stato di emergenza che, detto tra noi, fu solo un modo -e tale mi apparve fin da allora- per pararsi una “cosa” che elegantemente e cortesemente non le nominerò.

Resta una grande, grandissima delusione.

Lei ieri ha offeso noi cittadini tutti, prima ancora che parenti delle vittime - ma soprattutto i Pubblici Ministeri, il giudice e gli avvocati che in Tribunale lavorano -e tanto mi creda- al fine di accertare la verità. Perché noi non vogliamo condannare nessuno. Non ci ripagherebbe, neppure in minima parte, di ciò di cui siamo stati defraudati oltre che deprivati."     

Ilaria Carosi, sorella di Claudia


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