I clandestini e i diritti nel mondo senza regole

Parla Philippe Chauzy, Oilm

11 Dicembre 2008   12:00  

Essere ‘clandestino’ significa non aver più la possibilità di denunciare i torti subiti, diventare invisibile”: Jean Philippe Chauzy, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), riflette con la MISNA su “un fenomeno globale” che troppe volte “nega i diritti umani”. “Molti degli articoli della Dichiarazione dei diritti dell’uomo – dice il responsabile dell’ente legato alle Nazioni Unite – non si applicano ai lavoratori stranieri vittime dei trafficanti: senza documenti non hanno alcuno ‘status’ e sono solo ‘clandestini’, costretti quindi a subire ogni abuso pur di non essere espulsi”. Secondo le ultime stime dell’Onu, nel mondo i migranti sono circa 200 milioni, il 10 o il 15% dei quali ‘irregolari’. “Si tratta – dice Chauzy – di lavoratori impiegati nell’economia sommersa, sfruttati e sottopagati a causa del divario tra le quote di immigrazione approvate dai governi dei paesi più sviluppati e la reale domanda di braccia da parte delle loro imprese”. L’articolo numero 23 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo approvata 60 anni fa dall’Assemblea generale dell’Onu riconosce il diritto di scegliere “in modo libero” il proprio impiego e di avere “condizioni di lavoro giuste e favorevoli”. Un diritto, questo, che milioni di migranti vedono ogni giorno negato. “I fallimenti del sistema – sottolinea il dirigente dell’Oim - cominciano nei paesi d’origine, con tanti giovani, donne e bambini che per fuggire la povertà sfidano il mare su imbarcazioni di fortuna, attraversano il deserto o si nascondono sui camion dei trafficanti”. A ottobre un forum internazionale organizzato a Manila dall’Onu si è concluso con l’impegno a “difendere i diritti dei migranti”, non solo “perché contribuiscono allo sviluppo economico” ma perché “le persone sono la più grande ricchezza delle nazioni e la crescita necessita di esseri umani che siano in salute, abbiano un lavoro e siano in grado di sostenere la propria famiglia”. Sono appunto le famiglie, definite dall’articolo numero sei della Dichiarazione dei diritti dell’uomo “l’unità naturale e fondamentale della società”, le prime a pagare i costi sociali della “mobilità internazionale del lavoro”: per garantire aiuti economici indispensabili per coprire le spese per l’assistenza medica o la scuola dei figli, sottolinea Chauzy, tantissimi lavoratori sono di fatto costretti a separarsi dai propri cari. Secondo il dirigente dell’Oim, è necessario che il Nord ricco riveda a fondo le sue politiche. “Anche il cosiddetto ‘Patto sull’immigrazione’ approvato in ottobre dall’Unione Europea – dice Chauzy – sembra affrontare la questione solo dal punto di vista dei controlli di frontiera o del rimpatrio degli ‘irregolari’, senza un approccio complessivo: bisogna puntare su una nuova assistenza ai paesi poveri, soprattutto alla luce di una congiuntura economica internazionale che alimenta i rischi di recessione”. Un grande rilievo ha anche il sistema internazionale degli scambi; in vista della prossima ripresa dei negoziati dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Omc/Wto), molti paesi dell’Africa hanno chiesto che durante i colloqui si affronti il nodo delle esportazioni di cotone, una delle materie prime che potrebbero favorire la crescita del continente. “Se il diritto a un commercio giusto continua a esser negato – sottolinea Chauzy – i presupposti delle migrazioni di massa si moltiplicheranno: favorire lo sviluppo dei paesi poveri significa soprattutto rispettare i diritti umani”.

PER QUANTO RIGUARDA L'ABRUZZO:

Tratta delle braccia nella Marsica. Servono più controlli

Carsoli. Ditta locale rinchiude e sfrutta 16 indiani

Emigrazione: intervista a Giuseppe De Rita del Censis

Controlli antimmigrazione: ancora arresti e denunce in opifici

 

 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore